Una giornata da ladra di centimetri
Messaggio per Massimo Gramellini
Domenica 9 maggio 2021 08:41:23
Sono la mamma di una bambina diabetica, la figlia di un padre morto durante il lockdown e oggi, anche la figlia ladra di una madre malata di Alzehimer.
Ho avuto contatti con la Sanità pubblica da sempre, per mia sfortuna, ma questa riflessione aperta non è uno sfogo né una necessità di compatimento. Vuole essere la fotografia di un momento difficile e da guardare con Speranza (anche come massima istituzione della Sanità pubblica!).
Mia figlia ha avuto il suo esordio a 5 anni. Sono uscita dal Bambin Gesù con mia figlia sulla mano destra e uno zaino sulla sinistra pieno di aghi, e strumenti di cui non sapevo cosa fare. Sapevo solo che tutto quello che mi era stato detto non era molto chiaro per me e il mio compagno e che potevo fare degli errori irreparabili.
Due giorni dopo ero al Policlinico Torvergata, in un atrio di un padiglione pieno di gnomi e fatine sui muri, accolta da un equipe di medici che ci hanno presi e curati tutti … diabete o no. Hanno curato il fisico e la mente e ci hanno restituito la dignità e il valore di famiglia che avevamo perso in 5 giorni di disgregazione totale.
Durante il lockdown sono corsa in ospedale per mio padre. Sapevo che era stato portato in ambulanza e sapevo che stava male. Non aveva il covid, ma davanti a me, quella mattina, solo una porta a vetri chiusa e una fila di parenti con buste in mano da consegnare e domande da porre a uomini e donni senza più volti.
Eravamo tutti solo occhi spauriti.
Io non ne ho fatte molte di domande anche perché non avevo molte informazioni, ma un medico mi ha invitato ad entrare in reparto. Entravo solo io. Mi è stato detto di stare solo un minuto e quel minuto ha consegnato a me, e alla mia memoria, la consapevolezza e il valore di un saluto di commiato. Quello che tanti non hanno avuto la fortuna di lasciare in questo periodo!
Salutare qualcuno che si conosce è educazione, accompagnare alla morte un padre è un atto necessario. Ti fa sentire meno in colpa per il fatto di rimanere vivo, con il suo solo ricordo.
Sabato, dopo sette lunghi mesi, e dopo aver seguito una scrupolosa procedura preingresso comprensiva di tampone, prevista dal dittatore sanitario (concedetemi la licenza poetica), sono andata nella struttura dove mia madre soggiorna. Avevo un mazzo di fiori in mano e un sacco pieno di vestiti.
I fiori erano per la festa della mamma. Ma la mia poesia e l’emozione che mi aveva portato a non dormire la sera precedente, si è ben presto incontrata con la realtà di una regola ferrea. Un metro di distanza.
Sono entrata in un atrio, sorvegliata a vista dal dittatore sanitario e da un altro medico, e mia madre è stata posta ad un metro da me. Lei non parla, non mi riconosce, ma forse può sentirmi. Mi è stato però ricordato di non toccarla e non avvicinarla in alcun modo, perché quella è la regola. E allora cerco tra i ricordi veloci dei miei libri di giurisprudenza e da qui la mia riflessione. Non ricordo una regola che impone un metro di distanza dalla propria mamma a meno di un provvedimento specifico. C’era invece una regola scritta sulla nostra Costituzione che parlava di diritto alla salute, come di un diritto fondamentale per l’individuo, ma forse mi chiedo se questo diritto contemplasse il diritto al calore umano!
“sa, c’è il Covid…” mi ricorda la psicologa della struttura. Come se qualcuno di noi potesse mai averlo dimenticato! E allora mi chiedo se chi mi sta davanti sta curando mia madre o sta proteggendo il suo capitale, dal momento che pago 2. 300 euro al mese per non vederla più!. Ma non avrò risposta e se l’avrò, sarà che in questo momento è necessario per la salute di tutti. E allora forse, dopo questo periodo dovremo rivedere qualcosa. Il diritto alla salute dovrà essere tirato a lucido, rispolverato e rinfrescato perché nel frattempo si sarà portato via il diritto alla cura, all’affetto, alle carezze, in nome del diritto o del dovere a rimanere in vita (come nel caso di mia madre). E allora io cerco di avanzare. Un centimetro per volta e cerco di ingannare la sensazione che ho, di non rispettare una regola.
Nel frattempo io rimango in attesa di vedere sul sito della Regione Lazio una ordinanza che mi restituisca il diritto ad abbracciare mia madre, prima che muoia.
