Siccità in Val d'Enza
Messaggio per Mario Giordano
Martedì 2 marzo 2021 18:11:21
Egr. dott. Mario Giordano
La ringrazio per la concreta possibilità di inviare messaggi e commenti in estrema libertà, cosa rara oggigiorno.
Mi permetto di saturare un angolo della sua pazienza, o di quella dei suoi collaboratori, portare alla vostra conoscenza un problema di notevole gravità che coinvolge una ampia porzione di territorio della media pianura che, sia da sponda Reggiana quanto da quella Parmigiana, fronteggiano il torrente Enza che divide le due provincie limitrofe. Questa zona, è allocata al centro della zona più tipica per la produzione di una delle più note produzioni di alto livello gastronomico ovvero il Parmigiano-Reggiano. Bene, a ragion veduta questa nicchia sacrosanta di territorio agricolo dovrebbe godere delle più alte attenzioni da parte delle competenti autorità Regionali e questo infatti viene ribadito ogniqualvolta questi Signore e Signori intervengano pubblicamente ma esiste una faccia oscura della Luna Emiliana che è bene ed assolutamente vietato citare o indagare. Ci si riferisce alla sempre incombente siccità estiva che pende, come una immane spada di Damocle, sulla testa degli agricoltori di questo areale ad ogni estate che si presenta. Sembra strano ma i grandi prati che forniscono erba e fieno di pregio, alla base della produzione lattiero-casearia, rischiano ogni anno di più di essere compromessi da una scarsità d'acqua che potrebbe decretare la loro scomparsa con conseguenze inimmaginabili per l'ambiente e le produzioni agricole citate.
I prati che si osservano percorrendo le strade di media pianura, tra le prime propaggini dell'Appennino e la via Emilia, non sono, come facilmente si potrebbe immaginare, opera di Madre Natura, ma invece sono il frutto del lavoro secolare dell'uomo che ha livellato, alzando ed abbassando ad arte il terreno formando un complessissimo sistema di micro terrazzamenti scolanti per consentire una irrigazione puntuale di questi prati polifiti.
Prati polifiti antichi, perennemente curati e concimati, con soli materiali e sistemi naturali, in cui si possono contare circa 70/80 specie di erbe diverse che convivono e rendono così pregiati le erbe ed i fieni che qui si producono. Questo insieme di territorio produttivo potrebbe assimilarsi alle risaie dell'estremo oriente che tanta meraviglia destano in chi le osserva e le commenta.
Bene questo quadro agreste di pace bucolica vive soprattutto in funzione dell'uso efficiente e parsimonioso dell'acqua che deriva dal Torrente Enza. Un corso d'acqua di limitata lunghezza ed estensione di bacino imbrifero ma, se la piovosità primaverile lo permette, bastante a saturare i bisogni irrigui e di approvvigionamento idrico-potabile, delle zone ad esso sottese. La contrazione dello scorrere di queste acque, molto pulite e salubri, è divenuto via via più contenuto tanto da determinare, già dal finire del 1800, una serie di studi per la realizzazione di una diga, a monte, con cui originare un invaso capace di soddisfare i bisogni idrici della vallata dell'Enza. Le vicissitudini per la costruzione di questo bacino si sono trascinate sino agli anni settanta del secolo scorso, anni in cui l'allora Ente di Bonifica Bentivoglio-Enza commissionò un progetto per la realizzazione dello sbarramento sull'Enza. Progetto eseguito, approvato dalla Committenza, finanziato, ma artatamente boicottato da uno strumentale movimento "Ambientalista" avverso alla realizzazione con motivi pretestuosi ed immotivati al punto che all'esame della Corte di Cassazione, a Camere riunite, nulla di quanto obbiettato venne ritenuto degno della minima considerazione e quindi si ammise in pieno il diritto di costruire lo sbarramento. Ma ancora una volta si erano fatti i conti senza l'oste! !
Poteva, nella gloriosa patria del Sole dell'Avvenire Comunista essere accettata una costruzione che avveniva con una committenza di un Ente di Bonifica a conduzione Democristiana, con una gara di appalto vinta da una ditta privata come la Pizzarotti notoriamente capitalistica e che poi, udite, udite, avrebbe addirittura gestito la derivazione delle acque del futuro bacino e la loro partizione ai vari Consorzi Privati che erano formati da Coltivatori Diretti? Mai e poi mai!!!
La gloriosa Regione Rossa con atto di prodigioso coraggio proletario fermò i lavori, erano state eseguite le sole opere di fondazione, restituì i fondi stanziati dallo Stato Borghese e lasciò che le acque scorressero a tutt'oggi libere al Po !!!
Nemmeno Giovannino Guareschi sarebbe stato capace di assegnare a Peppone Bottazzi una simile miope cocciutaggine politica !!!
