Messaggi e commenti per Maurizio Landini - pagina 52
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Frasi di Maurizio Landini
Nota bene
Biografieonline non ha contatti diretti con Maurizio Landini. Tuttavia pubblicando il messaggio come commento al testo biografico, c'è la possibilità che giunga a destinazione, magari riportato da qualche persona dello staff di Maurizio Landini.
Martedì 28 luglio 2020 21:13:41
Martedì 28 luglio 2020 19:02:08
Spett. le Sig. Landini.. non si può fare più controlli alle ditte in specie edili che stanno comunque lavorando con cassa integrazione spesso con complicità degli operai stessi,
Il lavoro ci sarebbe per tutti.
Saluto.
Domenica 26 luglio 2020 08:10:54
Lettera a Eugenio Scalfari:
Carissimo Eugenio Scalfari,
la vignetta di oggi è puntuale.
Il premier Conte o farà come fece un di con il ministro Salvini, oppure non avrà la forza per resistere alla
decrescita infelice del m5s.
Gli suggerirei di non creare una nuova task force ma di avvalersi dei centri di competenza e di alcuni bravi ministri e sottosegretari.
Al più chieda un consiglio a Giovannini, Bria, Piano, Calenda...
un caro saluto Ruggero Morelli
ps
spero che i sindacati - tutti - facciano un appello come quello dell'8 aprile 2019 per il voto europeo
per supportare-indirizzare- rafforzare l'azione del Governo. https: //www. cisl. it/grandi-temi/europa- mondo-politiche-migratorie/12534-documento- appello-per-l-europa-sottoscritto-da-cgil-cisl-uil-e-confindustria. html
e dare credito all'Italia.
Sabato 25 luglio 2020 16:01:13
Salve, ho bisogno della e mail di Maurizio Landini.
Grazie
Giovedì 23 luglio 2020 21:12:55
Egr Sig. Landini Le ho inviato nei giorni precdenti ben tre e-mail rimaste tutte inascoltate-La mia donanda e'la seguente. Sono un povero pensionato ed attraverso la Tv sono stato informato che il governo italiano a causa della pandemia sta stanziando soldi a pioggia a tutte levcategorie dilavoratori pero a noi Bpoveri pensionati non e stato concesso neppure un centesio. Siamo anche noi lavoratoiri? o forse siamo italiani di serie ? vorrei sapere da Lei un commento, su questo problema e nell'attesa La ringrazio e Le porgo distinti saluti
Giovedì 23 luglio 2020 21:12:31
Ho bisogno di scrivere un messaggio all'indirizzo email in privato sono un iscritto
Mercoledì 22 luglio 2020 07:52:42
Lettera inviata al direttore del Sole24 ore:
Caro Direttorela nota pubblicata oggi con la quale la Confindustria chiede di utilizzare il Mes-sanità, dovrebbe essere condivisa dai sindacati dei lavoratori. Non ho i loro indirizzi e resta difficile trovarli. Spero che leggano l'articolo e si uniscano alla richiesta. Sarebbe un bene per l'Italia. saluti Ruggero Morelli
Mercoledì 8 luglio 2020 14:50:19
Caro Landini sono stata molto contenta quando sei diventato il segretario generale della cgil perché mi sei sempre sembrato forte e autententico nel tuo accalorarti e prendere le difese dei più deboli e dei lavoratori in generale. A te vorrei porre una domanda che mi sta a cuore da sempre. Io ho 70 anni e sono stata una. Vostra delegata sindacale fino a 66 anni. Ora in pensione ti posso scrivere. La domanda è la seguente: "come mai se sappiamo a quanto ammonta il capitale delle evasioni fiscali per il nostro paese e non penso certo a quello delle parrucchiere, non si pretende che i grandi evasori paghino e restituiscono il dovuto? " Se sappiamo quanto evadono sappiamo anche chi lo fa. Tuttavia non si vede mai una mossa di parità nei confronti del popolo che invece viene tartassato in ogni modo. Da te mi sarei aspettato un grande movimento di lotta poiché con quel denaro rubato ogni anno ci di sarebbero potute costruire scuole e possibilità di lavoro per i ragazzi. Anche la universita' è ad Appannaggio dei più ricchi altrimenti " uno dei su mille ce la fa" a fare il doppio lavoro di scuola e lotta per la d opravvivenza. Scusa per il lungo messaggio ma erano anni che speravo di poterlo fare. Ora sono ormai una povera anziana ma vorrei ugualmente l a tua risposta. Ti saluto rispettosamente.
