...Eutanasia

Messaggio per Barbara Palombelli

Mercoledì 16 febbraio 2022 10:27:09
Buongiorno.
Vorrei soltanto commentare, riguardo la SCELTA, poichè SOLO di libera scelta dovrebbe trattarsi - da parte del malato o dei suoi congiunti - il tema dell'eutanasia. L'ho già raccontata altre volte, la mia esperienza in materia forse anche su questo blog. A mia madre, con la quale avevo un rapporto quasi simbiotico, all'età di 91 anni (certo, una bella età, ma per un figlio gli anni dei propri genitori non sono mai abbastanza) venne diagnosticato, senza particolari disturbi ad eccezione del colorito improvvisamente giallastro della pelle che però può anche indicare calcolosi biliare - un cancro al pancreas. Questa tipologia di tumore, insieme a quella del polmone, è la più maligna in assoluto, quella che uccide inesorabilmente e contro cui non ci sono cure, nemmeno il ricorso all'intervento chirurgico che, oltre ad essere devastante, uccide anche prima. Le vennero pronosticati due mesi di vita, attraverso le parole sprezzanti di un medico, che ci disse: "durerà più lo stent che le abbiamo messo, della vita di sua madre". Soltanto chi ha vissuto un'esperienza del genere potrà comprendere la mia disperazione. Trasportata in ospedale per farle applicare lo stent che consentisse almeno di filtrare la bile, al momento della sua dimissione venni convocata dai medici dell'ospedale che mi posero di fronte ad una scelta terribile: ricoverarla all'Antea, dove le avrebbero garantito la "dolce morte", oppure riportarla a casa, aspettando la fine con tutto ciò che avrebbe comportato. Non ebbi un attimo di esitazione: l'avrei riportata a casa sua, per farla morire almeno degnamente. Ebbi la fortuna, in questa circostanza, di far prevalere, sull'emotività che contraddistingue ogni mia azione e che spesso mi blocca, la lucidità. Con l'aiuto di una badante, una giovane signora che già lavorava da noi e della quale mi fidavo ciecamente, le creai attorno, prima di tutto, un ambiente "protetto". Non raccontai a nessuno, soprattutto alle persone del mio palazzo che la conoscevano da sempre, della sua malattia, e neppure ai miei parenti. E questo per non farle sapere NULLA circa la gravità delle sue condizioni, che presto l'avrebbero costretta a lasciarci, me i miei fratelli. L'Antea, secondo la mia scelta, m' inviò a casa tutto ciò di cui avrei avuto bisogno, e particolarmente scatole di morfina per il dolore che, mi avvertirono, sarebbe stato terribile. Mia madre aveva una sola paura al mondo: il dolore, che non sopportava, neppure quando la pettinavo. Ero disperata. Come affrontare, quel dolore? Spiegando la mia situazione nell'ambiente di lavoro, chiesi ed ottenni un periodo di aspettativa per gravi motivi di famiglia. E poi mi dedicai interamente a lei. Dissi addio alle serata con gli amici, ad un cinema, a qualsiasi distrazione. La malattia, intanto, seguiva il suo corso che tuttavia non descriverò in questa mia testimonianza. Meglio di no. Le creai attorno, anche, un ambiente confortevole dove le facevo praticare massaggi, curare i capelli, perfino fare un po' di fisioterapia affinchè non si allettasse completamente con le conseguenze, ulteriori, che ciò avrebbe comportato. Mia madre era una donna molto forte e rimase lucida fino alla fine anche avendo, probabilmente, capito di avere qualcosa di grave. Spesso infatti non riuscivo a nasconderle gli occhi lucidi dal pianto, ma lei mi diceva tranquillamente: "se non puoi farci nulla, perché piangi?". Decisi di dormire accanto a lei - la badante la notte non si fermava - per accudirla in caso di bisogno ma anche per starle vicino e farle sentire la mia presenza, Spesso le raccontavo delle favole per farla addormentare come avrei fatto con un bambino, e lei mi stringeva la mano sussurrandomi "grazie". Avevo convocato un'oncologa affinchè seguisse il decorso del suo male e per sapere quando intervenire con la morfina. Non ho mai dimenticato questa dottoressa, che sempre mi rassicurava, una donna di grande umanità e di grande pietà, una persona rara. Ma mamma era terribilmente attaccata alla vita, ed a noi, i suoi figli. Non avrebbe voluto morire mai, per non lasciarci. I dolori tremendi che giorno dopo giorno paventavo, non vennero mai, con grandissimo sconcerto del medico dell'Antea, che, non capacitandosi di quanto ciò fosse impossibile, supponeva, a giudicare dal tono delle sue domande, che non gli dicessi la verità. Lui insisteva per darle la dolce morte, io ribattevo che, non accusando alcun dolore, mia madre sarebbe vissuta fino a quando Dio, oppure il destino, avrebbero deciso di dire "basta", Ma mia madre non l' accusò mai, questo dolore. Soltanto uno, leggerissimo, ad una spalla che, mentendole, le dicevo trattarsi della sua solita artrosi e che comunque scompariva quando le somministravo mezza compressa - MEZZA COMPRESSA! - di Tachipirina, seguendo le indicazioni dell'oncologa. A dispetto della prognosi inizialmente fatta, la sua vita, anzichè due mesi, durò un intero anno. Morì il pomeriggio di una domenica, semplicemente addormentandosi nel suo letto, mentre noi eravamo lì. La sua espressione era serena. L'ultima fotografia che la ritrae, scattatale il giorno prima dalla badante che le aveva appena fatto i capelli, la ritrae come fosse in piena forma, il colorito roseo, il viso ancora pieno e non intaccato dal dimagrimento generale, appena sorridente. Non si direbbe davvero una malata terminale di cancro. Un caso anomalo, mi dissero. Un miracolo, per chi crede. Lei, che temeva tanto il dolore, dal dolore non era stata colpita. Alla sua morte, resituii all'Antea le scatole di morfina, intatte. Non mi considero un eroe, forse una privilegiata. Ma l'esperienza vissuta, e dalla quale non mi sono mai più ripresa, tantopiù mi conferma nell'opinione che l'eutanasia non va imposta per legge, ma affidata alla volontà del malato e, ove costui non fosse in grado di ragionare, al cuore di coloro che lo amano. Grazie
Da: Roberta 2

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