Messaggi e commenti per Massimo Gramellini - pagina 60
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Frasi di Massimo Gramellini
Nota bene
Biografieonline non ha contatti diretti con Massimo Gramellini. Tuttavia pubblicando il messaggio come commento al testo biografico, c'è la possibilità che giunga a destinazione, magari riportato da qualche persona dello staff di Massimo Gramellini.
Sabato 11 aprile 2020 15:45:41
Venerdì 10 aprile 2020 23:58:46
Egr. Massimo, non è mio costume scrivere per lamentarsi, ma credo che il "ballo delle mascherine" lo meriti. Come può un popolo definirsi, usando un termine assai abusato, "coeso", quando in un momento così grave ed emergenziale non trova un modus operandi corretto per usare le mascherine. Ormai tutti sappiamo cosa sono in grado di proteggere e cosa no; mi piace la distinzione fatta da un medico intelligente che con parole semplici ne ha dato una perfetta definizione: ci sono quelle "egoiste" (ffp2, ffp3, etc.) e quelle "altruiste" (chirurgiche). C'è da chiedersi perchè tra i tanti e confusi divieti ed imposizioni alla Nazione, non si sia imposto a tutti l'uso delle "altruiste", che impediscono a chi le indossa di disperdere il virus tra la gente, mentre le più appariscenti e tecnologiche "egoiste" salvaguardano dal contagio chi le porta ma permettono agli asintomatici di perdurare nella loro azione di contagio anche se in maniera involontaria. Forse troppi comitati, commissioni, dipartimenti, commissari e Giuseppi Conti, a nome del Governo, non se la sono sentita di imporre una norma troppo semplice, magari monopolizzandone la vendita a prezzo fisso oltre che in farmacia anche dai tabaccai per una più capillare distribuzione. E' strano che qualcuno sostenga che altre Nazioni stanno prendendo ad esempio le disposizioni dell'Italia in materia di lotta al coronavirus. Grazie per l'attenzione.
Venerdì 10 aprile 2020 16:20:11
Mi occupo di assistenza domiciliare a persone anziane e le sarei infinitamente grato se mi aiutasse a dare voce e volto alle badanti, donne invisibili. Se vuole può vedere il film da me girato nel quale alcune di loro si raccontano, lo trova su You Tube, digitando Pietro Mauri, Come d'autunno sugli alberi le foglie. Grazie.
Pietro Mauri. Tel 393 -------
Giovedì 9 aprile 2020 21:52:42
Riflessioni
Venerdì 2 Aprile. Guardo il TG de La 7. Mentana sciorina i numeri del Corona Virus. Non sono belli: la curva si è appiattita, sì, ma appiattita in alto. Sembra dire “cari miei questo è il ritmo a cui dovrete abituarvi”.
Non so come sia avvenuto questa trasmigrazione di pensiero, ma mi sono immaginato ricoverato in un reparto di terapia intensiva (se posso, sceglierei il Giovanni XXIII è architettonicamente più bello). Con la fantasia ormai impostata sull’argomento ho poi immaginato un ipotetico colloquio fra il medico di turno e l’infermiera caposala, di tarda mattinata, stanchi, affannati per il turno seminotturno.
-“Questo?. .. Gotti, Gotti, di dov’è”
-Ponteranica Dottore
-Bel posto… Ma cosa sono tutte ‘ste robe?
-Dalla cardiochirurgia, ha 2 stent e il pacemaker
- quello almeno solo uno?. .. vediamo: Nitroglicerina, bisoprololo, olmesartan, pantoprazolo, atorvastatina, lixiana 60… Nefluan, che ca**o c’entra il Nefluan, non è una pomata vaginale?
-Ah sì dottore. E che prima usava come anticoagulante lo Xarelto, che gli procurava dermatiti. Ancora un paio di giorni poi dovrebbe essere passato.
-Ancora un paio di giorni a massaggiargli il pisello. Che magari gli piace anche?. .. ora è sedato, vero?
- Sì lo abbiamo sedato e intubato ieri sera
- oggi, se la febbre non è alta, proviamo a non sedarlo e non intubarlo.
-Ma dottore…
Poi mi sono immaginato nei panni del medico che ha appena ricevuto il foglio con la lista dei ricoverandi in attesa. Non sapendo che io sentivo e capivo diceva alla caposala.
