Quando biasimiamo i giovani che non vogliono più entrare in politica
Messaggio per Paolo Mieli
Sabato 30 gennaio 2021 23:31:05
Se dovessimo redigere un elenco di personalità politiche italiane che hanno consegnato alla storia delle istituzioni politiche, prima di ogni altra cosa, valori, onestà e partecipazione, legalità e amore per la verità, ci troveremmo di fronte ad un ulteriore inventario di sommi mali, storie di penose estromissioni o silenzi deturpanti volti a eliminare dalla scena dell’arte del governo le loro gesta.
In epoca moderna il ricorso alla magistratura per troncare azioni politiche troppo indisponenti è ben noto, Andreotti, Craxi e per ultimo Matteo Salvini.
Se osserviamo il nostro recente passato, troveremo molte persone che hanno saputo davvero nobilitare, con la loro azione politica, la società tutta portando alla luce, grazie al loro impegno, verità scomodissime, vissuti di oscena illegittimità oppure trame oscure definibili come veri e propri attacchi allo Stato.
Colpisce vedere anche donne che, con tempra quasi maschile, sicure nella incrollabile fermezza dei loro principi altruistici, hanno combattuto con la malapolitica con grande coraggio sempre al servizio della democrazia, sempre nel rispetto della sacra Carta Costituzionale.
Ci fu una donna, oggi dimenticata, che, per sacrifico ed encomiabile dedizione allo Stato, meritava, a detta di molti parlamentari, l’elezione alla carica di Presidente della Repubblica Italiana, una donna che seppe con duro lavoro, dedizione e sacrificio, scovare il marcio più infame, presente nelle istituzioni, e portarlo alla luce nelle Commissioni che diresse su incarico di esponenti di governo che ben conoscevano la sua determinazione.
Nelle nostre scuole il suo lavoro andrebbe letto ogni giorno, come esemplare modello di “educazione alla legalità, quella vera fatta di ferma denuncia della corruttela che sempre afferra le nostre istituzioni.
Diceva questa donna: “Lavoro e salute: ti senti al centro della vita del paese, è una grande assunzione di responsabilità. Soprattutto per quanto attiene alla Sanità, le ingiustizie, gli sprechi, la mancanza di tutela sono insopportabili»
Tina Anselmi incarnò tutte queste doti: Presidente della Commissione incaricata di svelare le trame oscure della Loggia Massonica P2, ad un certo punto venne abbandonata dal suo gruppo politico la Democrazia Cristiana, per quale motivo non è dato sapere.
Seppe fare, costruire, svelare verità assolutamente scomode e rischiose, ma in politica non si usa fare nomi e cognomi, non si usa fare ed agire contro l'economia e il sacro denaro.
Perché venne messa da parte Tina Anselmi?
La memoria storica poi la infilerà di sicuro nella sua cronologia, in tal modo la sua figura diverrà sacra, si procederà con la beatificazione, si santifica il tutto, intanto le persone come lei, colpite nel cuore, muoiono, da sole, mentre noi cittadini, responsabili di questo silenzio colposo, non riusciamo a separare i valori del diritto dai profitti economici, sempre, in ogni tempo.
Nel 1968 Tina Anselmi venne eletta alla Camera, dove fu confermata fino al 1987. Appena entrata in Parlamento mise mano al suo progetto di revisione della legge Noce del 1950 che ampliava la tutela alle lavoratrici madri e che fu approvato nel 1971. Nella sua carriera firmò 475 progetti di legge – di cui 54 come prima firmataria, 98 dei quali furono approvati, fra cui importanti leggi destinate all'ampliamento dei diritti delle donne, quali quella sul lavoro a domicilio (legge n. 877/1973), che estese al settore le norme valide per il lavoro dipendente e la legge n. 903/1977 che sancì l’illegittimità della discriminazione delle donne sul lavoro. dal 1968 al 1973.
Membro della Commissione lavoro e previdenza sociale, dal 1974 al 1976 fu sottosegretaria al Lavoro e in questa veste presiedette il Comitato italiano per l’anno internazionale della donna proclamato dall’ONU nel 1975 e organizzò una Conferenza nazionale su Sviluppo sociale ed economico del paese e occupazione femminile, tema a lei molto caro.
Oggi, Epoca Covid, i disastri istituzionali la Divina provvidenza li ha collocati bene in vista: la sanità pubblica è stata gestita in questi anni come additivo di denaro, in assenza di industrie fuggite all’ estero.
L’incarico di ministra della Sanità fu affidato a Tina Anselmi per condurre in porto l’istituzione del Servizio sanitario nazionale, che divenne legge nel 1978; nello stesso anno firmò anche la 'legge Basaglia' sull’abolizione dei manicomi. Erano altri tempi?
La guida dei due ministeri sarebbe tornata poi nelle sue memorie come un’esperienza straordinaria: «Lavoro e salute: ti senti al centro della vita del paese. È una grande assunzione di responsabilità. Soprattutto per quanto attiene alla Sanità, le ingiustizie, gli sprechi, la mancanza di tutela sono insopportabili» (Anselmi - Vinci, 2006, p. 103). Erano altri tempi, erano altre etiche.