P. S. La struttura di Torvergata è stata chiusa
Alda Moretti
Ho avuto contatti con la Sanità pubblica da sempre, per mia sfortuna, ma questa riflessione aperta non è uno sfogo né una necessità di compatimento. Vuole essere la fotografia di un momento difficile e da guardare con Speranza (anche come massima istituzione della Sanità pubblica!).
Mia figlia ha avuto il suo esordio a 5 anni. Sono uscita dal Bambin Gesù con mia figlia sulla mano destra e uno zaino sulla sinistra pieno di aghi, e strumenti di cui non sapevo cosa fare. Sapevo solo che tutto quello che mi era stato detto non era molto chiaro per me e il mio compagno e che potevo fare degli errori irreparabili.
Due giorni dopo ero al Policlinico Torvergata, in un atrio di un padiglione pieno di gnomi e fatine sui muri, accolta da un equipe di medici che ci hanno presi e curati tutti … diabete o no. Hanno curato il fisico e la mente e ci hanno restituito la dignità e il valore di famiglia che avevamo perso in 5 giorni di disgregazione totale.
Durante il lockdown sono corsa in ospedale per mio padre. Sapevo che era stato portato in ambulanza e sapevo che stava male. Non aveva il covid, ma davanti a me, quella mattina, solo una porta a vetri chiusa e una fila di parenti con buste in mano da consegnare e domande da porre a uomini e donni senza più volti.
Eravamo tutti solo occhi spauriti.
Io non ne ho fatte molte di domande anche perché non avevo molte informazioni, ma un medico mi ha invitato ad entrare in reparto. Entravo solo io. Mi è stato detto di stare solo un minuto e quel minuto ha consegnato a me, e alla mia memoria, la consapevolezza e il valore di un saluto di commiato. Quello che tanti non hanno avuto la fortuna di lasciare in questo periodo!
Salutare qualcuno che si conosce è educazione, accompagnare alla morte un padre è un atto necessario. Ti fa sentire meno in colpa per il fatto di rimanere vivo, con il suo solo ricordo.
Sabato, dopo sette lunghi mesi, e dopo aver seguito una scrupolosa procedura preingresso comprensiva di tampone, prevista dal dittatore sanitario (concedetemi la licenza poetica), sono andata nella struttura dove mia madre soggiorna. Avevo un mazzo di fiori in mano e un sacco pieno di vestiti.
I fiori erano per la festa della mamma. Ma la mia poesia e l’emozione che mi aveva portato a non dormire la sera precedente, si è ben presto incontrata con la realtà di una regola ferrea. Un metro di distanza.
Sono entrata in un atrio, sorvegliata a vista dal dittatore sanitario e da un altro medico, e mia madre è stata posta ad un metro da me. Lei non parla, non mi riconosce, ma forse può sentirmi. Mi è stato però ricordato di non toccarla e non avvicinarla in alcun modo, perché quella è la regola. E allora cerco tra i ricordi veloci dei miei libri di giurisprudenza e da qui la mia riflessione. Non ricordo una regola che impone un metro di distanza dalla propria mamma a meno di un provvedimento specifico. C’era invece una regola scritta sulla nostra Costituzione che parlava di diritto alla salute, come di un diritto fondamentale per l’individuo, ma forse mi chiedo se questo diritto contemplasse il diritto al calore umano!
“sa, c’è il Covid…” mi ricorda la psicologa della struttura. Come se qualcuno di noi potesse mai averlo dimenticato! E allora mi chiedo se chi mi sta davanti sta curando mia madre o sta proteggendo il suo capitale, dal momento che pago 2. 300 euro al mese per non vederla più!. Ma non avrò risposta e se l’avrò, sarà che in questo momento è necessario per la salute di tutti. E allora forse, dopo questo periodo dovremo rivedere qualcosa. Il diritto alla salute dovrà essere tirato a lucido, rispolverato e rinfrescato perché nel frattempo si sarà portato via il diritto alla cura, all’affetto, alle carezze, in nome del diritto o del dovere a rimanere in vita (come nel caso di mia madre). E allora io cerco di avanzare. Un centimetro per volta e cerco di ingannare la sensazione che ho, di non rispettare una regola.
Nel frattempo io rimango in attesa di vedere sul sito della Regione Lazio una ordinanza che mi restituisca il diritto ad abbracciare mia madre, prima che muoia.
P. S. La struttura di Torvergata è stata chiusa
Alda Moretti
Da: Alda Moretti
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