-Senta Marta (conosco una brava caposala che si chiama Marta), se vede che nascono difficoltà… Lo accompagni, faccia in modo che non soffra.
Ah, a proposito, ho visto che c’è in lista anche una nostra infermiera della chirurgia e un carabiniere. Li faccia preparare… !
Adesso che mi sono svegliato da questa fantasia dico
“Al posto del medico avrei preso la stessa decisione… Ma ca**o, sarei stato attento che…io stavo ascoltando. Un po’ di psicologia, per la madonna!!!
Giovedì 9 aprile 2020 20:01:25
Forse lassù qualche olandese ci ama - un racconto
Un anticipo di primavera, quasi di estate, accompagnava Eric nella sua uscita mattutina.
Con l'immancabile Pinarello Fp4 regalatagli dal padre lo scorso anno. Per la brillante promozione in quarta liceo classico.
Eric stava percorrendo le strette stradine che collegano Edam ad Harlem, dove viveva con i genitori e la sorella tredicenne.
Alle dieci un sole caldo si rifletteva nella laguna e il cielo azzurro e trasparente completava il quadro.
Aveva salutato i suoi genitori, mamma Eloise, francese di nascita, e suo padre Vincent, nativo di Amsterdam, alle 7, 30, al termine di una ricca colazione a base di zuccheri e proteine.
Si sarebbero poi rivisti alla sera. Vincent aveva un incontro nel suo ufficio di Amsterdam con un importante investitore estero; stava trattando con un fondo pensionistico italiano un investimento finanziario composto da quote assicurative, valute asiatiche, coreane e cinesi, e diamanti. Un bouquet di proposte che necessitavano di una spiegazione rassicurante, per essere accettate. L'alto rendimento, da solo, non bastava.
La madre Eloise aveva un appuntamento con le amiche alla spiaggia di Zandvoort.
La temperatura calda le aveva invogliate a ritrovarsi all'aperto per una prima esposizione solare. Le avvolgenti poltrone di vimini le avrebbero protette dalla brezza che soffiava dal Mare del Nord.
Ginger, la sorellina, sarebbe rimasta a casa per assistere alle regolari lezioni scolastiche.
Da alcuni giorni, come tutti gli studenti olandesi, si era dovuta adattare al sistema di connessione Zoom Call per collegarsi ai propri insegnanti per proseguire il corso scolastico.
La novità presentava qualche disagio, ma anche qualche vantaggio. Dormire, le piaceva tantissimo, un'ora in più stringendosi tra mamma e papà nel lettone, come quando era piccola.
Eric, questa mattina, non aveva lezione. Per lui la videoconferenza scolastica iniziava alle 14.
Gonfiate le gomme della Pinarello aveva programmato un'uscita di una sessantina di chilometri, un comodo rientro per pranzo, dopo l'immancabile doccia.
Le strade che stava percorrendo erano le solite.
La domenica e durante le vacanze era solito seguirle; per comodità, in attesa del conseguimento della patente automobilistica, che gli avrebbe permesso di spostarsi in zone più distanti da casa.
Il padre, per questo un olandese anomalo, non amava la bicicletta e di conseguenza non assecondava la passione del figlio.
Eric pedalava spingendo con la forza delle sue lunghe leve, sostenuto da cuore e polmoni da atleta.
Anche in questo uno dei primi della sua classe dell'Istituto Van Gogh di Amsterdam.
Per quanto appassionato delle due ruote, il vero amore di Eric era l'arte, la pittura in particolare.
Il Rinascimento il periodo storico.
Era rimasto folgorato dai dipinti dei pittori rinascimentali italiani durante la sua prima vacanza in Italia, a quattordici anni.
In Toscana, nel castello di San Giovanni d'Asso, al centro delle Crete Senesi e poi a Roma.
La Toscana aveva rappresentato per Eric il rito di iniziazione che porta alla elevazione dello spirito.
La "porta" che, attraverso l'arte e la bellezza, ti apre alla comprensione umana e al senso della vita.
Un concentrato di bellezza architettonica ed artistica, immersa in una natura armonica sublime, rapirono l'attenzione di Eric al punto da concepire la sua vacanza estiva esclusivamente in quei luoghi.
