"Disinformazione culturale" in atto
Messaggio per Walter Veltroni
Martedì 15 marzo 2022 09:36:43
Spettabile signor Walter Veltroni, nei giorni scorsi, “rovistando” nella libreria, mi è capitato tra le mani il libro pubblicato dall’Unità, quando lei ne era il direttore, libro che tratta del caso “Galileo Galilei”, e della sua “riabilitazione” avvenuta per opera di papa Giovanni Paolo II nel 1994.
L’ho riletto con rinnovato interesse, in quanto, da allora, cioè, dalla prima lettura, è intervenuta una cosa nuova, e cioè, che a seguito di una occasionale visita al Castello Sforzesco di Milano, sono giunto alla Sala delle Asse, l’ambiente dipinto da Leonardo da Vinci.
E qui, è accaduto quanto non mi sarei mai aspettato, perché in tale realizzazione vi ho riscontrato delle particolarità di non immediata osservazione, le quali erano abilmente celate tra “scene dipinte” abitualmente e normalmente osservabili.
In pratica, mi sono reso conto che Leonardo da Vinci, aveva realizzato in modo “mimetizzato” alcune particolarità che per poter essere percepite e recepite, necessitavano di un adeguato esercizio di mirata osservazione. In tal modo, mettendo in pratica alcuni suoi consigli elargiti nel suo “Trattato della Pittura”. “Consigli” che la Critica della Storia dell’Arte ha definito come: “Le Macchie di Leo-nardo”. Il quale argomento è stato oggetto della XLIV LETTURA VINCIANA, del 17 aprile 2004, a nome di Carlo Pedretti, l’insigne studioso di Leonardo.
Argomento del quale, oltre alla predetta pubblicazione, pur se basata essenzialmente su aspetti prettamente storiografici e didascalici, non ne esiste alcuna altra. Tant’è che tale argomento, pur così definito dagli Accademici della Storia dell’Arte, è e viene costantemente escluso da qualsiasi studio e considerazione da parte di questa categoria di studiosi di Leonardo da Vinci.
Cosa che invece, da parte mia è stato oggetto di un approfondito studio, partendo dalla diretta osservazione delle opere di Leonardo, come pure, in seguito, anche su quanto lo stesso Leonardo da Vinci ne ha teorizzato nel Trattato della Pittura.
(Tutte cose che, al contrario, ho riscontrato che la Critica Ufficiale della Storia dell’Arte, non ne tiene in alcun conto. Anzi, che deliberatamente ignora, considerando queste “manifestazioni” come semplice frutto della “suggestione individuale”, cioè: pure fantasticherie. Oltretutto poi, relegando l’intero argomento nel concetto di “Pareidolia”, ovvero, una sorta di “patologia mentale” la quale sarebbe riscontrata in alcuni casi di “schizofrenia”, dei quali, chi ne soffre, riuscirebbe a riconoscere delle forme “significanti e realistiche” in un agglomerato di “casuali e indistinti segni privi di significato”.
Però, questo atteggiamento della Critica dell’Arte è un qualcosa che è del tutto auto-contraddittorio, anzi, è una vera contraddizione in termini.
Lo è per due semplici motivi. Il primo è che è lo stesso Leonardo da Vinci a teorizzarne nel Trattato della Pittura, in modo alquanto preciso e accurato. Secondo, la contraddizione insita nell’opinione della Critica della Storia dell’Arte, in quanto, essa ne nega l’esistenza, pur nel contempo, definendone le manifestazioni come: “Le Macchie di Leonardo”.
Questo, a parer mio, è un assoluto controsenso, che ne squalificherebbe l’affermazione.
È un “assoluto controsenso” in quanto, a causa di questo “atteggiamento mentale”, la “Critica dell’Arte” non ha sviluppato la capacità di sapervisi rapportare. E così facendo, in un certo qual modo, non fanno altro che denigrare lo stesso Leonardo da Vinci. L’artista, il personaggio che, tramite le loro pubblicazioni, permette loro una certa visibilità e la “presunta autorevolezza” con la quale ne parlano e ne disquisiscono.