Durante il rapimento Moro (16 marzo - 9 maggio 1978), che definì «la più grande tragedia politica che potesse abbattersi sull’Italia» (Anselmi - Vinci, 2006, p. 105) ebbe l’incarico di informare la famiglia Moro di quanto veniva discusso nel partito e nel governo; fu lei a comunicare a Eleonora Moro l'assassinio del marito. Tina Anselmi fu peraltro tra coloro che ritennero il delitto Moro un attacco decisivo alla stabilizzazione democratica del Paese, un evento non sufficientemente indagato nelle sue dinamiche e nelle sue implicazioni e nella sua visione organicamente collegato ai successivi omicidi di riformisti come Vittorio Bachelet, Roberto Ruffilli ed Ezio Tarantelli. Da quella tragica esperienza uscirono rafforzati il suo attaccamento alla democrazia e la sua fedeltà alle istituzioni. Ma solo frugando nei segreti della P2 ho scoperto come il potere, quello che ci viene delegato dal popolo, possa essere ridotto ad un’apparenza. La P2 si è impadronita delle istituzioni, disse, ha fatto un colpo di stato strisciante. Per più di dieci anni i servizi segreti sono stati gestiti da un potere occulto» (in Vanzetto, 2011, p. 176). Nel marzo del 1986 la Camera approvò una Risoluzione con 322 voti favorevoli e 45 contrari, in cui i deputati fecero proprie le conclusioni della Commissione e gli interventi di riforma proposti. A distanza di quasi vent’anni, in un’intervista del 2003, Tina Anselmi commentò il lavoro svolto con parole amare: «Tanto lavoro di indagine, tanti buoni risultati, ne emergeva una trama così chiara: eppure non gli è stato dato alcun seguito […]. Credevo e credo – non penso affatto che il pericolo sia cessato – che la P2 costituisca un grave pericolo per la democrazia. [Dopo vent’anni] sono ancora tutti lì, uno è diventato presidente del consiglio. […] Bisognerebbe che reagisse la parte sana dello Stato […] ma se non è mai stato fatto [niente] finora, si figuri se lo faranno un governo e una maggioranza parlamentare costellata di ex affiliati alla Loggia» (in Vanzetto, 2011, p. 178).
Quando biasimiamo i giovani, che non vogliono più entrare in politica e se ne disinteressano, forse per lo sgomento di finire come Tina Anselmi, diventiamo troppo catastrofici noi o sono loro che hanno capito tutto?
Prof. ssa Carolina Manfredini
Ghedi Brescia
Cell. 339-------
Autorizzo alla pubblicazione con mio nome
In epoca moderna il ricorso alla magistratura per troncare azioni politiche troppo indisponenti è ben noto, Andreotti, Craxi e per ultimo Matteo Salvini.
Se osserviamo il nostro recente passato, troveremo molte persone che hanno saputo davvero nobilitare, con la loro azione politica, la società tutta portando alla luce, grazie al loro impegno, verità scomodissime, vissuti di oscena illegittimità oppure trame oscure definibili come veri e propri attacchi allo Stato.
Colpisce vedere anche donne che, con tempra quasi maschile, sicure nella incrollabile fermezza dei loro principi altruistici, hanno combattuto con la malapolitica con grande coraggio sempre al servizio della democrazia, sempre nel rispetto della sacra Carta Costituzionale.
Ci fu una donna, oggi dimenticata, che, per sacrifico ed encomiabile dedizione allo Stato, meritava, a detta di molti parlamentari, l’elezione alla carica di Presidente della Repubblica Italiana, una donna che seppe con duro lavoro, dedizione e sacrificio, scovare il marcio più infame, presente nelle istituzioni, e portarlo alla luce nelle Commissioni che diresse su incarico di esponenti di governo che ben conoscevano la sua determinazione.
Nelle nostre scuole il suo lavoro andrebbe letto ogni giorno, come esemplare modello di “educazione alla legalità, quella vera fatta di ferma denuncia della corruttela che sempre afferra le nostre istituzioni.
Diceva questa donna: “Lavoro e salute: ti senti al centro della vita del paese, è una grande assunzione di responsabilità. Soprattutto per quanto attiene alla Sanità, le ingiustizie, gli sprechi, la mancanza di tutela sono insopportabili»
Tina Anselmi incarnò tutte queste doti: Presidente della Commissione incaricata di svelare le trame oscure della Loggia Massonica P2, ad un certo punto venne abbandonata dal suo gruppo politico la Democrazia Cristiana, per quale motivo non è dato sapere.
Seppe fare, costruire, svelare verità assolutamente scomode e rischiose, ma in politica non si usa fare nomi e cognomi, non si usa fare ed agire contro l'economia e il sacro denaro.
Perché venne messa da parte Tina Anselmi?
