Eleonora Pimentel Fonseca
Biografia • Siamo liberi in fine
Eleonora de Fonseca, marchesa di Pimentel, nasce a Roma il 13 gennaio 1752 da una famiglia di origine portoghese approdata Roma e, successivamente, a Napoli. Molto incline alle lettere, sin da giovane compone versi arcadici molto apprezzati che la proiettano fra i personaggi più noti degli ambienti culturali della Napoli del '700.
Intrattiene intensi rapporti epistolari con Pietro Metastasio e con Voltaire, ed entra nell'Accademia dei Filateti ed in quella dell'Arcadia.
Agli inizi del 1778 Eleonora Pimentel Fonseca sposa l'ufficiale e nobile napoletano Pasquale Tria de Solis, che però lascerà sei anni dopo. Intanto è andato accrescendosi in lei l'interesse per la politica fino ad aderire attivamente alle idee repubblicane e giacobine.
Per il suo attivismo politico viene arrestata nell'ottobre del 1798 ma, con l'arrivo a Napoli dei francesi, tre mesi dopo riconquista la libertà. Durante la breve ma esaltante esperienza della Repubblica Napoletana, che insieme a Carlo Lauberg e pochi altri contribuisce a far nascere, si occupa della redazione del periodico ufficiale "Il Monitore della Repubblica napolitana una ed indivisibile", uscito da febbraio a giugno del 1799, e scritto quasi interamente da lei. Ed è proprio questo il primo giornale che vara l'"editoriale", poi adottato da tutte le altre testate.
Il primo numero apre con un messaggio di esultanza: "... siamo liberi in fine, ed è giunto anche per noi il giorno, in cui possiamo pronunciare i sacri nomi di libertà e uguaglianza, ed annunciarci alla repubblica Madre come suoi degni figliuoli; a' popoli liberi d'Italia ed Europa, come loro degni confratelli...".
L'azione combinata del cardinale Ruffo e dell'ammiraglio Horatio Nelson, l'uno da terra e l'altro dal mare costringono, il 13 giugno, i francesi all'abbandono della città. I repubblicani napoletani tentano di resistere ma, data la sproporzione di forze in campo, dopo qualche giorno si arrendono dietro l'impegno dell'incolumità per tutti loro. Ma Nelson non rispetta i termini dell'accordo e, facendosi mano armata di Ferdinando IV, gli consegna i capi giacobini. È un massacro.
Migliaia di cittadini vengono arrestati e molte centinaia giustiziati. Cadono i nomi più illustri della cultura e del patriottismo napoletano.
Processata dalla giunta di Stato, la marchesa di Pimentel è condannata a morte: viene impiccata, insieme al principe Giuliano Colonna, all'avvocato Vincenzo Lupo, al vescovo Michele Natale, al sacerdote Nicola Pacifico, ai banchieri Antonio e Domenico Piatti, a Gennaro Serra di Cassano il 20 agosto 1799, a Napoli, a soli 47 anni. L'ammiraglio Francesco Caracciolo viene impiccato sulla nave dello stesso Horatio Nelson.
In quegli stessi giorni sono giustiziati, tra gli altri, il giurista Francesco Conforti, il colonnello Gabriele Manthoné, il docente universitario e scienziato Domenico Cirillo, gli scrittori Vincenzo Russo e Mario Pagano, Ignazio Ciaia, Ettore Carafa, Giuseppe Logoteta.
La restaurazione borbonica, insomma, in brevissimo tempo ha falciato quello che Benedetto Croce definirà "il fiore dell'intelligenza meridionale".
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