In pratica non fanno altro che “usare” Leonardo da Vinci come un oggetto di loro uso e consumo, raccontando di lui una gran quantità di “insensatezze”. Tant’è vero che ogni loro affermazione su di lui sono immancabilmente accompagnate da espressioni del tipo: “circa”, “forse”, “può darsi”, “potrebbe anche essere che…”.
Non vi è mai nulla di certo, di assodato, in quanto ne scrivono. Dico questo perché, per esempio, il termine “circa”, che accompagna ogni loro datazione di un’opera di Leonardo, può coprire un arco di tempo che può variare dai due, tre, cinque, o anche otto o undici anni. Questo a seconda dell’autore che ne scrive, (e dei suoi propositi, che, per questo, non sono mai “chiari”).
Mi sembrano un po’ troppi per una “Comunità che si definisce Scientifica” “accorpare il tutto in un “circa”. (Il che significherebbe che nel loro scrivere, di “scientificità” vi sia ben poco, tant’è vero che, di questo termine ne sono pieni i loro scritti. Oltre il fatto che, ogni loro attribuzione, avente per oggetto Leonardo da Vinci, viene immancabilmente contraddetta da altri loro colleghi.
Caso emblematico è l’attribuzione a Leonardo del SALVADOR MUNDI, (venduto per 450 milioni di dollari), che altri esperti Leonardisti ritengono impropria).
Tutto questo per dire cosa? Per dire che non è sufficiente possedere una laurea in Storia dell’arte, per poterne parlare con profitto se, nel contempo, non si posseggono adeguati “strumenti logico deduttivi, oltre che “osservativi”, con i quali costruire e conseguentemente divulgare il proprio pensiero. (“Pensiero” che, a questo punto, non so se ha senso definirlo in questo modo. Perché quella che hanno posto in essere, sembrerebbe consistere in una semplice “disinformazione culturale”).
(Mi dispiace esprimermi in questo modo, ma tutto ciò lo si evince dalla lettura delle pubblicazioni in commercio, firmate anche da illustri studiosi di Leonardo. Pubblicazioni nelle quali si leggono sempre le medesime trite e ritrite opinioni, espresse pure nell’identico modo di altre, riportandone pure i medesimi errori, neanche gli autori ne avessero fatto un veloce “copia- incolla”, senza nemmeno rileggere quanto sono andati a ricopiare).
Di tutto quanto finora asserito, ne posso presentare gli opportuni riscontri, tutti perfettamente osservabili e comprensibili. Non ultimo il fatto, (beninteso: EFFETTIVAMENTE VERIFICATO), della constatazione che la Critica ufficiale della Storia dell’Arte, non basa più le sue affermazioni, sulle fonti storiche tramandate dall’epoca dell’accadimento dei fatti, cioè, non si basano più sulle originali “Vite de’ più eccellenti Pittori, Scultori, et Architettori” scritte da Giorgio Vasari, ma si basano su di una edizione moderna, procurata dalle studiose “Bettarini e Paola Barocchi”, che ne han-no reso il testo in un Italiano meglio leggibile. Un’opera senz’altro meritoria, ma nella quale sono sta-ti commessi degli errori di trascrizione, oltre ad averne mutato anche la punteggiatura, la quale, in alcuni punti cruciali, hanno comportato che il testo ha assunto un significato diverso, difforme dall’originale, che non dà testimonianza del reale senso e significato voluto dal suo autore Giorgio Vasari. Per cui, a seguito di ciò, gran parte della “Vita” di Michelangelo Buonarroti, (gli ultimi circa venti anni), sarebbe da rivedere e riconsiderare, perché in questa “nuova versione riveduta e corretta” è stato commesso un errore di trascrizione, che ha travisato il reale significato di quanto Giorgio Va-sari ha voluto comunicare.
Io ho preso contatto con i più grandi studiosi di Michelangelo Buonarroti, proponendo loro la “Sinossi” dello studio da me effettuato a questo proposito, e da loro definito: “interessantissimo”. Solo che, una volta ricevuto l’intero studio, e compreso in cosa consisteva l’errore, non ho più ricevuto risposta, nemmeno a successivi solleciti. Si sono chiusi in un ostinato silenzio.
