La sanità nella morsa del potere delle regioni

Messaggio per Carlo Calenda

Venerdì 25 dicembre 2020 12:00:05
Caro Carlo,
Sono un medico ospedaliero appena andato in pensione. La mia famiglia è sempre stata socialista. Io, invece, mi considero un liberale. Potrei quindi definirmi un liberal-socialista. Ahimè, questi due partiti non esistono più. E’ per questo che nutro simpatia nei suoi confronti. Ho letto il suo CV e spero che alla base del suo pensiero politico ci siano queste idee fondamentali. La politica è cambiata. Se non c’è ideologia non c’è appartenenza. Oggi, c’è chi vota come un partito come comprasse un detersivo. Le uniche forme di appartenenza sono quelle regionalistiche (almeno dalle mie parti). Tutti parlano di “territorio” che è una bella e valorizzante parola. Nessuno però parla più di Patria. Sono convinto che siamo dentro a uno squilibrio democratico tra l’amministrazione regionale e quella nazionale. La sanità è il più classico degli esempi. Le manderei una cartolina che fotografa questo sistema di “eccellenza” e, direi, di potere. Mi sono limitato a semplici “dati di fatto” o, se si vuole, ad “ovvietà”.
La struttura simbolica del sistema sanitario: il totem dell’azienda:
1. Azienda è un termine che implica un profitto. La salute è un bene primario e applicare questo termine alla salute non ha alcun senso;
2. Se la sanità è gestita come un’azienda, allora i cittadini sono dei “clienti” e, a loro, non è dato di vedere il retrobottega ma solo la vetrina;
3. L’azienda presuppone manager; in una cultura dove è scontata la superiorità etica e morale di ciò che è privato rispetto a ciò che è pubblico, ci sono frequenti atteggiamenti padronali;
4. Il risparmio non può essere considerato alla stregua dell’efficienza.
La gerarchia che sta alla base della governance della sanità
1. La legge stabilisce la separazione tra il ruolo di indirizzo e controllo della politica da quello esecutivo dell’amministrazione. Quando vedi un governatore con la tuta della protezione civile capisci che il limite è già stato passato;
2. Il Governatore sceglie i DG da una lista di idonei. Stabilisce un rapporto fiduciario che implica appartenenza. Ne deriva che i DG non sono indipendenti.
3. In una situazione di stabilità e di continuità da parte della stessa compagine politica all’interno di una regione, il rapporto fiduciario diventa fidelizzazione. I DG sono sempre i soliti noti e, finita la musica, cambiano solo la sedia;
4. La partecipazione dei cittadini avviene solo per mezzo delle rappresentanze sindacali o gli organi politici (Collegio dei sindaci) ovvero non avviene per nulla;
5. I primari sono selezionati sulla base dell’opportunità (politica o personale). Di fatto, con il contratto che scade ogni 5 anni, sono sotto ricatto;
6. I medici sono imbavagliati da un contratto di natura privata che prevede il licenziamento nel caso denuncino malfunzionamenti e disorganizzazione;
7. Vi è spesso una macchina del consenso attuata per mezzo di un’informazione compiacente, da qualche giornalista pennivendolo o di giornali di parte.
8. I sindacati dei medici ospedalieri sono accucciati ai piedi dei politici.
Il sistema di potere dei Vassalli, dei Valvassini e dei Valvassori
1. Il presenza del leader politico, con i suoi valori, il suo paternalismo, i confini del suo ego è palpabile. La catena del comando è corta. Ad esempio, un sindaco chiama il governatore (per favori o lamentele) ; costui chiama il DG che chiama il primario che, a sua volta, chiama il medico. Costui deve giustificarsi a priori nel caso di lamentele o prestarsi come un utile servo nel caso vi sia la richiesta di favori;
2. I giornalisti intervistano sempre i DG o i DS. Il merito di qualsiasi cosa, fosse anche un intervento chirurgico rivoluzionario, è sempre dei politici;
3. Nulla deve andare sui giornali. Quando un fatto finisce sui giornali comincia la caccia al capro espiatorio e la sua testa è esibita ai cittadini. La responsabilità organizzativa non esiste. Esiste solo la responsabilità del medico.
4. Il clima nelle aziende è rappresentabili per mezzo di due compagini: da una parte i primari che esprimono compiacimento e reticenza; tutti gli altri subiscono con passività. Nel tempo, si è affermata un’attitudine all’adattamento e all’obbedienza. Si vive come in fabbrica: si timbra, si lavora, si stimbra, si va a casa.
Conclusione:
C’è un’oligarchia che gestisce risorse e ha un potere feudale sulle aziende sanitarie. C’è un diffuso consociativismo e una rete di clientele. Passata la tempesta del COVID, ci s’interrogherà se vale la pena di fare, non dico una riforma, ma un piccolo tagliando al SSN. Già il punto è il seguente: che cosa dovrebbe cambiare? Ci sarà come contentino un aumento degli organici, un allargamento dell’imbuto formativo. Di sicuro il sistema di comando/controllo sull’assistenza ospedaliera rimarrà uguale. La sanità regionale è nelle mani e nella disponibilità dei politici regionali. Ci sono pure medici che lavorano più tempo di quello per cui sono pagati (prima per effetto dei tagli, poi per l’emergenza COVID). A nessuno passerà certo per la testa di cambiare una virgola. Anzi, semmai si tenterà di estendere il contratto di dipendenza anche ai medici del territorio. Se costoro non sono ammattiti, tuttavia, ciò non avverrà mai.
Da: Andrea Tramarin

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