Ma il resto della scuola come verrà recuperato?

Messaggio per Massimo Gramellini

Mercoledì 24 marzo 2021 08:02:45
Si chiama Didattica a distanza perché sostituisce (ma sarebbe più indicato il verbo “surroga”) la Didattica in presenza. Ma la scuola non è solo didattica in senso stretto.
E tutto il resto, allora che fine ha fatto? E quando lo recupereremo?

Personalmente ricordo come anno più bello della mia vita quello della maturità. Il più bello per i rapporti che si stabilirono con gli insegnanti ed i compagni di scuola. Se immagino la mia vita senza quell’anno mi sento molto più povero.
Non voglio annoiare con ricordi biografici che non hanno ovviamente lo stesso valore per tutti, ma questo è il punto: la scuola non è un luogo chiuso dove si entra per essere riempiti di nozioni. E’ innanzitutto un grande spazio di relazione dentro al quale si percorre un cammino educativo, in compagnia degli insegnanti (che danno la direzione) e dei compagni (che danno l’energia per camminare). E la meta non è mai un punto preciso ma l’essere preparati per un nuovo cammino, da soli, nella vita da adulti. E’ un avviamento alla vita, costituito dall’accrescimento culturale, dall’acquisizione di competenze professionali e “trasversali”, dalla maturazione psichica - relazionale - civica. Specie in questi tempi in cui la famiglia ha visto indebolirsi il proprio ruolo di agenzia educativa.

Così, quando ho sentito il prof. Draghi parlare di prolungamento delle lezioni in classe durante l’estate, istintivamente ho pensato: ma non sarebbe meglio organizzare per questi ragazzi una settimana di campeggio in montagna ed un’altra al mare?

Risultati utili? Provo a farne un elenco.


  • 1) Avremmo velocemente recuperato il ritardo, psicologico ed educativo, dello stare insieme, accumulato in questo anno e mezzo.

  • 2) Passeggiando nei boschi o sul bagnasciuga, “tra” e “con” i ragazzi, gli insegnanti avrebbero potuto sperimentare una metodologia didattica veramente “nuova e rivoluzionaria”: camminando open air si apprende di più (Aristotele e i peripatetici ci avranno pure testimoniato qualcosa, o no?).

  • 3) Sarebbe stata un’irripetibile opportunità per fare educazione ambientale (e civica) live.

  • 4) Tutti i nostri bambini e ragazzi avrebbero avuto occasione di fare una vacanza fuori dalle mura di casa (quanti sono quelli che, nella loro vita, non hanno mai fatto una vera vacanza? Tanti).

  • 5) Si sarebbe potuto recuperare la “didattica” relativa ad una fondamentale attività di apprendimento: le gite di più giorni. Sono ormai due anni che non si fanno “visite culturali” o “soggiorni per attività laboratoriali” di scienze motorie. Ricordo alle superiori qualcuno che, nonostante i pessimi rendimenti scolastici, continuava a frequentare la scuola (saltuariamente in verità) solo per venire alle gite, a rimorchiare. E qualcun altro che ancora oggi benedice (o maledice, secondo le giornate) una gita a Venezia di 4 giorni perché fu in quell’occasione che scoccò la scintilla con l’attuale moglie nonché madre dei suoi tre figli. Oppure, semplicemente, l’importanza di stare qualche giorno fuori casa, senza mamma e papà.

  • 6) Avremmo evitato la collisione con il fatidico anticiclone africano di inizio estate che dentro i muri della nostra vetusta (non solo di età ma di concezione e di manutenzione) edilizia scolastica ci toglie l’ossigeno più dell’essere positivi al coronavirus.

  • 7) I ragazzi (e gli insegnanti) avrebbero potuto “scaricare” lo stress di questi mesi e ricaricarsi, tornando in piena forma a settembre (come le squadre di calcio che vanno in ritiro).

  • 8) Ed infine avremmo pure dato un rilevante sostegno a quel disastrato settore economico che è oggi il turismo in Italia.


Ovviamente, come dice Verdone, “stavo a scherzà! ”.

Però mi sembra che il ministro Bianchi stia pensando seriamente a qualcosa di simile: “attività di laboratorio e di socializzazione per ricostituire quel tessuto di relazioni tra studenti e con i docenti che in questo lungo anno è mancato”. Se è così, bene.

Sono un particolare tipo di docente: educatore nei Convitti.

In questi mesi ho avuto la possibilità di osservare, da un’ampia visuale, bambini, ragazzi, adolescenti, dai 6 ai 19 anni. Li ho visti mangiare, giocare e conversare nel parco, studiare. I meno rispettosi delle regole anticovid? I più grandi, quelli che hanno alle spalle 17 o 18 anni di vita “normale”.

I bambini della prima classe della primaria, invece, sono commoventi: in fila per uno ed a distanza di un metro escono silenziosi dall’aula per andare a mensa, ordinatamente si misurano la temperatura corporea (nonostante i produttori dei termoscanner non abbiano pensato alla loro altezza) e si igienizzano le mani, si tolgono la mascherina solo per lo stretto tempo necessario a mangiare o bere (in rigoroso silenzio, come impone qualche circolare), escono a giocare nel nostro grande parco senza correre e senza urlare. Una mutazione genetica? Positiva o negativa? Mah… Abbiamo elaborato la categoria dei “nativi digitali”, dovremo probabilmente inventarci quella degli “alfabetizzati virali”. Disciplinati e pronti al loro dovere (a noi italiani, tutto sommato, non è che ci faccia male). Ma un po’ tristi. Molto simili ai bambini cinesi che l’anno scorso abbiamo visto in tv ritornare a scuola, con formalità e ossequio. Ma loro perlomeno erano sempre sorridenti: fa tutto parte della loro tradizione.

Son un educatore nei Convitti. E, tanto per evocare un’atmosfera da Blude Runner, ho visto altre “cose indicibili”. Per esempio: una coppia di quattordicenni, nascosti in un angolo, limonare con tutta la mascherina. Chissà che sapore hanno i baci, i primi baci, mediati da due pezzi di stoffa?

Oppure sentirmi dire, da un altro quattordicenne che sino ad allora aveva brillato più per indisciplina che per acutezza di ragionamento: ”prof, ma non è che andiamo un’altra volta in didattica a distanza? A casa sto sempre davanti al computer e simili, per studio o per gioco. Quando vengo a scuola ed in semiconvitto mi devo sorbire i rimproveri suoi e degli altri insegnanti ma almeno mi diverto e mi sento vivo. E’ come quella della DaD la vera vita che ci aspetta? ” No, caro amico, non è quella la vera vita. Ma non so cosa vi aspetta.

La pandemia ha sconvolto le nostre esistenze. Vite da anziani, da adulti, da giovani, da bambini. Ma è soprattutto a quest’ultime due fasce d’età che dobbiamo rivolgere prioritariamente la nostra attenzione. Reimpostare il nostro sistema di istruzione e, probabilmente, anche l’organizzazione sociale in generale. Finalmente, aggiungo. La pandemia ci ha arrecato tanti guasti ma ci ha offerto anche una grossa opportunità: ripensare il futuro in modo più sostenibile e quindi migliore. Per tutti ma innanzitutto per i nostri figli.

Antonello Bianchi – Fiuggi (FR)

61 anni, educatore, coordinatore del Semiconvitto nazionale “Regina Margherita” di Anagni (FR). Un passato di militanza politica.
Da: Antonello Bianchi

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