Pietro Verri
Biografia
Pietro Verri nasce il 12 dicembre del 1728 a Milano, figlio del conte Gabriele Verri, politico conservatore e magistrato, e di Barbara Dati della Somaglia, nobile lombarda. Fratello di Giovanni, Carlo e Alessandro, inizia a studiare nel Collegio gesuita, per poi frequentare l'Accademia dei Trasformati negli anni Cinquanta: è qui che ha la possibilità di conoscere Giuseppe Parini. Arruolatosi nell'esercito imperiale tra il 1759 e il 1760, partecipa per breve tempo alla Guerra dei Sette Anni, prima di stabilirsi a Vienna, dove scrive "Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano".
Rientra quindi a Milano, dove nel 1761 fonda la cosiddetta Accademia dei Pugni, insieme con il fratello Alessandro e con gli amici Luigi Lambertenghi, Giambattista Biffi, Pietro Secchi, Alfonso Longo e Cesare Beccaria. Nel 1763 Pietro Verri pubblica le "Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano" (grazie alle quali ottiene un incarico di funzionario governativo per l'impero austriaco) e "Meditazioni sulla felicità".
Nel frattempo l'Accademia dei Pugni diventa luogo di discussione, e vi si inizia a creare "Il caffè", foglio periodico che in breve tempo diventa un punto di riferimento imprescindibile nell'ambito del riformismo illuministico in Italia: il titolo "Il caffè" deriva dal fenomeno di diffusione sempre maggiore dei caffè come luoghi in grado di accogliere un dibattito sociale, politico e culturale libero. Le pubblicazioni della rivista (che esce ogni dieci giorni) cominciano nel giugno del 1764 e durano fino al maggio del 1766: tra i molti articoli scritti da Verri si ricordano "La commedia", "Su i parolai", "Elementi del commercio" e "La medicina".
Nel frattempo Pietro intrattiene rapporti epistolari con Diderot, d'Holbach, Voltaire e altri enciclopedisti francesi, e ha l'occasione di conoscere D'Alembert, sceso a Milano appositamente per entrare in contatto con il circolo del "Caffè". A fianco della carriera intellettuale, Pietro Verri continua a sviluppare anche quella politica: dopo essere diventato membro nel gennaio del 1764 della giunta per la revisione della ferma (cioè l'appalto delle imposte ai privati), l'anno successivo entra a far parte del Supremo Consiglio dell'Economia, a capo del quale c'è un collaboratore del "Caffè", Gian Rinaldo Carli.
Nel 1771 Pietro compone le "Meditazioni sull'economia politica", in cui enuncia le leggi della domanda e dell'offerta, supporta apertamente il libero scambio, spiega l'importanza della moneta come merce universale e sottolinea che sono gli aggiustamenti del prodotto interno lordo (e non il tasso di cambio) a determinare l'equilibrio nella bilancia dei pagamenti: solo la libera concorrenza permette una equa distribuzione della proprietà privata, anche se la piccola proprietà consente di evitare la proliferazione delle disuguaglianze.
Segue - due anni più tardi - il "Discorso sull'indole del piacere e del dolore", che anticipa temi che saranno tipici del pensiero di Giacomo Leopardi. In quest'opera, l'intellettuale milanese si allinea al sensismo di Condillac e alle teorie di Helvetius, evidenziando come l'attività umana si basi sulla ricerca del piacere e della felicità: tendendo al piacere, l'essere umano è per sua natura pervaso e assalito dall'idea del dolore, e solo una temporanea interruzione del dolore può dare origine al piacere; la felicità, in sostanza, non è la gioia personale, ma quella che coinvolge il collettivo, quasi un'atarassia.
Con il suo consueto stile vigoroso e asciutto, Verri scrive anche "Ricordi a mia figlia" e "Osservazioni sulla tortura". È il 1777: un anno più tardi fonda (insieme - tra gli altri - a Cesare Beccaria) la Società Patriottica Milanese. Intanto le cose, sul fronte politico, vanno peggiorando: si assiste, infatti, a una progressiva riduzione degli spazi per i riformisti milanesi con la successione al trono d'Austria di Giuseppe II. E così, dopo avere pubblicato nel 1783 la "Storia di Milano", nel 1786 Verri abbandona tutti gli incarichi pubblici, allontanandosi sempre più dalle posizioni del figlio di Maria Teresa e diventando critico nei suoi confronti.
Tra il 1796 e il 1797, all'arrivo di Napoleone Bonaparte, un Verri quasi settantenne partecipa alla fondazione della Repubblica Cisalpina, insieme con Luigi Lambertenghi e Alfonso Longo. Pietro Verri muore a Milano il 28 giugno 1797, mentre sta partecipando a una seduta notturna della municipalità. Le sue spoglie sono conservate nel comune di Ornago, in Brianza, nella cappella di famiglia.
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