Fortunatamente per lui, i genitori, dotati di una buona cultura di base, accolsero le richieste del figlio.
Dal secondo anno di vacanza in Italia, Eric portò al seguito la propria bicicletta. Cosa che fece anche il resto della famiglia.
Le strade che dalle Terre Senesi portano in Val D'Orcia sono saliscendi dolci, con qualche piccolo strappo. Con panorami mozzafiato.
Dio sembra si sia dedicato maggiormente a questa terra, come sentisse il bisogno di rappresentare proprio lì lo showroom del Paradiso.
A settembre, con la ripresa della scuola, Eric scelse l'italiano come seconda lingua straniera.
Ma per lui era la prima, tanto era il suo amore per quei luoghi estivi.
Firenze, Siena.
Roma!
Michelangelo, Raffaello, Caravaggio.
Con l'aiuto della lingua di cui si stava impratichendo aveva cominciato a fare amicizie.
I suoi capelli ondulati di un rosso rame abbagliante non passavano inosservati nelle serate paesane delle colline senesi.
Una bella famiglia, la sua, dal punto di vista estetico. Sempre disponibili a parlare con la gente, curiosa, del luogo.
Eric sognava l'Italia tutto l'anno assieme al ricordo del suo primo bacio.
Era stato invitato da Francesca, una ragazzina di quindici anni di Pienza.
Si erano visti la prima volta nella Basilica del paese.
Lei assisteva alla messa, Eric ammirava i dipinti e gli affreschi.
Davanti alla Madonna con Bambino dipinta da Pier della Francesca si erano scambiati un sorriso e qualche parola.
Il caso si presentò loro il giorno dopo, in un bar del centro.
E ancora il giorno dopo; forse non era più un caso.
Da lì l'invito alla festa di compleanno di Francesca.
Compiva sedici anni!
Un momento importante della vita di un adolescente, spesso immortalato dalla mitologia musicale.
"Sixteen candles".
Il cascinale dove viveva Francesca coi suoi genitori era un misto di storia e di bellezza.
Un contorno che rese il primo bacio di tutti e due unico e indimenticabile.
Si scrissero e chattarono per alcuni mesi, fino a quando Francesca, al termine del terzo anno del liceo scientifico, si trasferì a Londra in un college.
Le telefonate si diradarono fino ad esaurirsi, assieme alla speranza di Eric di rivederla.
Eric stava pedalando con gli occhi puntati alla strada, in una giornata che qualunque appassionato ciclista avrebbe definita perfetta.
Per il clima, i colori della primavera, l'odore salmastro del mare, il caldo sole.
Eppure il pensiero di Eric era da un'altra parte.
L'Olanda, più volte ne aveva parlato e discusso col padre, rappresentava per lui un trampolino di lancio.
Gli dispiaceva passare per un irriconoscente, come gli ripeteva il padre Vincent, ma l'attrazione che provava per l'Italia era irresistibile.
Anzi, non si poneva minimamente il dubbio.
Ringraziava L'Olanda per avergli dato i natali, permesso di istruirsi e crescere in un ambiente confortevole e rassicurante.
Ma il suo desiderio era quello di essere italiano.
Sì, italiano. Per vivere in Italia.
Nel centro della Bellezza.
Per potersi nutrire dei frutti del genio artistico umano, sicuramente con la benedizione di Dio, che ha scelto quel luogo e quel popolo quale "Mostra permanente".
Il suo desiderio era dirigere un museo o una pinacoteca.
Eric pedalava e pensava che il suo progetto di vita, in quei giorni, subiva un arresto, causa un evento drammatico, catastrofico, non previsto.
Che metteva in discussione tutto.
Tutto, compreso il suo futuro.
Non era più il padre Vincent ad ostacolarlo, bensì un meno dialogante coronavirus.
Eric era abbastanza maturo e intelligente da comprendere la portata delle conseguenze. In termini di vite umane, affetti distrutti, sistemi economici rasi al suolo come una bomba atomica.
Eric pedalava contro il vento che gli scompigliava i capelli color rame e pensava che in quel preciso istante, a Bruxelles, durante una fondamentale riunione fra i Capi di stato europei, il suo Paese, L'Olanda, si stava opponendo strenuamente al salvataggio economico dell'Italia.
Il Paese dove immaginava, sperava di vivere.