Però alle scorse elezioni, visto il malcontento serpeggiante tra agricoltori ed anche popolazione che assisteva inerme al prosciugarsi estivo del torrente, con tempi sempre più lunghi, la stessa Regione ammise la necessità di attuazione di un invaso a monte, promise la realizzazione in tempi brevi, sembrava si fosse finalmente trovata una quadra per la costruzione della "Diga di Vetto" (si pensa che questa opera sia alla base del Covid) ma improvvisamente, dopo lo spoglio delle schede elettorali, ci si rimangiò tutto asserendo la necessità di un nuovo progetto con diverso dimensionamento dell'invaso. Quindi altri anni per il progetto, per le gare, per la determinazione dell'Ente Gestore (si pensa udite, udite, ma sussurrando forse IREN?) e poi per la difficile operazione di domare la riottosità dei Consorzi di Miglioramento Fondiario ed Irrigui Privati della Val d'Enza.
Caro Dottore tenga conto che questi Consorzi Privati, sempre gestiti dai contadini locali, sono leggermente antichi, (documentazioni di concessione di prelievo di uno di essi riscontrabili nel testamento del vescovo di Parma Vidibodo, nipote di Carlomagno, fine del IX° secolo dopo Cristo) regolati secondo gli statuti plurisecolari assolutamente democratici e sempre scrupolosamente applicati quali che fossero i sistemi politici in essere.
Questo e tanto altro avremmo da dire, ma ci è venuta sete, soprattutto pensando a quanto ci aspetterà la prossima estate! L'insieme delle persone industrie alimentari, cittadini che contano sul prelievo idropotabile (Parma lo scorso anno ha rischiato di vedere applicato il razionamento idrico alla città), contadini ed altri operatori non agricoli assommano ad un totale diretto di circa 20. 000 persone cui andrebbero sommati i forse razionati abitanti di Parma.
Vorremmo davvero parlarle di questa assurda storia di ottuso e vetero Comunismo plenipotenziario, affidato ad una burocrazia ottusa ed ottundente come nemmeno nella vecchia Bulgaria potevano immaginarsi!!!
Siamo a sua completa disposizione ed abbiamo documentazione a sfare a sostegno di quanto qui brevemente asserito.
Di nuovo grazie e siamo pronti ad urlare, come dice Lei !!!
Complimenti per il lavoro che sta facendo !!!
Mattia Reggiani Alfredo Capovani
La ringrazio per la concreta possibilità di inviare messaggi e commenti in estrema libertà, cosa rara oggigiorno.
Mi permetto di saturare un angolo della sua pazienza, o di quella dei suoi collaboratori, portare alla vostra conoscenza un problema di notevole gravità che coinvolge una ampia porzione di territorio della media pianura che, sia da sponda Reggiana quanto da quella Parmigiana, fronteggiano il torrente Enza che divide le due provincie limitrofe. Questa zona, è allocata al centro della zona più tipica per la produzione di una delle più note produzioni di alto livello gastronomico ovvero il Parmigiano-Reggiano. Bene, a ragion veduta questa nicchia sacrosanta di territorio agricolo dovrebbe godere delle più alte attenzioni da parte delle competenti autorità Regionali e questo infatti viene ribadito ogniqualvolta questi Signore e Signori intervengano pubblicamente ma esiste una faccia oscura della Luna Emiliana che è bene ed assolutamente vietato citare o indagare. Ci si riferisce alla sempre incombente siccità estiva che pende, come una immane spada di Damocle, sulla testa degli agricoltori di questo areale ad ogni estate che si presenta. Sembra strano ma i grandi prati che forniscono erba e fieno di pregio, alla base della produzione lattiero-casearia, rischiano ogni anno di più di essere compromessi da una scarsità d'acqua che potrebbe decretare la loro scomparsa con conseguenze inimmaginabili per l'ambiente e le produzioni agricole citate.
I prati che si osservano percorrendo le strade di media pianura, tra le prime propaggini dell'Appennino e la via Emilia, non sono, come facilmente si potrebbe immaginare, opera di Madre Natura, ma invece sono il frutto del lavoro secolare dell'uomo che ha livellato, alzando ed abbassando ad arte il terreno formando un complessissimo sistema di micro terrazzamenti scolanti per consentire una irrigazione puntuale di questi prati polifiti.
Prati polifiti antichi, perennemente curati e concimati, con soli materiali e sistemi naturali, in cui si possono contare circa 70/80 specie di erbe diverse che convivono e rendono così pregiati le erbe ed i fieni che qui si producono. Questo insieme di territorio produttivo potrebbe assimilarsi alle risaie dell'estremo oriente che tanta meraviglia destano in chi le osserva e le commenta.