Mercoledì 8 luglio 2020 09:46:49
Le mando questo articolo perché mi sembra decisivo prendere una posizione chiara in proposito. Tutti coloro che non si trovano nella necessità di combattere per la propria sopravvivenza individuale che gli impedisce di pensare al mondo nella sua interezza si devono impegnare a questa operazione di salvataggio. L'obbligo a cambiare le attività malfatte anche se questo fa perdere lavoro deve essere adempiuto chiaramente con la solidarietà sociale come misura estemporanea. l'obiettivo finale non può essere altro che l'assegnazione a chi ha perduto il lavoro di un nuovo compito in una attività in tutti i sensi soddisfacente per la sua soddisfazione esistenziale.
La portata dei disastri provocati nel mondo dalla pandemia da coronavirus è sconvolgente. Nonostante ciò, e malgrado danni ingentissimi, siamo davanti a un’occasione senza precedenti.
di MUHAMMAD YUNUS
In questo momento tutto il mondo deve trovare una risposta a un grande interrogativo. Non si tratta di come far ripartire l’economia perché, per fortuna, sappiamo già farlo. Le esperienze vissute in passato ci hanno aiutato a mettere a punto una terapia generica per ridare vita all’economia. No, il grande interrogativo a cui dobbiamo dare risposta è un altro: riportiamo il mondo nella situazione nella quale si trovava prima del coronavirus o lo ridisegniamo daccapo? La decisione spetta soltanto a noi.
Inutile dire che, prima del coronavirus, il mondo non ci andava bene. Fino a quando tutti i titoli dei giornali non sono stati dedicati interamente al coronavirus, ovunque si gridava a gran voce annunciando le terribili calamità che stavano per accadere. Contavamo letteralmente i giorni che mancavano a quando l’intero pianeta sarebbe diventato inabitabile per la catastrofe climatica. Parlavamo di quanto fosse grave la minaccia di una disoccupazione di massa provocata dall’intelligenza artificiale, e in che modo la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi stesse raggiungendo un livello deflagrante. Ci rammentavamo di continuo a vicenda che questo decennio è l’ultimo a nostra disposizione. Al termine di esso, infatti, tutti i nostri sforzi porteranno a risultati soltanto parziali, inadeguati a salvare il nostro pianeta.
Dovremmo tornare a quel mondo? A noi la scelta.
All’improvviso il coronavirus ha cambiato radicalmente il contesto delle cose e i dati spiccioli. Ha spalancato davanti ai nostri occhi possibilità temerarie che non erano mai state prese in considerazione in precedenza. All’improvviso, eccoci di fronte a una tabula rasa. Possiamo andare in qualsiasi direzione vorremo. Che incredibile libertà di scelta!
Prima di farla ripartire, dobbiamo decidere che tipo di economia vogliamo. Prima e più di ogni altra cosa, l’economia è uno strumento che ci può aiutare a perseguire gli obbiettivi che noi stessi ci prefiggiamo. Non deve farci sentire tormentati e impotenti. Non dovrebbe fungere da trappola letale messa a punto da qualche potenza divina per infliggerci una pena. Non dobbiamo dimenticare mai, neppure per un istante, che l’economia è uno strumento creato da noi uomini. Dobbiamo dunque continuare a progettarlo e riconfigurarlo finché non renderà tutti felici. È uno strumento messo a punto per arrivare alla massima felicità collettiva possibile.
