Georges Jacques Danton

Georges Jacques Danton

Georges Jacques Danton

Biografia Credere e ardire

Georges Jacques Danton nasce ad Arcis-sur-Aube (Francia) il 26 ottobre del 1759. Il padre Jacques è un avvocato dal passato burrascoso: dopo la perdita della moglie e dei cinque figli avuti dal suo primo matrimonio sposa Marie-Jeanne-Bestelot, la madre di Georges, dalla quale avrà sette figli.

Georges è il quinto figlio della coppia, e si distingue subito per il carattere vivace e poco incline allo studio, al quale preferisce le scorribande all'aria aperta. Riesce comunque a laurearsi in legge nel 1785 all'Università di Reims. Dopo la laurea si impiega a Parigi come procuratore. La sua attività non gli rende abbastanza, così il giovane Georges ricorre all'aiuto dei suoi genitori. In realtà passa il suo tempo a leggere l'Enciclopedia e a frequentare i caffés. È proprio in uno di questi che conosce la giovane Antoinette-Gabrielle, figlia del ricco proprietario del café Parnasse, Jérome-Francois Charpentier. I due raggiungono un accordo sulla dote, e come è pratica del tempo, Georges riesce a pagarsi la carica di avvocato ai Consigli del re.

Apre così un nuovo studio in Cour de Commerce - dove oggi sorge una statua in suo onore - e sposa Antoinette. È l'anno 1787. Fino al 1790 si occupa a tempo pieno della sua attività di avvocato seguendo ben ventidue cause, quasi tutte conclusesi con esito positivo. La sua vita sembra essersi trasformata in quella di un tranquillo avvocato borghese: nel 1788 nasce anche il primo figlio, François, morto purtroppo un anno dopo. Al primo figlio ne seguono altri due, sempre maschi: Antoine e François Georges.

In Francia già covano i primi moti rivoluzionari e Danton se ne fa trascinare, convinto che per cambiare le cose sia necessario un programma ben definito e mirato al raggiungimento di scopi circoscritti ed individuabili. Il suo programma prevede: estensione di una serie di diritti alla popolazione più povera, fine della guerra il prima possibile attraverso un'opera di negoziazione, e ripristino dell'ordine attraverso l'instaurazione di un forte governo centrale.

La prima testimonianza di una sua partecipazione agli eventi rivoluzionari risale al 13 luglio del 1789 (il giorno precedente la Presa della Bastiglia), quando nell'ex convento dei Cordoglieri arringa la folla, richiamandola alle armi per la difesa delle rivendicazioni rivoluzionarie. Nel convento dei Cordoglieri si è creato l'omonimo distretto, che gestisce anche una stamperia dove vengono pubblicate riviste come: "L'amico del popolo" di Marat. Il presidente di questo distretto, che si arroga quasi la funzione di un ente governativo parallelo a quelli ufficiali, è lo stesso Danton.

Viene coinvolto nella presa della Bastiglia del 14 luglio del 1789, ed è uno dei critici più aspri della Comune e del governo del marchese de Lafayette. Chiede infatti a gran voce l'istituzione di un governo repubblicano, e i suoi infuocati discorsi sono considerati la causa dell'agitazione popolare finita con il massacro di Champ de Mars. A causa della sua attività la polizia spicca un mandato d'arresto a suo carico che lo costringe a rifugiarsi per alcuni mesi in Inghilterra. Grazie ad un'amnistia riesce a ritornare in patria alla fine del 1791.

Per non attirare l'attenzione delle forze dell'ordine si mantiene in sordina, anche se la sua popolarità negli ambienti rivoluzionari resta inalterata. Dopo l'invasione delle Tuilleries viene eletto presidente del distretto elettorale del Théatre Française e pronuncia il famoso discorso in cui, per primo, teorizza l'uguaglianza legale di tutti i cittadini. Danton partecipa anche attivamente alla cospirazione che attuerà il rovesciamento della monarchia, il 10 agosto del 1792. È ormai convinto che l'esistenza della monarchia sia un intralcio troppo grande all'attuazione delle rivendicazioni rivoluzionarie.

Dopo la caduta della monarchia viene nominato ministro della giustizia ed entra a far parte del comitato esecutivo. Più tardi nel 1793 ottiene anche la carica a membro del Comitato di Salute pubblica. Acquisita la carica, si impegna a far terminare la guerra tra la Francia e le altre nazioni europee, attuando una intensa serie di manovre diplomatiche. Ottiene intanto l'elezione al tribunale rivoluzionario ed inizia a comportarsi come un vero e proprio dittatore. Danton si convince che il successo della rivoluzione dipende anche dalla capacità di sedare i dissensi interni. In questo modo purtroppo si aliena le simpatie della Comune, che inizia a guardare a Robespierre e ad altri giacobini come a personaggi più adatti al ruolo di leader. Danton non viene rieletto, e la leadership passa a Robespierre.

Nell'ottobre del 1793, si ritira nella sua casa natale di Arcis per poi ritornare a Parigi nel mese successivo a seguito delle insistenze dei suoi amici preoccupati dalla ferocia di Robespierre. Tra le vittime di Robespierre vi sono Hebert e i suoi seguaci, per annientare i quali riceve l'appoggio di Danton. Dopo la soppressione dei seguaci di Hebert, lo stesso Danton, però, viene chiamato dinnanzi al Tribunale rivoluzionario ed accusato di attività antirivoluzionarie. Nonostante l'accorata difesa, viene condannato e ghigliottinato: Georges Jacques Danton muore così il 5 aprile del 1794. Si narra che morendo abbia chiesto al boia di mostrare la sua testa al popolo.

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