La memoria storica poi la infilerà di sicuro nella sua cronologia, in tal modo la sua figura diverrà sacra, si procederà con la beatificazione, si santifica il tutto, intanto le persone come lei, colpite nel cuore, muoiono, da sole, mentre noi cittadini, responsabili di questo silenzio colposo, non riusciamo a separare i valori del diritto dai profitti economici, sempre, in ogni tempo.
Nel 1968 Tina Anselmi venne eletta alla Camera, dove fu confermata fino al 1987. Appena entrata in Parlamento mise mano al suo progetto di revisione della legge Noce del 1950 che ampliava la tutela alle lavoratrici madri e che fu approvato nel 1971. Nella sua carriera firmò 475 progetti di legge – di cui 54 come prima firmataria, 98 dei quali furono approvati, fra cui importanti leggi destinate all'ampliamento dei diritti delle donne, quali quella sul lavoro a domicilio (legge n. 877/1973), che estese al settore le norme valide per il lavoro dipendente e la legge n. 903/1977 che sancì l’illegittimità della discriminazione delle donne sul lavoro. dal 1968 al 1973.
Membro della Commissione lavoro e previdenza sociale, dal 1974 al 1976 fu sottosegretaria al Lavoro e in questa veste presiedette il Comitato italiano per l’anno internazionale della donna proclamato dall’ONU nel 1975 e organizzò una Conferenza nazionale su Sviluppo sociale ed economico del paese e occupazione femminile, tema a lei molto caro.
Oggi, Epoca Covid, i disastri istituzionali la Divina provvidenza li ha collocati bene in vista: la sanità pubblica è stata gestita in questi anni come additivo di denaro, in assenza di industrie fuggite all’ estero.
L’incarico di ministra della Sanità fu affidato a Tina Anselmi per condurre in porto l’istituzione del Servizio sanitario nazionale, che divenne legge nel 1978; nello stesso anno firmò anche la 'legge Basaglia' sull’abolizione dei manicomi. Erano altri tempi?
La guida dei due ministeri sarebbe tornata poi nelle sue memorie come un’esperienza straordinaria: «Lavoro e salute: ti senti al centro della vita del paese. È una grande assunzione di responsabilità. Soprattutto per quanto attiene alla Sanità, le ingiustizie, gli sprechi, la mancanza di tutela sono insopportabili» (Anselmi - Vinci, 2006, p. 103). Erano altri tempi, erano altre etiche.
Durante il rapimento Moro (16 marzo - 9 maggio 1978), che definì «la più grande tragedia politica che potesse abbattersi sull’Italia» (Anselmi - Vinci, 2006, p. 105) ebbe l’incarico di informare la famiglia Moro di quanto veniva discusso nel partito e nel governo; fu lei a comunicare a Eleonora Moro l'assassinio del marito. Tina Anselmi fu peraltro tra coloro che ritennero il delitto Moro un attacco decisivo alla stabilizzazione democratica del Paese, un evento non sufficientemente indagato nelle sue dinamiche e nelle sue implicazioni e nella sua visione organicamente collegato ai successivi omicidi di riformisti come Vittorio Bachelet, Roberto Ruffilli ed Ezio Tarantelli. Da quella tragica esperienza uscirono rafforzati il suo attaccamento alla democrazia e la sua fedeltà alle istituzioni. Ma solo frugando nei segreti della P2 ho scoperto come il potere, quello che ci viene delegato dal popolo, possa essere ridotto ad un’apparenza. La P2 si è impadronita delle istituzioni, disse, ha fatto un colpo di stato strisciante. Per più di dieci anni i servizi segreti sono stati gestiti da un potere occulto» (in Vanzetto, 2011, p. 176). Nel marzo del 1986 la Camera approvò una Risoluzione con 322 voti favorevoli e 45 contrari, in cui i deputati fecero proprie le conclusioni della Commissione e gli interventi di riforma proposti. A distanza di quasi vent’anni, in un’intervista del 2003, Tina Anselmi commentò il lavoro svolto con parole amare: «Tanto lavoro di indagine, tanti buoni risultati, ne emergeva una trama così chiara: eppure non gli è stato dato alcun seguito […]. Credevo e credo – non penso affatto che il pericolo sia cessato – che la P2 costituisca un grave pericolo per la democrazia. [Dopo vent’anni] sono ancora tutti lì, uno è diventato presidente del consiglio. […] Bisognerebbe che reagisse la parte sana dello Stato […] ma se non è mai stato fatto [niente] finora, si figuri se lo faranno un governo e una maggioranza parlamentare costellata di ex affiliati alla Loggia» (in Vanzetto, 2011, p. 178).
Quando biasimiamo i giovani, che non vogliono più entrare in politica e se ne disinteressano, forse per lo sgomento di finire come Tina Anselmi, diventiamo troppo catastrofici noi o sono loro che hanno capito tutto?
Prof. ssa Carolina Manfredini
Ghedi Brescia
Cell. 339-------
Autorizzo alla pubblicazione con mio nome
Da: Manfredini Carolina
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