Se, a un certo punto, abbiamo la sensazione che non ci sta portando dove vogliamo andare, sappiamo immediatamente che nel suo hardware o nel suo software di cui facciamo uso c’è qualcosa di sbagliato. Tutto quello che dobbiamo fare è sistemarlo. Non possiamo esimerci dicendo semplicemente “scusate, non possiamo realizzare i nostri obbiettivi perché il nostro software e il nostro hardware non ce lo permettono”. Si tratterebbe di una scusa patetica e inaccettabile. Se vogliamo creare un mondo di zero emissioni di anidride carbonica, costruiremo il software e l’hardware giusti per riuscirci. Se vogliamo un mondo nel quale la disoccupazione non esista, faremo altrettanto. Se vogliamo un mondo nel quale non ci sia nessuna concentrazione della ricchezza, faremo altrettanto. Tutto sta nel mettere a punto l’hardware e il software giusti. Ne abbiamo le capacità. Possiamo farlo. Quando gli esseri umani decidono di fare qualcosa, la fanno e basta. Niente è impossibile per gli uomini.
La notizia più entusiasmante legata alla crisi del coronavirus è che ci sta offrendo inestimabili opportunità per un nuovo inizio. Possiamo iniziare progettando l’hardware e il software su uno schermo praticamente vuoto.
La ripresa post-coronavirus deve essere una ripresa trainata da una consapevolezza sociale
Ad aiutarci in modo sostanziale è una singola decisione globale unanime: sia chiaro, non vogliamo assolutamente tornare al mondo di prima. Nel nome della ripresa, non vogliamo saltare nella stessa padella rovente di prima.
I governi devono garantire ai cittadini che questo programma di ripresa sarà completamente diverso da quelli del passato. La prossima ripresa non sarà attuata per riportare le cose al punto in cui erano prima. Questa sarà la ripresa della gente e del pianeta. Si dovranno creare imprese in grado di rendere tutto ciò possibile. Il punto cruciale per lanciare un programma di rilancio post-coronavirus consisterà nel mettere al centro di ogni decisione e di tutti i processi decisionali politici una nuova consapevolezza sociale e ambientale. I governi dovranno garantire che neanche un dollaro andrà a finire nelle tasche di qualcuno a meno che non ci sia la garanzia che, rispetto a qualsiasi altra opzione, quel dollaro dato a quel qualcuno porterà al massimo vantaggio sociale e ambientale possibile per la società intera. Tutto quello che andrà fatto nella ripresa dovrà portare alla creazione di un’economia consapevole per il singolo Paese e per il mondo intero a livello sociale, economico, ambientale.
Il momento è arrivato
Inizieremo come raccomandato dalle terapie di un tempo con i bailout, pacchetti di salvataggio in extremis, ma questa volta li useremo per progetti e interventi stimolati dalla consapevolezza sociale. Dobbiamo metterli a punto adesso, in piena crisi perché, quando questa sarà finita, ci sarà un tumulto di vecchie idee e di vecchi esempi volti a indirizzare gli interventi in una data direzione. Ci sarà chi argomenterà con foga per far deragliare le nuove iniziative, e dirà che si tratta di politiche mai collaudate. (Quando proponemmo di definire le Olimpiadi imprese sociali, i contrari pronunciarono proprio quelle parole. Adesso, i Giochi Olimpici di Parigi del 2024 sono intesi in questo senso, e l’entusiasmo è crescente.) Dobbiamo prepararci prima che abbia inizio il fuggi-fuggi generale. Il momento è arrivato. Quel momento è adesso.
Impresa sociale
In questo mio articolo illustro una serie di politiche che mi sono ben note e nelle quali ripongo fiducia. Questo non esclude che vi siano molte altre opzioni creative ed efficaci. Incoraggio pertanto anche altre persone a farsi avanti con le loro raccomandazioni, tenendo sempre presente che dovranno soddisfare i requisiti di un programma di ripresa trainato dalla consapevolezza sociale e ambientale. Possiamo lavorare tutti insieme per cogliere l’occasione che ci si presenta.
Nel NRP (New Recovery Programme, Programma della nuova ripresa) che vi propongo, assegno un ruolo fondamentale a una nuova forma di impresa detta impresa sociale. Si tratta di un’impresa creata esclusivamente per risolvere i problemi delle persone, un’impresa che non crea un utile personale per gli investitori, se si eccettua il solo recupero dell’investimento iniziale. Una volta rientrati in possesso dell’investimento originario, tutti gli utili successivi devono essere re-immessi nell’impresa.
