Transizione ecologica e transizione elettrica

Messaggio per Carlo Calenda

Giovedì 23 giugno 2022 11:08:19
Gentile Dotto. Calenda,
le invio alcune mie riflessioni fatte circa 6 mesi fa, quindi molto prima del voto all'Europarlamento a favore del FIT for 55 nel quale è stato bocciato l'emendamento che avrebbe permesso una transizione elettrica più mormida mediante l'utilizzo di biocarburanti.

In base a quanto pianificato da UE, la transizione verso una mobilità totalmente elettrica subirà una accelerazione nei prossimi anni, soprattutto a partire dal 2030: è verosimile uno scenario per il quale nel 2040 la quasi totalità delle automobili circolanti in Europa saranno ZEV full electric.
• In Italia circolano oggi circa 40milioni di automobili, al momento la grandissima parte ancora dotate di un motore endotermico (eventualmente ibride).
• La percorrenza media annua di un’automobile è di circa 12. 500Km
• Un’auto full electric percorre mediamente 5Km con un kWh di energia.
Questi dati ci danno un’idea piuttosto precisa di quanta energia/anno sarà necessario produrre per poter alimentare le batterie del parco auto italiano.
Tenuto conto delle perdite di carico della rete (circa 5. 8%), del rendimento dei sistemi di ricarica (un valore oggi compreso tra 80% e 85%), l’energia che dovrà essere prodotta per ricaricare le batterie di 40milioni di auto elettriche è circa 130TWh in un un anno, praticamente il totale di quanto utilizzato oggi da tutte le industrie italiane in un anno.
Nel 2019 l’energia richiesta da tutto il sistema Italia per il fabbisogno nazionale è stato di circa 320TWh

Nei prossimi 20 anni sarà quindi necessario passare da 320TWh a 450TWh, il che significa aumentare la disponibilità di energia in Italia di circa il 40%.
Ipotizzando un incremento costante di anno in anno, questo vuol dire che ogni anno dovremo produrre circa il 1. 7% in più dell’anno precedente, un aumento annuo quasi doppio rispetto a quello che normalmente è avvenuto in passato.
Inoltre questi 450ThW dovranno essere prodotti limitando al massimo (o eliminando del tutto) le fonti energetiche ricavate da combustibile fossile, il che rende l’obiettivo praticamente impossibile da raggiungere in Italia con l’attuale trend.

Questo è un primo dato sul quale riflettere e concludere che non c’è assolutamente tempo da perdere per pianificare la nascita di nuove centrali (nucleari a sicurezza intrinseca?), altrimenti nei prossimi anni ci toccherà importare quantità enormi di energia dall’estero.

Un altro dato, direi meno prevedibile ma altrettanto critico, è quello relativo al dispacciamento di questo 40% in più di energia che, penso, si potrà realizzerà in 2 modalità principali.

 una rete capillare che riguarderà decine di migliaia di colonnine a bassa potenza (6/10kW) ubicate sul territorio nazionale: pensiamo alle colonnine nei condomini, o a quelle nei parcheggi dei supermercati o centri commerciali.
Questo elevatissimo numero di colonnine (a bassa potenza) porterà ad un aumento decisamente significativo della rete in termini di km di cavi e portata in corrente degli stessi.
 Distributori di energia ad elevata capacità: oggi, in Italia ci sono 2000 distributori di carburante, il doppio di quanti ne esistono in Francia, Germania, Spagna. Sicuramente con la transizione elettrica il numero calerà di molto, proprio per la presenza di altre fonti di approvvigionamento sopra citate.
Possiamo ipotizzare qualche centinaio di grandi distributori elettrici con colonnine ad alta potenza, 800kW a colonnina, per permettere una ricarica di un serbatoio elettrico da circa 130kWh (oggi le le batterie delle auto con maggiore percorrenza hanno questa capacità, ma sicuramente questo valore aumenterà negli anni) in circa 12/15 minuti.
Se consideriamo che un distributore di energia avrà almeno 8 colonnine da 800kW di potenza, si tratta di considerare una potenza circa 7/8MW a distributore, potenza garantita in servizio praticamente continuo, una piccola centrale elettrica per ogni distributore. Uno scenario potrebbe essere quello nel quale ogni distributore si produca l’energia in loco ma questo, pur pensando a sistemi di accumulazione, significherà che ogni distributore avrà la propria centrale elettrica (nucleare) per produrre i MW necessari per alimentare le colonnine.
Un altro scenario è quello di portare i MW attraverso la rete elettrica che, a questo punto, andrà dimensionata per poter avere la portata necessaria: questa seconda ipotesi è tecnicamente assolutamente percorribile, ma saranno necessari infrastrutture di rete decisamente importanti.

