Se collassiamo noi, cosa accadrà?
Messaggio per Mario Draghi
Domenica 21 febbraio 2021 11:58:28
Presidente,
Vorrei aprire con familiarità questa lettera ma non voglio mancare di rispetto all'istituzionalita.
Credo molto nello Stato e ho una quotidiana consapevolezza dei miei diritti e dei miei doveri di cittadina, ancor più nell'esercizio della mia professione di insegnante. Mi sono sempre sentita intimamente orgogliosa di contribuire al benessere e alla formazione dei più giovani, nonostante non ci sia riconoscimento esterno del nostro fare e delle nostre competenze. Noi insegnanti non siamo mai all'altezza, siamo sempre da formare in qualcosa. Ogni settimana un programma televisivo, un politico, un genitore, un gruppo whatsapp esprime deliberatamente la sua infondata e pregiudiziale opinione sul nostro lavoro.
Avverto il limite. Siamo attaccati da genitori forse esausti, forse fragili, forse bisognosi di conflitto. In classe sorridiamo, incoraggiamo, facciamo vedere futuro, strizziamo l'occhio ai ragazzi demoralizzati. Gli stessi ragazzi i cui genitori utilizzano videoconferenze, mail, riunioni dei consigli d'istituto per denigrare ciò che facciamo. Perché sono davvero convinti di conoscere la vita che si svolge nelle aule, se ne sono costruiti al riguardo, certezze irremovibili. È successo nel tempo, non so quale, mentre noi insegnanti, ignari, fiduciosi ed ingenui, accompagnano con slancio e preoccupazione ogni giorno i loro figli.
Quale società può aver prodotto questo?
Voglio lanciare un allarme. Se collassiamo noi, cosa accadrà?
La prego, Presidente, muova qualcosa in modo che questo circolo ritorni ad essere virtuoso e portatore di felicità.
Roberta Rabbi
Vorrei aprire con familiarità questa lettera ma non voglio mancare di rispetto all'istituzionalita.
Credo molto nello Stato e ho una quotidiana consapevolezza dei miei diritti e dei miei doveri di cittadina, ancor più nell'esercizio della mia professione di insegnante. Mi sono sempre sentita intimamente orgogliosa di contribuire al benessere e alla formazione dei più giovani, nonostante non ci sia riconoscimento esterno del nostro fare e delle nostre competenze. Noi insegnanti non siamo mai all'altezza, siamo sempre da formare in qualcosa. Ogni settimana un programma televisivo, un politico, un genitore, un gruppo whatsapp esprime deliberatamente la sua infondata e pregiudiziale opinione sul nostro lavoro.
Avverto il limite. Siamo attaccati da genitori forse esausti, forse fragili, forse bisognosi di conflitto. In classe sorridiamo, incoraggiamo, facciamo vedere futuro, strizziamo l'occhio ai ragazzi demoralizzati. Gli stessi ragazzi i cui genitori utilizzano videoconferenze, mail, riunioni dei consigli d'istituto per denigrare ciò che facciamo. Perché sono davvero convinti di conoscere la vita che si svolge nelle aule, se ne sono costruiti al riguardo, certezze irremovibili. È successo nel tempo, non so quale, mentre noi insegnanti, ignari, fiduciosi ed ingenui, accompagnano con slancio e preoccupazione ogni giorno i loro figli.
Quale società può aver prodotto questo?
Voglio lanciare un allarme. Se collassiamo noi, cosa accadrà?
La prego, Presidente, muova qualcosa in modo che questo circolo ritorni ad essere virtuoso e portatore di felicità.
Roberta Rabbi
Da: Roberta Rabbi
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