I governi avranno molte occasioni per incoraggiare, assegnare le priorità, fare spazio affinché le imprese sociali possano impegnarsi in responsabilità crescenti e di ampia portata finalizzate alla ripresa. Al tempo stesso, i governi dovranno portare avanti i programmi nei confronti dei quali si devono impegnare in ogni caso, per esempio l’assistenza agli indigenti e ai disoccupati grazie ai tradizionali programmi del welfare, ripristinando i programmi dell’assistenza sanitaria e con questi tutti i servizi necessari, sostenendo tutte le imprese di ogni settore dove le opzioni per il social business non facciano ancora passi avanti.
Sul fronte delle imprese sociali, i governi possono creare Social Business Venture Capital Funds, fondi a livello centrale e locale; possono stimolare il settore privato, le fondazioni, le istituzioni finanziarie e i fondi di investimento a fare altrettanto; possono incoraggiare le imprese tradizionali a trasformarsi in imprese sociali o a stringere accordi con partner, imprese e soci che operino a questo livello, così che tutte le imprese siano spronate ad avere una divisione che si occupa di social business o a dar vita a imprese sociali che operino in joint venture con altre imprese di questo tipo.
In base al NRP, i governi potranno finanziare le imprese sociali per acquisire altre aziende e allearsi a quelle in stato di bisogno per trasformarle a loro volta in imprese sociali. La banca centrale potrà dare la priorità a queste ultime nell’assegnazione dei finanziamenti da parte delle istituzioni finanziarie, da investire nel mercato azionario o per immettervi quelli di imprese sociali forti. Ovunque si presentano opportunità gigantesche: i governi dovrebbero coinvolgere quanti più attori possibile impegnati nelle imprese sociali.
Chi investe nelle imprese sociali?
Chi sono gli investitori nelle imprese sociali? Dove si possono trovare? Sono ovunque. Non li vediamo perché i libri di testo di economia in circolazione non ne riconoscono l’esistenza. Di conseguenza, i nostri occhi non sono abituati a individuarli. Solo di recente i corsi di economia prevedono di affrontare alcune tematiche a questo proposito, quali le imprese sociali, l’imprenditoria sociale, gli investimenti a impatto sociale, le organizzazioni no-profit e così pure alcune questioni ispirate dalla popolarità globale della Grameen Bank e dal microcredito.
Finché l’economia resterà una scienza per massimizzare i profitti, non potremo farvi affidamento per mettere a punto un programma di rilancio e ripresa basato sulla consapevolezza sociale e ambientale. Ma non potremo girare l’interruttore e spegnere dalla sera alla mattina l’economia tradizionale. Mentre essa proseguirà nelle sue attività, i governi dovranno creare sempre più spazio affinché le imprese sociali possano far valere la loro affidabilità ed efficienza. Il successo delle imprese sociali diventerà tangibile quando vedremo che chi massimizza gli utili per il proprio tornaconto non soltanto coesisterà con imprenditori interessati ad avere zero profitti personali – e nasceranno amicizie e forme di collaborazione –, ma anche quando sempre più imprenditori e investitori interessati al ricavo personale creeranno imprese sociali per conto loro o legandosi in partenariato con altre attività sociali. Quello sarà l’inizio di un’economia trainata da una consapevolezza sociale e ambientale.
Non appena la politica di governo inizierà a riconoscere gli imprenditori e gli investitori nell’impresa sociale, costoro si faranno avanti con entusiasmo per assumere l’importante ruolo sociale che si renderà necessario a quel punto. Gli imprenditori delle imprese sociali non appartengono a una piccola economia di “gente che fa del bene”. Qui si parla di un ecosistema globale significativamente grande, che comprende le grandi multinazionali, i grandi fondi delle imprese sociali, i molti amministratori di talento, oltre a istituzioni, fondazioni, trust con molti anni di esperienza alle spalle nei settori della finanza e della gestione di imprese sociali globali e locali.
Infine, quando il concetto di fondo e l’esperienza delle imprese sociali inizierà a ricevere l’attenzione dei governi, molti irremovibili imprenditori interessati al tornaconto personale saranno felici di mettere in mostra la parte più sconosciuta del loro talento diventando a loro volta imprenditori di imprese sociali di successo, e rivestiranno ruoli di importanza inestimabile in tempi di crisi sociale ed economica come la crisi del cambiamento del clima, la crisi della disoccupazione, la crisi della concentrazione della ricchezza e così via.