Costoro posseggono nomi autorevoli, e ricoprono pure ruoli importanti in alcune istituzioni, come Casa Buonarroti, Casa Vasari, o qualche direttore o sovrintendenti di alcuni musei.
Ecco, Signor Walter Veltroni, questa è a grandi linee l’intera vicenda nel quale mi sono trovato coinvolto, e dalla quale non sembra esserci modo di uscirne, dato il silenzio, (colpevole?), che circonda l’argomento.
Per certi versi, mi pare, (fatti i debiti rapporti), di essere capitato in una situazione analoga a quel-la vissuta da Galileo Galilei. Ma al contrario, perché questa è causata dagli “studiosi della Storia dell’Arte”, non da altre “Istituzioni”.
E la pervicacia è questa: non sembra esserci modo di risolverla, in quanto sembrano essere costo-ro, gli appartenenti a questa Comunità Accademica, a determinare quanto deve essere comunicato e quanto no! Indipendentemente dalla verità storica degli accadimenti. Perché sembrano essere i suoi appartenenti a determinarla, non i fatti accaduti.
Ed in questo sembrano essere spalleggiati pure dalle Case Editrici, le quali, (da esperienza diretta), non si possono permettere di osteggiare nomi autorevoli in materia, dei quali ne pubblicano i la-vori. (Pur se raccontano e scrivono delle pure fantasie).
Ecco, ho cercato di presentare una panoramica della complessiva situazione, (?), E leggendo il “Caso Galileo Galilei”, dopo avere letto l’ultima mezza pagina, ciò mi ha spinto a contattarla, scrivendo questa lettera, contando che possa giungerle.
Finora ho solo trovato “muri di silenzio”, anche se infarciti di buone intenzioni, puntualmente disattese. Mentre lei, può valutare prospettive che io non so individuare, al fine di “risolvere” questo gran guazzabuglio di incomprensibilità che avvolge la Storia dell’Arte, con speciale riferimento a questi due grandi Artisti, giganti del loro e di ogni tempo, e verso i quali, ognuno di noi, sotto l’aspetto culturale, tutti, abbiamo un debito enorme.
E’ un “debito” che andrebbe onorato: immancabilmente, non vi sono deroghe.
Augurandomi di ricevere un suo riscontro, colgo l’occasione per porgerle cordiali saluti.
Galiano Albertin.
L’ho riletto con rinnovato interesse, in quanto, da allora, cioè, dalla prima lettura, è intervenuta una cosa nuova, e cioè, che a seguito di una occasionale visita al Castello Sforzesco di Milano, sono giunto alla Sala delle Asse, l’ambiente dipinto da Leonardo da Vinci.
E qui, è accaduto quanto non mi sarei mai aspettato, perché in tale realizzazione vi ho riscontrato delle particolarità di non immediata osservazione, le quali erano abilmente celate tra “scene dipinte” abitualmente e normalmente osservabili.
In pratica, mi sono reso conto che Leonardo da Vinci, aveva realizzato in modo “mimetizzato” alcune particolarità che per poter essere percepite e recepite, necessitavano di un adeguato esercizio di mirata osservazione. In tal modo, mettendo in pratica alcuni suoi consigli elargiti nel suo “Trattato della Pittura”. “Consigli” che la Critica della Storia dell’Arte ha definito come: “Le Macchie di Leo-nardo”. Il quale argomento è stato oggetto della XLIV LETTURA VINCIANA, del 17 aprile 2004, a nome di Carlo Pedretti, l’insigne studioso di Leonardo.
Argomento del quale, oltre alla predetta pubblicazione, pur se basata essenzialmente su aspetti prettamente storiografici e didascalici, non ne esiste alcuna altra. Tant’è che tale argomento, pur così definito dagli Accademici della Storia dell’Arte, è e viene costantemente escluso da qualsiasi studio e considerazione da parte di questa categoria di studiosi di Leonardo da Vinci.
Cosa che invece, da parte mia è stato oggetto di un approfondito studio, partendo dalla diretta osservazione delle opere di Leonardo, come pure, in seguito, anche su quanto lo stesso Leonardo da Vinci ne ha teorizzato nel Trattato della Pittura.