Quello che lui, e tanti prima di lui, riteneva perfetto per gli occhi e lo spirito di chi cerca l'elevazione.
Eric pedalava con gli occhi gonfi di pianto. Immaginava la disperazione di una popolazione intera, la più ricca, secondo i suoi parametri, al Mondo. Culla della civiltà messa in ginocchio, non dal coronavirus, ma da un piccolo popolo.
Il suo.
Eric pedalava disperato, quel giorno.
Un giorno di calda primavera.
Quel giorno, in Olanda, solo in Olanda, c'era il sole.
Vittorio
9 aprile 2020
Giovedì 9 aprile 2020 10:03:03
Buongiorno Massimo,
leggo sempre con grande attenzione e interesse i Suoi articoli su Il Caffè del CDS; a volte li condivido pienamente, a volte solo in parte, ma sempre e comunque ne apprezzo il taglio, ironico ed irriverente al punto giusto, mai offensivo.
l'articolo di oggi sul Sig. Rutte dalla mascella pronunciata merita come e forse più di altri il plauso dei lettori, l'insofferenza di questo signore di ghiaccio verso i paesi del sud Europa che però si scioglie come un gelatino estivo al sole quando si tratta di incassare le virtualmente nostre imposte, che ci farebbero tanto comodo, è inqualificabile, la nostra risposta potrebbe essere "non andiamo più in Olanda", non spendiamo più un solo euro nel paese di un simile burocrate ad orologeria, ma noi siamo più signori di lui e continueremo ad andarci, sperando impari la lezione, o perda le prossime elezioni. .,
distinti saluti
PR
Mercoledì 8 aprile 2020 18:53:36
Https://youtu. be/QAP8ls8mytw Poesia di un infermiere-Bergamo-Covid 19. Grazie dell'attenzione!
Martedì 7 aprile 2020 16:03:57
Né le spose vi foro o i figli accanto
Quando su l'aspro lito
Senza baci moriste e senza pianto.
Giacomo Leopardi, All'Italia
Domenica 5 aprile 2020 21:59:09
Caro Massimo
In questi giorni giustamente tutti stiamo plaudendo all’impegno di medici e infermieri che stanno dando
tutte le loro risorse e qualcuno anche la propria vita per i malati da curare.
Ma vorrei segnalarle un caso e penso che non sia l’unico, che mi ha commosso molto e fatto sentire orgoglioso di essere italiano non solo per quello che stanno facendo uomini e donne che combattono in prima linea ma anche chi lavora in silenzio nelle retrovie.
Ecco il racconto:
Mia moglie è un’insegnante, maestra elementare di una scuola biellese, con l’avvento del disastro corona-virus ha dovuto rivedere il suo metodo di insegnamento e su indicazione della direzione didattica che spronava a tenere lezioni on-line si è messa al lavoro, all’inizio borbottando, ma poi con passione, passando intere giornate (fino a 12 ore al giorno) chiusa in camera a preparare le lezioni per i “suoi bambini “.
Avendo più tempo in quanto a casa anche io, ho avuto modo di parlare con lei di lavoro e Mi ha colpito in modo particolare questo caso che a mio avviso degno di menzione:
G… frequenta la prima elementare e la sua famiglia non ha la possibilità di permettersi un computer per cui i compiti, li riceve con il telefonino la sua mamma. La mamma di G… Visiona i compiti e li trascrive pari, pari su un foglio, senza omettere neanche un particolare di quello che le è stato inviato. Passa i compiti alla propria bimba che dopo averli svolti li ritrasmette alla maestra con delle foto per la correzione. A questo punto lei mi chiederà:
Dov’è la novità?
E’ vero! Ma nell’era del tutto dovuto, dove tutte le scuse sono buone per non fare i compiti perché i bambini vengono stressati dal lavoro eccessivo. La famiglia di G.. in particolare la mamma pur non avendo possibilità economiche per potersi permettere un computer, ha fatto comunque il suo dovere senza accampare scuse e pretese.