Gli esseri umani nascono imprenditori, non cercatori di un posto di lavoro
L’NRP deve spezzare la tradizionale divisione del lavoro tra i cittadini e il governo. Si dà per scontato che compito dei cittadini sia prendersi cura delle rispettive famiglie e pagare le tasse, e che sia responsabilità del governo (e, in misura circoscritta, del settore no-profit) prendersi cura di tutti i problemi della collettività, come il clima, il mondo del lavoro, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, l’acqua e così via. L’NRP deve far cadere questo muro divisorio e incoraggiare tutti i cittadini a farsi avanti, a dar prova dei loro talenti nella risoluzione dei problemi creando imprese sociali. La loro forza non sta nella portata delle loro iniziative, ma nel loro numero. Una piccola iniziativa moltiplicata per un grande numero si trasforma in un’azione nazionale significativa. Uno dei problemi che gli imprenditori delle imprese sociali potranno affrontare e risolvere immediatamente sarà quello della disoccupazione provocata dal tracollo dell’economia. Chi vorrà investire nelle imprese sociali potrà occuparsi di crearle per produrre a cascata posti di lavoro per i disoccupati. Potrà anche scegliere di trasformare i disoccupati in imprenditori a loro volta, e dimostrare così facendo che gli esseri umani nascono imprenditori, non cercatori di lavoro. Le imprese sociali potranno adoperarsi insieme al sistema di governo per creare un solido sistema sanitario. Chi investe in un’impresa sociale non deve essere necessariamente una persona fisica. Può essere un’istituzione, per esempio, o un fondo di investimento, una fondazione, un trust, un’azienda di gestione o amministrazione di imprese sociali. Molte di queste istituzioni sanno benissimo come lavorare con amabilità con i proprietari d’azienda tradizionali. Un invito proficuo lanciato dal governo per la disperazione e la situazione di emergenza del periodo post-coronavirus potrà mettere in moto un’ondata di attività finora sconosciute. Sarà una cartina di tornasole per la leadership per dimostrare come il mondo possa essere fatto rinascere in modi inediti e del tutto nuovi a cominciare dai giovani, dalle persone di mezza età, e dagli anziani, uomini e donne.
Non ci sarà un posto dove nascondersi
Se mancheremo di impegnarci in un programma di ripresa economica post-coronavirus trainato da una consapevolezza sociale e ambientale, imboccheremo inevitabilmente una strada molto peggiore della catastrofe provocata dal coronavirus. Per difenderci dal coronavirus possiamo rinchiuderci nelle nostre case ma, se non riusciremo a dare risposte adeguate alle questioni globali in costante peggioramento, non avremo dove nasconderci da Madre Natura arrabbiata con noi e dalle masse degli arrabbiati di tutto il pianeta.
Traduzione di Anna Bissanti
Martedì 7 luglio 2020 16:39:41
Caro Maurizio Landini,
tu sei da sempre uno dei miei pochi idoli, per cui mi rivolgo a te sperando che la CGIL, alla quale sono iscritta da che sono lavoratrice, possa fare qualcosa per me e per tutti quelli come me che mancano quota 100 per difetto di un anno di contribuzione.
Perché? Perché in ottemperanza a principi incomprensibili se una persona tra un corso universitario ed un altro ha un’occasione di lavoro importante e la coglie, successivamente non potrà far valere l’anno universitario fuori corso successivo in alternativa all’anno di corso. Perché per legge ora gli anni universitari da riscattare si contano dall’iscrizione in poi, mentre prima si contavano dalla laurea a ritroso. Ma dov’è la logica in queste scelte? Escludere pochi sfortunati dalla pensione? Non si può semplicemente prender atto della durata legale di un corso universitario e riconoscere quel numero di anni facendo scegliere al lavoratore quali anni, in modo che non si sovrappongano le esperienze lavorative agli anni di studio riscattabili? Assurdamente ora non si può.
Allora, Maurizio, tu puo chiedere - PER FAVORE - che sia modificata una siffatta legge?
Grazie.