Masaniello

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Biografia Nove giorni di gloria

Nei primi decenni del Seicento la Spagna è ancora una grande potenza militare, ma è talmente invischiata in conflitti bellici che le sue finanze vacillano pericolosamente. In realtà è iniziata una fase di decadenza economica che presto si rivelerà irreversibile.

Il re Filippo IV della dinastia degli Asburgo, che è anche sovrano del Portogallo, delle Due Sicilie e di Sardegna, per fronteggiare tali difficoltà inasprisce fino all'esasperazione la fiscalità nei suoi domini. L'inevitabile malumore del popolo, frammisto a tendenze indipendentiste, sfocia ben presto in sollevazioni un po' dovunque.

A Napoli, dove il commercio al minuto è controllato e sistematicamente taglieggiato dalle gabelle, la scintilla scocca con l'istituzione di un nuovo balzello su frutta e verdura. Il 7 luglio 1647 la protesta della gente provoca una colluttazione che rapidamente si estende ai rioni più prossimi. Fra gli agitatori risalta un giovane particolarmente focoso, Tommaso Aniello detto Masaniello, nato a Napoli 27 anni prima, il 29 giugno 1620, pescatore e pescivendolo ad Amalfi.

Masaniello insieme ad altri capipopolo, all'urlo "viva il re di Spagna e mora il malgoverno", guida i rivoltosi "lazzaroni" all'assalto degli uffici daziari e della stessa reggia del vicerè, forzando le carceri e liberandone i reclusi.

In realtà la sommossa è stata accuratamente organizzata dall'ottantenne Giulio Genoino, giurista e presbitero, che ha dedicato l'intera vita alla lotta all'oppressione fiscale del popolo e che, tramite un suo stretto collaboratore e seguace, aveva conosciuto Masaniello e deciso di farne il braccio operativo del suo piano rivoluzionario.

Dopo queste azioni Masaniello si ritrova unico capo della rivolta, e procede a dare un'organizzazione alla milizia popolare. Un fallito attentato subìto il 10 luglio ne accresce l'autorevolezza al punto che il vicerè, don Rodrigo Ponce de Leon, duca d'Arcos, per tenerlo dalla sua parte, lo nomina "capitan generale del fedelissimo popolo napoletano".

Nel frattempo Genoino, con un'azione diplomatica ma forte degli eventi in corso, ottiene dallo stesso vicerè una sorta di costituzione. L'umile pescatore di Amalfi, intanto, che da un giorno all'altro si è visto - dopo aver giurato fedeltà al re di Spagna - proiettato sostanzialmente verso il governo della città, perde in qualche modo il senso della realtà avviando una serie di epurazioni dei suoi avversari ed assumendo in generale comportamenti illiberali, stravaganti ed arroganti.

Lo stesso Genoino si accorge di non aver più alcun ascendente sul giovane, il quale non ascolta più nessuno e comincia addirittura a manifestare segni di squilibrio mentale.

Non è chiaro se è per mano dei sicari del vicerè, di quelli di Genoino o degli stessi rivoluzionari che il 16 luglio 1647 - a soli 27 anni di età - Masaniello viene assassinato nel monastero del Carmine di Napoli, dove aveva tentato di rifugiarsi.

La sua testa tagliata è consegnata da un popolo esultante e con toni trionfali al vicerè. Il giorno seguente un nuovo aumento del pane determina una presa di coscienza da parte della gente che va a recuperarne il corpo, lo riveste con la divisa di capitano e gli dà sepoltura solenne.

Così ne parla il barone Giuseppe Donzelli, studioso, storico e combattente nella rivolta napoletana, nella sua cronaca degli eventi intitolata "Partenope liberata ovvero racconto dell'heroica risoluzione fatta dal popolo di Napoli per sottrarsi con tutto il Regno dall'insopportabile giogo degli Spagnoli", dopo aver descritto l'invito a corte che Masaniello riceve insieme a sua moglie ed il trattamento di massimo riguardo che viene loro riservato dal vicerè e dalla viceregina, oltre a lussuosissimi doni:

"Dopo questo convito, fu osservato, che Tomaso Anello non operò più con sano giudizio, perché cominciò a fare molte azioni da frenetico: o fosse, perché gli havesse alterato il sentimento il vedersi pari al Vicerè; ovvero che per il soverchio discorrere, che di continuo non meno la notte che il giorno faceva col Popolo, e il più delle volte senza poco, o niente cibarsi, havesse dato in tale svanimento, sì come anche ne haveva perduto la voce".

Ma più verosimilmente Donzelli conclude insinuando il sospetto che gli spagnoli si siano vendicati facendogli ingerire qualcosa che lo ha portato alla follia.

La Repubblica Napoletana, nata il 22 ottobre 1647 come effetto della rivolta che, dopo Masaniello, è rinfocolata da Gennaro Annese, viene soppressa il 5 aprile 1648. Genoino verrà arrestato e morirà di lì a poco.

La figura di Masaniello, ribelle e martire la cui storia è tutta raccolta in appena nove giorni, è assurta nei secoli a vessillo della lotta dei deboli contro i potenti e, nello specifico, la si è voluta a simboleggiare la lotta italiana contro le dominazioni straniere. La forza evocativa del suo nome è tale da essere divenuta un modo di dire: l'espressione "fare il Masaniello", infatti, è utilizzata per indicare un comportamento audace, ribelle, ma anche un po' demagogico.

La sua storia ha attratto i più grandi storici (alcuni dei quali, in verità, non ne hanno tracciato un quadro edificante), ed ha ispirato pittori, scultori, letterati ed autori musicali e teatrali. In particolare "La muta di Portici", opera lirica in cinque atti musicata da Daniel Auber, su libretto di Eugène Scribe, in scena nel teatro di Bruxelles il 25 agosto 1830, costituisce la scintilla dei moti che porteranno alla dichiarazione di indipendenza del Belgio dall'Olanda.

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