Contributo del Partito Libertario alle consultazioni per la formazione del nuovo Governo
Messaggio per Mario Draghi
Mercoledì 10 febbraio 2021 11:43:41
Chiarissimo Professore
Mario Draghi
Presidente del Consiglio Incaricato
ROMA
Gentile Professore,
anche noi del Partito Libertario intendiamo prendere parte, con questa forma, alle consultazioni per la formazione del nuovo governo, offrendo il presente contributo.
Anzitutto auspichiamo che si ritorni alla normalità costituzionale, con integrale ripristino dell’esercizio pratico dei diritti fondamentali: come ha affermato da Presidente della Corte Costituzionale la Prof. Marta Cartabia, infatti, la nostra Costituzione non conosce stati di eccezione di sorta con riferimento a quei principi; e non per caso, ma per scelta deliberata dei Padri Costituenti, tanto più alla luce delle esperienze passate, e in particolare di quella della Costituzione di Weimar.
Per quanto riguarda invece le questioni di carattere economico-finanziario, riteniamo di concentrarci su di un unico punto, peraltro sufficientemente comprensivo: la necessità di rispettare la legge, contabilizzando correttamente il demanio, ossia i beni di cui all’art. 822 c. c., oltre all’etere, in quanto dichiarato demanio dalla Corte Costituzionale con più sentenze.
Dispone infatti l’art. 14 (Conto generale del patrimonio), c. 2, del Decreto Legislativo 7 agosto 1997, n. 2799 (Legge finanziaria Ciampi): “Ai fini della loro gestione economica i beni di cui all’art. 822 del Codice civile, fermi restando la natura giuridica e i vincoli cui sono sottoposti dalle vigenti legge, sono valutati in base a criteri economici ed inseriti nel Conto generale del patrimonio dello Stato”.
Ora, ciò avviene attualmente in modo solo simbolico e forfettario, senza alcuna accuratezza analitica, sicché i valori indicati nel conto del patrimonio sono, ci sia consentito dirlo, ridicoli, rispetto al carattere poderoso dei beni di cui all’art. 822 c. c. ; oltre all’etere, del quale usufruiscono emittenti radiotelevisive e colossi del web, autentici free rider del demanio, il che contribuisce a spiegare i loro utili iperbolici.
In base all’art. 822 c. c., infatti, “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico”
A tutto ciò, oltre a dovere aggiungere l’etere, va assommato anche il valore dei grandiosi know how, di cui lo Stato dispone in tutti i settori in cui esprime capacità e potenza in termini di beni immateriali.
Si tratta, quindi, di un poderoso capitale naturale e artificiale, fisso e circolante, materiale e immateriale, di valore inestimabile (al quale aggiungere quelle del patrimonio in senso più lato, ad esempio tutte le infrastrutture, opere pubbliche e simili), che appartiene direttamente ai cittadini.
Già i grandi giuristi bolognesi del medioevo, infatti, ritenevano che questi “beni della corona”, inalienabili da parte del sovrano, pena la violazione del giuramento di incoronazione, fossero in ultima analisi riconducibili al “popolo”, anche perché, in base alle Sacre Scritture, “Dio ha donato la Terra in comune agli uomini”.
Venendo a tempi più vicini a noi, è almeno dal XIX secolo che la dottrina costituzionalistica è unanime nel ritenere il demanio, in quanto afferente alla sovranità, di diretta e immediata proprietà del popolo sovrano.
Siffatta contabilizzazione non avrebbe certo un valore solo formale.
Intanto si tratterebbe di una grande operazione di trasparenza, dato che i cittadini conoscerebbero finalmente il valore delle ricchezze di cui dispongono, laddove evidentemente esistono interessi che premono, come avrebbe detto Amilcare Puviani, per l’occultamento di tali valori economico-finanziari.
Inoltre, sarebbe garanzia che eventuali dismissioni avvengano a valore di mercato e non si riducano a svendite, come inevitabilmente avviene quando si cede un bene di cui non si conosce il valore.
La contabilizzazione in base a criteri economici, così come previsto dalla legge, consente poi di considerare tali beni come produttivi: di utili, di rendite, di royalties (si pensi agli innumerevoli marchi di cui dispone lo Stato, non riconosciuti come tali), e così via, i quali, a nostro avviso, non devono andare a cadere nel “calderone” statale, ma, sulla base del principio costituzionale che il demanio è dei cittadini, devono andare direttamente ai cittadini, il che consente anche di trovare una copertura finanziaria alle prospettate ipotesi di reddito universale.
In definitiva, si tratta di prendere esempio dal modello Alaska, ove un fondo raccoglie gli introiti derivanti dal petrolio, per distribuirli direttamente ai cittadini e non alla burocrazia.
Ora, tutto ciò assume in prospettiva particolare rilevanza, dato che si parla di realizzazione, a carico della spesa pubblica e del debito pubblico, quindi di denaro dei cittadini, di grandi realizzazioni infrastrutturali, materiali e digitali, e allora sarebbe ottima cosa che anche di tali prospettati interventi vi fosse adeguata indicazione nel Conto generale del patrimonio, di tal che per i cittadini non si tratti solo di una spesa, ma di investimenti in conto capitali, i cui esisti risultino chiaramente dalle scritture contabili.
Augurando successo alla Sua iniziativa, Le porgo i saluti più cordiali.
