Baltasar Gracián

Baltasar Gracián

Baltasar Gracián

Biografia Gesuita ribelle

Baltasar Gracián y Morales, noto esclusivamente come Baltasar Gracián, nasce a Belmonte de Gracìan, nei pressi di Calatayud, in Spagna, il giorno 8 gennaio del 1601. Celebre autore iberico, scrittore acuto di aforismi, spesso sotto pseudonimi, appartiene alla cosiddetta "età dell'oro" spagnola, o "secolo d'oro", in cui la cultura e la letteratura castigliana rappresentavano un punto di riferimento in tutta Europa. Gesuita, apprezzato e seguitissimo insegnante di filosofia, è autore del "Critico", una delle allegorie più importanti della letteratura spagnola di sempre.

Nozioni certe sulla sua infanzia non se ne hanno. Tuttavia il piccolo Baltasar deve aver studiato con tutta probabilità nel collegio dei gesuiti della vicina Calatayud. Dal 1617 trascorre un paio di anni a Toledo, presso la casa dello zio Antonio Gracián, cappellano di San Juan de los Reyes. Qui lo studente e futuro scrittore impara la logica e perfeziona la sua conoscenza del latino. Sono anni in cui già si rivela la sua grande intelligenza, oltre che un'innata sete di apprendimento.

Nel 1619 comincia i suoi studi di alto profilo avvicinandosi alla filosofia, la quale diventa ben presto la sua materia d'elezione. Entra nel noviziato di Tarragona, uscendone a pieni voti dopo soltanto due anni di studi, grazie anche alla sua precedente preparazione intellettuale. Ritorna allora nella città di Calatayud dove studia per due anni ancora filosofia, apprezzando soprattutto le nozioni che parlano dell'etica, ambito su cui ritorna di seguito, da letterato.

A completare la sua educazione e ad indirizzarla definitivamente verso il contesto religioso ci sono gli ultimi anni trascorsi all'Università di Saragozza, dove Baltasar Gracián apprende soprattutto di teologia.

Nel 1627 viene ordinato sacerdote e inizia quasi immediatamente ad insegnare letteratura presso il collegio di Calatayud. In questi anni però Gracián comincia ad avere i primi scontri con le alte gerarchie gesuite, soprattutto nella città di Valencia, dove si trasferisce nel 1630. L'anno seguente si reca a Lerida per insegnare teologia morale. Ma due anni dopo deve trasferirsi nuovamente, questa volta per andare a Gandia, allo scopo di insegnare filosofia presso la scuola dei gesuiti.

Nell'estate del 1636 Baltasar Gracián torna nella sua Aragona, luogo del noviziato. Diventa esclusivamente confessore e predicatore, nella città di Huesca, dedicandosi finalmente ad una propria produzione letteraria. Il momento è molto importante per lui che, grazie al supporto del mecenate Giovanni Lastanosa Vincencio, riesce a pubblicare una delle sue opere più importanti, dal titolo "L'eroe". In questo noto libello, riscoperto di recente un po' in tutta Europa con edizioni nuove e traduzioni rinnovate, il filosofo gesuita descrive le virtù necessarie per fare di un semplice uomo un vero e proprio eroe, in una chiave però molto moderna e avanzata rispetto ai lettori a cui si rivolge nel momento della pubblicazione.

Per Gracián, all'uomo occorrono: talento, capacità di descrizione, volontà di cuore, buon gusto, capacità di discernimento, conquista del consenso, capacità di adattamento e, soprattutto, abilità nella dissimulazione. È questa, una novità per l'epoca, soprattutto perché a sostenerla è un padre gesuita. L'autore giustifica questa scelta sostenendo che l'uomo deve sapersi presentare anche con alcuni vizi e difetti, i quali se è vero che all'inizio possono arrecare alcuni svantaggi, altrettanto vero è che serviranno dopo per smascherare la malevolenza e l'invidia altrui.

Nel 1639, forte della rinomanza ottenuta non solo in campo letterario, Baltasar Gracián si trasferisce a Saragozza. In realtà è il Viceré di Aragona, Francesco Maria Carrafa, a nominarlo confessore ufficiale di corte. Qui però il gesuita non riesce ad imporsi, nonostante l'opera che porta a termine l'anno dopo, nel 1640, dal titolo "Il politico". Al contempo si interessa anche di estetica letteraria, in chiave barocca, e pubblica "Arte di ingegno", un trattato del 1642.

Dal 1642 al 1644 presta servizio come rettore presso il collegio di Tarragona facendo anche da aiuto spirituale per i soldati tedeschi, i quali in quel periodo riescono a prendere definitivamente la città di Lerida. A causa di questa campagna militare, il filosofo gesuita si ammala ed è costretto a ripiegare a Valencia, dove nel ritiro ospedaliero riesce a porre il punto su altri scritti di questo periodo, tutti molto importanti e riscoperti di seguito, dopo la sua morte.

Viene poi insignito "Maestro della Scrittura" presso l'Università di Saragozza, nel 1650. L'anno dopo, forte della fiducia e delle onorificenze ricevute, pubblica la prima parte del suo capolavoro, "Il critico". Qui teorizza in merito a quelle che definisce le due grandi proprietà dell'intelletto umano, ossia il giudizio e l'ingegno. Dalla prima, si genera l'arte della prudenza; dalla seconda, la sfera dell'acutezza.

Tuttavia, a causa della laicità del suo pensiero, e per via delle vecchie inimicizie che si porta dietro dal suo primo periodo a Valencia, l'opera non viene accolta nel migliore dei modi dalle alte cariche gesuite. L'edizione del 1653, la seconda, riceve la stessa accoglienza sospetta e fredda.

Intorno al 1657 completa l'ultima parte della sua opera, la quale però gli causa la sua definitiva caduta in disgrazia. Il catalano Jacinto Piquer, a capo della sezione gesuitica d'Aragona, lo accusa pubblicamente e, dopo una serie di penitenze da scontare in solitudine, lo invia per punizione in un villaggio dei Pirenei, a Graus.

Baltasar Gracián chiede formalmente di passare ad un altro ordine religioso, ma non fa in tempo ad ottenere una risposta. Muore a Tarazona, nei pressi di Saragozza, il 6 dicembre del 1658.

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