Storia di uno stimato artista deceduto per un cancro ai polmoni
Messaggio per Massimo Gramellini
Sabato 6 febbraio 2021 08:28:31
Egregio Signor Gramellini.
sono la mamma di uno stimato artista purtroppo deceduto a soli 58 anni il 19 luglio scorso per un maledetto cancro ai polmoni. Un pittore, scultore che ha lasciato la testimonianza di sé e del suo lungo lavoro attraverso opere sparse in molti luoghi e paesi e che al momento della dipartita ha ricevuto molte lusinghiere attestazioni di stima sui più autorevoli giornali italiani… …attestazioni lusinghiere, dicevo, che mi hanno persino sorpresa, ma, come sempre accade per gli artisti, decisamente tardive.
Questo comunque è stato un bel riconoscimento, quasi un urlo al mondo per quello che mio figlio ha dato incondizionatamente all’arte durante tutta la sua vita. Urlo che si è potuto “sentire” anche attraverso il calore e la partecipazione di tante persone al suo funerale nella Chiesa degli artisti di Piazza del Popolo, nonostante le terribili restrizioni imposte dal momento che hanno reso “strano” un semplice e consolatorio abbraccio.
Ma tutto ciò vale davvero poco per confortare una madre, costretta al più innaturale dei lutti, sopravvivere a un figlio, dopo averne già perso un altro, tanti anni fa, a 17 anni per un incidente stradale. Per una mamma non è importante sapere se era un grande artista o un miserabile: lo stridio delle frasi che si spezzano a metà quando stai per chiamarlo per un caffè, un “brodino” come diceva lui, e poi rimandi tutto giù come un boccone di fiele, è egualmente, terribilmente doloroso, così come la sensazione soffocante di aver dimenticato qualcosa e frughi ovunque, e cerchi disperatamente ma proprio non ti raccapezzi e ti senti persa.
Il mio non vuole essere un “pianto antico”, ma una rivendicazione al ricordo: siamo tutti così schiacciati da eventi, volti, drammi, che un lutto finisce per essere solo un filo d’erba in un campo di gramigna.
Ecco, io ho pensato di “ raccontare” a lei per la sua puntuale e quasi rara sensibilità, qualcosa di mio figlio. Si chiamava, anzi si chiama, Oreste Casalini.
La sua vita non è stata certo facile e non solo dal punto di vista professionale, segnata come quella di tutti noi, dalla perdita improvvisa di un fratello con cui aveva un rapporto quasi simbiotico.
Sei anni fa ha avuto la gioia più grande: diventare padre di un bambino delizioso che ha voluto chiamare Vasili, come il suo pittore preferito.
Questo avvenimento ha influenzato enormemente la sua vita riportandolo a vivere vicino a noi e ha condizionato la sua produzione artistica in maniera molto significativa, tanto che in quasi tutte le sue opere si avverte come una presenza altra, un “doppio” come lo hanno definito alcuni critici.
Ovviamente la scoperta della malattia lo ha travolto e questi ultimi due anni li ha vissuti in totale simbiosi con il bambino, trasferendo sulle tele l’enorme quantità di emozioni che stava vivendo,
Per lui ha realizzato una serie di opere esposte nell’ultima mostra “Per sempre” alla Kou Gallery di Roma nel dicembre del 2019, in alcune delle quali due volti si intrecciano in un abbraccio infinito di “padre in figlio”, come lui stesso le ha intitolate.
Un artista, pittore, scultore, scrittore e direi anche un gran parlatore … riusciva a trovare un punto di vista nuovo, diverso sui più disparati argomenti, dai più “seri” a quelli più banali della quotidianità, a volte anche con prepotenza ed arroganza, ma lasciandoti sempre infiniti spunti su cui riflettere, così da rendere ancora più forte e permeante la sua presenza. La sua presenza e il suo ricordo, che io vorrei in qualche modo onorare soprattutto attraverso quello che più di tutto parla di lui, le sue opere. E vorrei gridare al mondo che questa piccola particella dell’universo ha lasciato dietro di sé una scia luminosa che si chiama arte, quella vera, quella disinteressata, quella pulita, quella fuori da tutti gli schemi precostituiti.
Forse sono una illusa, probabilmente questa mia lettera cadrà nel dimenticatoio come mille altre, ma alla mia verde età di 84 anni sento ancora forte il desiderio di essergli utile, di agire, di non lasciare niente di intentato affinché il velo inesorabile del tempo non lo avvolga nell’oblio.
Sicuramente questo è un MIO desiderio, magari lui, schivo come era, non lo avrebbe neanche voluto, ma sono una mamma, orfana di figlio per due volte, un colpo della natura così crudele che non esiste un termine che lo indichi. Anche se da qualche parte ho letto “sfiliazione”. Non mi dispiace, come una persona cui vengono sfilati via dalla pelle i figli e insieme a loro i fili di respiro, il suono delle loro risate, gli scontri quando c’erano disaccordi, gli abbracci consolatori… fili di vita che uno a uno vengono trinciati via.
E puoi solo restare a guardare, esterrefatto, incredulo.
In attesa di raggiungerlo, vorrei solo ricordarne ad alta voce il nome: Oreste, Oreste Casalini. Il mio filo d’erba nel campo di gramigna.
Grata per l’attenzione che vorrà prestarmi, mi permetto di salutarla con affetto.