Bene questo quadro agreste di pace bucolica vive soprattutto in funzione dell'uso efficiente e parsimonioso dell'acqua che deriva dal Torrente Enza. Un corso d'acqua di limitata lunghezza ed estensione di bacino imbrifero ma, se la piovosità primaverile lo permette, bastante a saturare i bisogni irrigui e di approvvigionamento idrico-potabile, delle zone ad esso sottese. La contrazione dello scorrere di queste acque, molto pulite e salubri, è divenuto via via più contenuto tanto da determinare, già dal finire del 1800, una serie di studi per la realizzazione di una diga, a monte, con cui originare un invaso capace di soddisfare i bisogni idrici della vallata dell'Enza. Le vicissitudini per la costruzione di questo bacino si sono trascinate sino agli anni settanta del secolo scorso, anni in cui l'allora Ente di Bonifica Bentivoglio-Enza commissionò un progetto per la realizzazione dello sbarramento sull'Enza. Progetto eseguito, approvato dalla Committenza, finanziato, ma artatamente boicottato da uno strumentale movimento "Ambientalista" avverso alla realizzazione con motivi pretestuosi ed immotivati al punto che all'esame della Corte di Cassazione, a Camere riunite, nulla di quanto obbiettato venne ritenuto degno della minima considerazione e quindi si ammise in pieno il diritto di costruire lo sbarramento. Ma ancora una volta si erano fatti i conti senza l'oste! !
Poteva, nella gloriosa patria del Sole dell'Avvenire Comunista essere accettata una costruzione che avveniva con una committenza di un Ente di Bonifica a conduzione Democristiana, con una gara di appalto vinta da una ditta privata come la Pizzarotti notoriamente capitalistica e che poi, udite, udite, avrebbe addirittura gestito la derivazione delle acque del futuro bacino e la loro partizione ai vari Consorzi Privati che erano formati da Coltivatori Diretti? Mai e poi mai!!!
La gloriosa Regione Rossa con atto di prodigioso coraggio proletario fermò i lavori, erano state eseguite le sole opere di fondazione, restituì i fondi stanziati dallo Stato Borghese e lasciò che le acque scorressero a tutt'oggi libere al Po !!!
Nemmeno Giovannino Guareschi sarebbe stato capace di assegnare a Peppone Bottazzi una simile miope cocciutaggine politica !!!
Però alle scorse elezioni, visto il malcontento serpeggiante tra agricoltori ed anche popolazione che assisteva inerme al prosciugarsi estivo del torrente, con tempi sempre più lunghi, la stessa Regione ammise la necessità di attuazione di un invaso a monte, promise la realizzazione in tempi brevi, sembrava si fosse finalmente trovata una quadra per la costruzione della "Diga di Vetto" (si pensa che questa opera sia alla base del Covid) ma improvvisamente, dopo lo spoglio delle schede elettorali, ci si rimangiò tutto asserendo la necessità di un nuovo progetto con diverso dimensionamento dell'invaso. Quindi altri anni per il progetto, per le gare, per la determinazione dell'Ente Gestore (si pensa udite, udite, ma sussurrando forse IREN?) e poi per la difficile operazione di domare la riottosità dei Consorzi di Miglioramento Fondiario ed Irrigui Privati della Val d'Enza.
Caro Dottore tenga conto che questi Consorzi Privati, sempre gestiti dai contadini locali, sono leggermente antichi, (documentazioni di concessione di prelievo di uno di essi riscontrabili nel testamento del vescovo di Parma Vidibodo, nipote di Carlomagno, fine del IX° secolo dopo Cristo) regolati secondo gli statuti plurisecolari assolutamente democratici e sempre scrupolosamente applicati quali che fossero i sistemi politici in essere.
Questo e tanto altro avremmo da dire, ma ci è venuta sete, soprattutto pensando a quanto ci aspetterà la prossima estate! L'insieme delle persone industrie alimentari, cittadini che contano sul prelievo idropotabile (Parma lo scorso anno ha rischiato di vedere applicato il razionamento idrico alla città), contadini ed altri operatori non agricoli assommano ad un totale diretto di circa 20. 000 persone cui andrebbero sommati i forse razionati abitanti di Parma.
Vorremmo davvero parlarle di questa assurda storia di ottuso e vetero Comunismo plenipotenziario, affidato ad una burocrazia ottusa ed ottundente come nemmeno nella vecchia Bulgaria potevano immaginarsi!!!
Siamo a sua completa disposizione ed abbiamo documentazione a sfare a sostegno di quanto qui brevemente asserito.
Di nuovo grazie e siamo pronti ad urlare, come dice Lei !!!
Complimenti per il lavoro che sta facendo !!!
Mattia Reggiani Alfredo Capovani
Da: Alfredo Capovani
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