(Tutte cose che, al contrario, ho riscontrato che la Critica Ufficiale della Storia dell’Arte, non ne tiene in alcun conto. Anzi, che deliberatamente ignora, considerando queste “manifestazioni” come semplice frutto della “suggestione individuale”, cioè: pure fantasticherie. Oltretutto poi, relegando l’intero argomento nel concetto di “Pareidolia”, ovvero, una sorta di “patologia mentale” la quale sarebbe riscontrata in alcuni casi di “schizofrenia”, dei quali, chi ne soffre, riuscirebbe a riconoscere delle forme “significanti e realistiche” in un agglomerato di “casuali e indistinti segni privi di significato”.
Però, questo atteggiamento della Critica dell’Arte è un qualcosa che è del tutto auto-contraddittorio, anzi, è una vera contraddizione in termini.
Lo è per due semplici motivi. Il primo è che è lo stesso Leonardo da Vinci a teorizzarne nel Trattato della Pittura, in modo alquanto preciso e accurato. Secondo, la contraddizione insita nell’opinione della Critica della Storia dell’Arte, in quanto, essa ne nega l’esistenza, pur nel contempo, definendone le manifestazioni come: “Le Macchie di Leonardo”.
Questo, a parer mio, è un assoluto controsenso, che ne squalificherebbe l’affermazione.
È un “assoluto controsenso” in quanto, a causa di questo “atteggiamento mentale”, la “Critica dell’Arte” non ha sviluppato la capacità di sapervisi rapportare. E così facendo, in un certo qual modo, non fanno altro che denigrare lo stesso Leonardo da Vinci. L’artista, il personaggio che, tramite le loro pubblicazioni, permette loro una certa visibilità e la “presunta autorevolezza” con la quale ne parlano e ne disquisiscono.
In pratica non fanno altro che “usare” Leonardo da Vinci come un oggetto di loro uso e consumo, raccontando di lui una gran quantità di “insensatezze”. Tant’è vero che ogni loro affermazione su di lui sono immancabilmente accompagnate da espressioni del tipo: “circa”, “forse”, “può darsi”, “potrebbe anche essere che…”.
Non vi è mai nulla di certo, di assodato, in quanto ne scrivono. Dico questo perché, per esempio, il termine “circa”, che accompagna ogni loro datazione di un’opera di Leonardo, può coprire un arco di tempo che può variare dai due, tre, cinque, o anche otto o undici anni. Questo a seconda dell’autore che ne scrive, (e dei suoi propositi, che, per questo, non sono mai “chiari”).
Mi sembrano un po’ troppi per una “Comunità che si definisce Scientifica” “accorpare il tutto in un “circa”. (Il che significherebbe che nel loro scrivere, di “scientificità” vi sia ben poco, tant’è vero che, di questo termine ne sono pieni i loro scritti. Oltre il fatto che, ogni loro attribuzione, avente per oggetto Leonardo da Vinci, viene immancabilmente contraddetta da altri loro colleghi.
Caso emblematico è l’attribuzione a Leonardo del SALVADOR MUNDI, (venduto per 450 milioni di dollari), che altri esperti Leonardisti ritengono impropria).
Tutto questo per dire cosa? Per dire che non è sufficiente possedere una laurea in Storia dell’arte, per poterne parlare con profitto se, nel contempo, non si posseggono adeguati “strumenti logico deduttivi, oltre che “osservativi”, con i quali costruire e conseguentemente divulgare il proprio pensiero. (“Pensiero” che, a questo punto, non so se ha senso definirlo in questo modo. Perché quella che hanno posto in essere, sembrerebbe consistere in una semplice “disinformazione culturale”).
(Mi dispiace esprimermi in questo modo, ma tutto ciò lo si evince dalla lettura delle pubblicazioni in commercio, firmate anche da illustri studiosi di Leonardo. Pubblicazioni nelle quali si leggono sempre le medesime trite e ritrite opinioni, espresse pure nell’identico modo di altre, riportandone pure i medesimi errori, neanche gli autori ne avessero fatto un veloce “copia- incolla”, senza nemmeno rileggere quanto sono andati a ricopiare).