Questa storia mi ha fatto riflettere e riacceso la speranza per il futuro delle prossime generazioni. Nell’epoca in cui gli insegnanti spesso sono oggetto di ingiurie e messi in discussione da allievi e famiglie, dove se il bambino va male a scuola o non esegue i compiti e colpa dell’insegnante o ci si lamentata del troppo lavoro, nell’epoca in cui si regalano bei voti solo per il quieto vivere illudendo ragazzi e famiglie della realtà della vita. Esiste ancora chi vive la propria condizione con dignità e spirito di sacrificio per superare le difficoltà a cui la vita ci sottopone.
Evviva G… evviva la sua mamma
PS: MI piacerebbe che questo caso venisse raccontato e pubblicizzato a consolazione per tutti quelli che lottano e soffrono per la situazione che stiamo vivendo e ad esempio per tutti quelli che sono solo capaci di lamentarsi senza neanche provare a mettersi in gioco.
Se le interessa approfondire la storia che ho dovuto sintetizzare tralasciando particolari interessanti per non dilungarmi ulteriormente.
Domenica 5 aprile 2020 11:37:51
Caro Massimo, Intanto grazie per il suo caffé al quale non posso più rinunciare; ormai è quasi una droga e la mattina, leggendo la prima pagina del corriere, quasi inconsciamente mi trovo a leggere il suo trafiletto.
Ma sempre a proposito del corriere, un paio di settimane fa ho provato ad inviare un messaggio (sul corriere on-line) nel quale parlando (ovviamente) del coronavirus, provavo a stimolare una discussione relativa alla gestione della crisi in Corea del Sud.
In Corea, infatti, circa un mese fa, quando in Italia i casi erano ancora limitati, era esplosa l'epidemia. La Corea ad un certo punto era decisamente la seconda nazione al mondo dopo la Cina come numero di contagi. Oggi la Corea ha circa 10. 000 casi e guardando le curve del contagio per i vari paesi è sorprendente notare come questa nazione abbia la curva bassa rispetto a tutti gli altri.
Ma la cosa ancora più sorprendente è che in Corea nessuno è relegato a casa, Tutte le attività commerciali sono aperte, la produzione procede incessantemente, e le persone sono libere di muoversi (immagino con le dovute precauzioni - ma comunque sono libere di muoversi).
La Corea del sud ha 50 M di abitanti su un territorio inferiore ad un terzo del territorio italiano, quindi con una densità media di circa 3 volte rispetto a noi. Inoltre Seoul ha più di 10 M di abitanti. Eppure il virus non si è sviluppato come in Italia o nei restanti paesi. Perché?
Ma soprattutto perché né la stampa né il governo attuale provano a studiarne le ragioni? Perché non si prova a capire meglio quali potrebbero essere i motivi di questa incredibile capacità di contenere il virus da parte dei coreani? Non è che quello potrebbe essere un modello di riferimento o quanto meno un possibile caso di studio?
Magari un connubio tra l'isolamento e le tecniche utilizzate in Corea potrebbe essere ancora più vantaggioso per noi... insomma io sono da una parte perplesso, dall'altra incredulo nel notare questa mancanza di attenzione verso un paese che sta avendo la meglio contro questo virus.
Per quello che ho potuto capire, ma temo che la mia analisi sia troppo superficiale non conoscendo bene i fatti, sembrerebbero 2 gli elementi chiave utilizzati dai Coreani per limitare il contagio:
- un elevatissimo numero di tamponi fatti in una fase molto preliminare del contagio (non come facciamo noi in Italia - quando uno non respira quasi più)
- isolamento immediato per tutti i contagiati e quelli che potrebbero essere a loro volta contagiati (mentre gli altri rimangono liberi di muoversi)
Il Corriere non ha dato seguito alla mia richiesta, magari nessuno ha letto il mio messaggio... cosa molto probabile.
Lei che ne pensa?
Potrebbe provare a stimolare una discussione sui giornali? Chissà, magari qualche stordito al governo potrebbe rendersi conto che "attaccata" alla Cina esiste questo paesucolo da studiare con attenzione, sopratutto per proporre un modello ottimale di convivenza col virus e di ritorno alla realtà.
Perché questo è il tema attuale: come imparare a "convivere" col virus.
Possiamo stare a casa ancora un mese, ma poi non è proprio più possibile, perchè a quel punto la domanda sarà: è meglio morire per il coronavirus o di fame?
Cordiali saluti
guido massari
Beh, il corriere non mi ha risposto, ed a parte un breve trafiletto sulla Corea non