Avv. Fabio Massimo Nicosia
Presidente del Partito Libertario
Mario Draghi
Presidente del Consiglio Incaricato
ROMA
Gentile Professore,
anche noi del Partito Libertario intendiamo prendere parte, con questa forma, alle consultazioni per la formazione del nuovo governo, offrendo il presente contributo.
Anzitutto auspichiamo che si ritorni alla normalità costituzionale, con integrale ripristino dell’esercizio pratico dei diritti fondamentali: come ha affermato da Presidente della Corte Costituzionale la Prof. Marta Cartabia, infatti, la nostra Costituzione non conosce stati di eccezione di sorta con riferimento a quei principi; e non per caso, ma per scelta deliberata dei Padri Costituenti, tanto più alla luce delle esperienze passate, e in particolare di quella della Costituzione di Weimar.
Per quanto riguarda invece le questioni di carattere economico-finanziario, riteniamo di concentrarci su di un unico punto, peraltro sufficientemente comprensivo: la necessità di rispettare la legge, contabilizzando correttamente il demanio, ossia i beni di cui all’art. 822 c. c., oltre all’etere, in quanto dichiarato demanio dalla Corte Costituzionale con più sentenze.
Dispone infatti l’art. 14 (Conto generale del patrimonio), c. 2, del Decreto Legislativo 7 agosto 1997, n. 2799 (Legge finanziaria Ciampi): “Ai fini della loro gestione economica i beni di cui all’art. 822 del Codice civile, fermi restando la natura giuridica e i vincoli cui sono sottoposti dalle vigenti legge, sono valutati in base a criteri economici ed inseriti nel Conto generale del patrimonio dello Stato”.
Ora, ciò avviene attualmente in modo solo simbolico e forfettario, senza alcuna accuratezza analitica, sicché i valori indicati nel conto del patrimonio sono, ci sia consentito dirlo, ridicoli, rispetto al carattere poderoso dei beni di cui all’art. 822 c. c. ; oltre all’etere, del quale usufruiscono emittenti radiotelevisive e colossi del web, autentici free rider del demanio, il che contribuisce a spiegare i loro utili iperbolici.
In base all’art. 822 c. c., infatti, “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico”
A tutto ciò, oltre a dovere aggiungere l’etere, va assommato anche il valore dei grandiosi know how, di cui lo Stato dispone in tutti i settori in cui esprime capacità e potenza in termini di beni immateriali.
Si tratta, quindi, di un poderoso capitale naturale e artificiale, fisso e circolante, materiale e immateriale, di valore inestimabile (al quale aggiungere quelle del patrimonio in senso più lato, ad esempio tutte le infrastrutture, opere pubbliche e simili), che appartiene direttamente ai cittadini.
Già i grandi giuristi bolognesi del medioevo, infatti, ritenevano che questi “beni della corona”, inalienabili da parte del sovrano, pena la violazione del giuramento di incoronazione, fossero in ultima analisi riconducibili al “popolo”, anche perché, in base alle Sacre Scritture, “Dio ha donato la Terra in comune agli uomini”.
Venendo a tempi più vicini a noi, è almeno dal XIX secolo che la dottrina costituzionalistica è unanime nel ritenere il demanio, in quanto afferente alla sovranità, di diretta e immediata proprietà del popolo sovrano.
Siffatta contabilizzazione non avrebbe certo un valore solo formale.
Intanto si tratterebbe di una grande operazione di trasparenza, dato che i cittadini conoscerebbero finalmente il valore delle ricchezze di cui dispongono, laddove evidentemente esistono interessi che premono, come avrebbe detto Amilcare Puviani, per l’occultamento di tali valori economico-finanziari.
Inoltre, sarebbe garanzia che eventuali dismissioni avvengano a valore di mercato e non si riducano a svendite, come inevitabilmente avviene quando si cede un bene di cui non si conosce il valore.
La contabilizzazione in base a criteri economici, così come previsto dalla legge, consente poi di considerare tali beni come produttivi: di utili, di rendite, di royalties (si pensi agli innumerevoli marchi di cui dispone lo Stato, non riconosciuti come tali), e così via, i quali, a nostro avviso, non devono andare a cadere nel “calderone” statale, ma, sulla base del principio costituzionale che il demanio è dei cittadini, devono andare direttamente ai cittadini, il che consente anche di trovare una copertura finanziaria alle prospettate ipotesi di reddito universale.
In definitiva, si tratta di prendere esempio dal modello Alaska, ove un fondo raccoglie gli introiti derivanti dal petrolio, per distribuirli direttamente ai cittadini e non alla burocrazia.
Ora, tutto ciò assume in prospettiva particolare rilevanza, dato che si parla di realizzazione, a carico della spesa pubblica e del debito pubblico, quindi di denaro dei cittadini, di grandi realizzazioni infrastrutturali, materiali e digitali, e allora sarebbe ottima cosa che anche di tali prospettati interventi vi fosse adeguata indicazione nel Conto generale del patrimonio, di tal che per i cittadini non si tratti solo di una spesa, ma di investimenti in conto capitali, i cui esisti risultino chiaramente dalle scritture contabili.
Augurando successo alla Sua iniziativa, Le porgo i saluti più cordiali.
Avv. Fabio Massimo Nicosia
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