Di tutto quanto finora asserito, ne posso presentare gli opportuni riscontri, tutti perfettamente osservabili e comprensibili. Non ultimo il fatto, (beninteso: EFFETTIVAMENTE VERIFICATO), della constatazione che la Critica ufficiale della Storia dell’Arte, non basa più le sue affermazioni, sulle fonti storiche tramandate dall’epoca dell’accadimento dei fatti, cioè, non si basano più sulle originali “Vite de’ più eccellenti Pittori, Scultori, et Architettori” scritte da Giorgio Vasari, ma si basano su di una edizione moderna, procurata dalle studiose “Bettarini e Paola Barocchi”, che ne han-no reso il testo in un Italiano meglio leggibile. Un’opera senz’altro meritoria, ma nella quale sono sta-ti commessi degli errori di trascrizione, oltre ad averne mutato anche la punteggiatura, la quale, in alcuni punti cruciali, hanno comportato che il testo ha assunto un significato diverso, difforme dall’originale, che non dà testimonianza del reale senso e significato voluto dal suo autore Giorgio Vasari. Per cui, a seguito di ciò, gran parte della “Vita” di Michelangelo Buonarroti, (gli ultimi circa venti anni), sarebbe da rivedere e riconsiderare, perché in questa “nuova versione riveduta e corretta” è stato commesso un errore di trascrizione, che ha travisato il reale significato di quanto Giorgio Va-sari ha voluto comunicare.
Io ho preso contatto con i più grandi studiosi di Michelangelo Buonarroti, proponendo loro la “Sinossi” dello studio da me effettuato a questo proposito, e da loro definito: “interessantissimo”. Solo che, una volta ricevuto l’intero studio, e compreso in cosa consisteva l’errore, non ho più ricevuto risposta, nemmeno a successivi solleciti. Si sono chiusi in un ostinato silenzio.
Costoro posseggono nomi autorevoli, e ricoprono pure ruoli importanti in alcune istituzioni, come Casa Buonarroti, Casa Vasari, o qualche direttore o sovrintendenti di alcuni musei.
Ecco, Signor Walter Veltroni, questa è a grandi linee l’intera vicenda nel quale mi sono trovato coinvolto, e dalla quale non sembra esserci modo di uscirne, dato il silenzio, (colpevole?), che circonda l’argomento.
Per certi versi, mi pare, (fatti i debiti rapporti), di essere capitato in una situazione analoga a quel-la vissuta da Galileo Galilei. Ma al contrario, perché questa è causata dagli “studiosi della Storia dell’Arte”, non da altre “Istituzioni”.
E la pervicacia è questa: non sembra esserci modo di risolverla, in quanto sembrano essere costo-ro, gli appartenenti a questa Comunità Accademica, a determinare quanto deve essere comunicato e quanto no! Indipendentemente dalla verità storica degli accadimenti. Perché sembrano essere i suoi appartenenti a determinarla, non i fatti accaduti.
Ed in questo sembrano essere spalleggiati pure dalle Case Editrici, le quali, (da esperienza diretta), non si possono permettere di osteggiare nomi autorevoli in materia, dei quali ne pubblicano i la-vori. (Pur se raccontano e scrivono delle pure fantasie).
Ecco, ho cercato di presentare una panoramica della complessiva situazione, (?), E leggendo il “Caso Galileo Galilei”, dopo avere letto l’ultima mezza pagina, ciò mi ha spinto a contattarla, scrivendo questa lettera, contando che possa giungerle.
Finora ho solo trovato “muri di silenzio”, anche se infarciti di buone intenzioni, puntualmente disattese. Mentre lei, può valutare prospettive che io non so individuare, al fine di “risolvere” questo gran guazzabuglio di incomprensibilità che avvolge la Storia dell’Arte, con speciale riferimento a questi due grandi Artisti, giganti del loro e di ogni tempo, e verso i quali, ognuno di noi, sotto l’aspetto culturale, tutti, abbiamo un debito enorme.
E’ un “debito” che andrebbe onorato: immancabilmente, non vi sono deroghe.
Augurandomi di ricevere un suo riscontro, colgo l’occasione per porgerle cordiali saluti.
Galiano Albertin.
Da: Galiano Albertin
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