Elvira Bova Casalini
P. S.
Uno dei suoi scritti più recenti recita così: “Un’opera è sempre il risultato di un desiderio smisurato, la natura stessa della meraviglia si nasconde in questo segreto, il piacere semplice di fare il meglio, tendere al meglio come atto di devozione e rispetto per il lavoro, una azione rituale, tra le righe, nello spazio del non richiesto, quel che è essenziale per non morire di sola materia. ”
sono la mamma di uno stimato artista purtroppo deceduto a soli 58 anni il 19 luglio scorso per un maledetto cancro ai polmoni. Un pittore, scultore che ha lasciato la testimonianza di sé e del suo lungo lavoro attraverso opere sparse in molti luoghi e paesi e che al momento della dipartita ha ricevuto molte lusinghiere attestazioni di stima sui più autorevoli giornali italiani… …attestazioni lusinghiere, dicevo, che mi hanno persino sorpresa, ma, come sempre accade per gli artisti, decisamente tardive.
Questo comunque è stato un bel riconoscimento, quasi un urlo al mondo per quello che mio figlio ha dato incondizionatamente all’arte durante tutta la sua vita. Urlo che si è potuto “sentire” anche attraverso il calore e la partecipazione di tante persone al suo funerale nella Chiesa degli artisti di Piazza del Popolo, nonostante le terribili restrizioni imposte dal momento che hanno reso “strano” un semplice e consolatorio abbraccio.
Ma tutto ciò vale davvero poco per confortare una madre, costretta al più innaturale dei lutti, sopravvivere a un figlio, dopo averne già perso un altro, tanti anni fa, a 17 anni per un incidente stradale. Per una mamma non è importante sapere se era un grande artista o un miserabile: lo stridio delle frasi che si spezzano a metà quando stai per chiamarlo per un caffè, un “brodino” come diceva lui, e poi rimandi tutto giù come un boccone di fiele, è egualmente, terribilmente doloroso, così come la sensazione soffocante di aver dimenticato qualcosa e frughi ovunque, e cerchi disperatamente ma proprio non ti raccapezzi e ti senti persa.
Il mio non vuole essere un “pianto antico”, ma una rivendicazione al ricordo: siamo tutti così schiacciati da eventi, volti, drammi, che un lutto finisce per essere solo un filo d’erba in un campo di gramigna.
Ecco, io ho pensato di “ raccontare” a lei per la sua puntuale e quasi rara sensibilità, qualcosa di mio figlio. Si chiamava, anzi si chiama, Oreste Casalini.
La sua vita non è stata certo facile e non solo dal punto di vista professionale, segnata come quella di tutti noi, dalla perdita improvvisa di un fratello con cui aveva un rapporto quasi simbiotico.
Sei anni fa ha avuto la gioia più grande: diventare padre di un bambino delizioso che ha voluto chiamare Vasili, come il suo pittore preferito.
Questo avvenimento ha influenzato enormemente la sua vita riportandolo a vivere vicino a noi e ha condizionato la sua produzione artistica in maniera molto significativa, tanto che in quasi tutte le sue opere si avverte come una presenza altra, un “doppio” come lo hanno definito alcuni critici.
Ovviamente la scoperta della malattia lo ha travolto e questi ultimi due anni li ha vissuti in totale simbiosi con il bambino, trasferendo sulle tele l’enorme quantità di emozioni che stava vivendo,
Per lui ha realizzato una serie di opere esposte nell’ultima mostra “Per sempre” alla Kou Gallery di Roma nel dicembre del 2019, in alcune delle quali due volti si intrecciano in un abbraccio infinito di “padre in figlio”, come lui stesso le ha intitolate.
Un artista, pittore, scultore, scrittore e direi anche un gran parlatore … riusciva a trovare un punto di vista nuovo, diverso sui più disparati argomenti, dai più “seri” a quelli più banali della quotidianità, a volte anche con prepotenza ed arroganza, ma lasciandoti sempre infiniti spunti su cui riflettere, così da rendere ancora più forte e permeante la sua presenza. La sua presenza e il suo ricordo, che io vorrei in qualche modo onorare soprattutto attraverso quello che più di tutto parla di lui, le sue opere. E vorrei gridare al mondo che questa piccola particella dell’universo ha lasciato dietro di sé una scia luminosa che si chiama arte, quella vera, quella disinteressata, quella pulita, quella fuori da tutti gli schemi precostituiti.
Forse sono una illusa, probabilmente questa mia lettera cadrà nel dimenticatoio come mille altre, ma alla mia verde età di 84 anni sento ancora forte il desiderio di essergli utile, di agire, di non lasciare niente di intentato affinché il velo inesorabile del tempo non lo avvolga nell’oblio.
Sicuramente questo è un MIO desiderio, magari lui, schivo come era, non lo avrebbe neanche voluto, ma sono una mamma, orfana di figlio per due volte, un colpo della natura così crudele che non esiste un termine che lo indichi. Anche se da qualche parte ho letto “sfiliazione”. Non mi dispiace, come una persona cui vengono sfilati via dalla pelle i figli e insieme a loro i fili di respiro, il suono delle loro risate, gli scontri quando c’erano disaccordi, gli abbracci consolatori… fili di vita che uno a uno vengono trinciati via.
E puoi solo restare a guardare, esterrefatto, incredulo.
In attesa di raggiungerlo, vorrei solo ricordarne ad alta voce il nome: Oreste, Oreste Casalini. Il mio filo d’erba nel campo di gramigna.
Grata per l’attenzione che vorrà prestarmi, mi permetto di salutarla con affetto.
Elvira Bova Casalini
P. S.
Uno dei suoi scritti più recenti recita così: “Un’opera è sempre il risultato di un desiderio smisurato, la natura stessa della meraviglia si nasconde in questo segreto, il piacere semplice di fare il meglio, tendere al meglio come atto di devozione e rispetto per il lavoro, una azione rituale, tra le righe, nello spazio del non richiesto, quel che è essenziale per non morire di sola materia. ”
Da: Elvira Bova Casalini
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