Da ultimo, e questa è una considerazione che guarda soprattutto ai livelli occupazionali, in questi giorni fioccano gli appelli da parte di molte industrie automobilistiche (Stellantis in testa) ad allungare i tempi per la transizione elettrica: sia per gli enormi investimenti richiesti alla case automobilistiche, sia per il gran numero di posti di lavoro che verranno persi, sia per le preoccupazioni sulla reale capacità di avere in pochi anni una rete di colonnine di ricarica davvero capillare.
In un ottica economica, il predominio tecnico del settore auto tutt’ora in mano all’Europa, vedrà la Cina in grande vantaggio nella transizione elettrica sia sul fronte della produzione di batterie, sia sul fronte dei materiali per la costruzione dei motori elettrici, in particolare le terre rare che servono per produrre i magneti in Neodimio Ferro Boro utilizzati appunto nei motori sincroni di trazione.

Se poi consideriamo anche l’elettrificazione dei motocicli/motoveicoli e quella del trasporto su gomma ovviamente tutto si complica ancora di più.

Riassumendo, a mio modo di vedere, la transizione elettrica non presenta problematiche tecnologiche estremamente difficili, al contrario le soluzioni sono già conosciute e potranno sicuramente migliorare negli anni.
I rischi veri sono:
• i tempi di realizzo attualmente stabiliti da UE per la completa trasformazione elettrica:
o 20 anni soltanto, un tempo davvero limitato, soprattutto se, e lo dico conscio del fatto che l’affermazione non è scontata o banale, il nostro Paese non prenderà in considerazione anche la strada del nucleare, strada che, sia nel referendum del 1987 che in quello del 2011, gli italiani hanno bocciato.
La domanda alla quale io non so rispondere è: quali realistiche ed attuabili alternative al nucleare si hanno per produrre almeno 450TWh/anno senza l’utilizzo di combustibili fossili?
o 20 anni soltanto per creare quasi dal nulla una rete capillare di colonnine e una rete significativa di grandi distributori di energia fast charger ciascuno dei quali dovrà gestire potenze di circa 7/8MW in un contesto anche normativo/burocratico che sicuramente non facilità le cose in Italia.
• I’impatto economico sull’industria automobilistica europea e i posti di lavoro che saranno sicuramente messi a rischio nella riconversione del sistema produttivo del settore automotive con il conseguente incremento della potenza tecnologica/economica della Cina.

Insomma, non c’è tempo da perdere ed è fondamentale attuare le strategie corrette perché non ci sono grandi margini di errore.

Questo 6 mesi fa: sono trascorsi 6 mesi e la prospettiva, dopo il voto Europeo, è persino peggiorata: stiamo andando verso un disastro economico e a Roma pensano esclusivamente a come fare alleanze che diano il migliori risultato in termini di seggi.
Solo pochissimi, tra i quali lei, Dott. Calenda, dimostrano di capire la criticità della situazione
In questo caso Buon Senso non fa rima con Consenso, ahimè... e ne pagheremo tutti le coseguenze, in modo pensatissimo.
Da: Gianpietro Pacinotti

Rispondi a Gianpietro Pacinotti

Scrivi un nuovo messaggio a Carlo Calenda

Altri messaggi recenti per Carlo Calenda

Leggi tutti i messaggi per Carlo Calenda

Commenti Facebook