Messaggi e commenti per Corrado Augias - pagina 9

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Biografieonline non ha contatti diretti con Corrado Augias. Tuttavia pubblicando il messaggio come commento al testo biografico, c'è la possibilità che giunga a destinazione, magari riportato da qualche persona dello staff di Corrado Augias.

Domenica 10 ottobre 2021 17:24:24

Eutanasia


Caro Augias,
Sto seguendo la sua trasmissione su rai3.
Ha affrontato il tema difficile dell'eutanasia, che da medici affrontiamo quotidianamente. Se mi posso permettere un modesto suggerimento affronti il tema con un medico legale anziché monsignor Paglia, partendo dal problema del consenso all'atto medico, degli atti di disposizione del proprio corpo, e la diagnosi di morte (che è il concetto chiave cui fare riferimento per parlare di eutanasia). La sorprenderà, ma non esiste in medicina la diagnosi di vita, ma solo quella di morte, da qui la difficoltà a stabilire quale vita non è più vita e quanto il consenso dell'avente diritto possa valere nel contesto del fine vita. Con profonda stima. Alfonso Recordare

Martedì 5 ottobre 2021 19:39:48

Caro Augias,
sono docente di Arabo a La Sapienza.
Mi piacerebbe farle avere un mio libro: "Come e perché ho deciso di essere ebreo". Se è interessato, mi dica come devo precedere

Domenica 3 ottobre 2021 21:18:38

Gentilissimo Dott. Augias le scrivo a nome di un carissimo amico di 101 anni che ha servito suo padre in qualità di autista nell’ aereonautica. Mi ha incaricato di spedirle alcuni documenti riguardanti il periodo in cui è stato con suo padre ! Se può darmi un indirizzo dove posso mandare questi documenti le sarei molto grato! Grazie per l’attenzione e buona serata

Giovedì 30 settembre 2021 12:40:14

Gentile Dr. Augias,
mi permetta di presentarmi.
Mi chiamo Marco Folletti, risiedo in quel di Torino e sono un autore appena pubblicato.
Mio lavoro d'esordio, uscito il 12 luglio scorso per i tipi di Mauna Loa Edizioni (AP), ha per titolo "La Divisa Sbagliata", è un romanzo storico e racconta le vicissitudini di un Indiano d'America che allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale decide di militare nelle SS di Hitler anziché nell'esercito degli Stati Uniti.
Una Storia letta dal punto di vista sbagliato, quindi; una storia scomoda che ha già fatto in tempo a far arrabbiare (e parecchio) alcuni personaggi di spicco della cultura italiana e americana, come potrà verificare dal link allegato.
In particolare il sig. Marco Cinque, persona a Lei sicuramente nota, si esprime assai a sfavore del mio libro (cosa che mi fa, in verità, assai piacere). Come egli abbia potuto esprimersi è tuttavia per me un mistero, visto che il personaggio dichiara apertamente di non aver letto il mio libro, non solo, ma non aver nemmeno intenzione di leggerlo in futuro.
Pazienza, nessuno lo obbliga.
Per fortuna a qualcuno il mio lavoro sembra invece piacere, visto che siamo già alla seconda ristampa, e verrà da me presentato sabato 16 ottobre alle ore 12, 30 presso il Padiglione Regione Marche al Salone del Libro di Torino.
Inutile dire quanto sarei lieto di una Sua visita presso il Padiglione, ma questa sarebbe troppa fortuna.
Sarebbe già molto, per me, poter disporre di un Suo recapito postale onde poterLa omaggiare di una copia del mio libro, e, sperare, un domani, anche in un Suo giudizio in merito.
Grazie di cuore per la Sua attenzione e buon lavoro.

Suo
Marco Folletti

ht t / w. -------. com/grou ps/8 8 52 14 20489 8548

Giovedì 30 settembre 2021 10:26:18

Voi chi dite che io sia?


Buongiorno,
come rivista abbiamo aperto una rubrica incentrata sulla figura di Gesù Cristo la quale si propone di rispondere alla domanda "Voi chi dite che io sia? " (Mc 8, 29-30). Ci farebbe piacere quindi che Lei in prima persona rispondesse a questa domanda.
L'articolo dovrà avere una lunghezza non superiore alle 12. 000 battute spazi inclusi e pervenire all'indirizzo mail di redazione -------.
In attesa di un suo genitile riscontro, la salutiamo cordialmente.
La redazione di Rocca

Mercoledì 29 settembre 2021 10:45:50

C'era una volta in Italia (l'apartheid, la democrazia, la letteratura popolare)


Gentile Corrado Augias,
scrivo a lei in quanto giornalista e intellettuale che seguo e stimo, e pure come uomo d’altri tempi (confido che il termine non le dispiaccia!) che sarà forse più sensibile, perché non obnubilato dalla vernice patinata della contemporaneità, ad ascoltare questo grido di dolore che sgorga dalla nostra generazione di nati negli anni settanta e poi ottanta; e il dolore c’è senz’altro, e forse più, nelle successive generazioni, ma forse quelle son venute su più scaltre e con meno illusioni, o partono già scoraggiate prima di iniziare la corsa.
Forse avrà già capito di ciò che si tratta, ma prima voglio raccontarle una piccola storia. Mia madre è nata appena dopo la guerra ed è cresciuta nell’apartheid. Cioè in un paese spaccato in due: le case operaie in fondo, le villette degli impiegati e dei dirigenti al centro (nel Viale della Scienza!), il cinema degli impiegati e quello degli operai, e così pure i bar, i negozi alimentari e i circoli ricreativi, con un magnifico centro sportivo provvisto di campi da tennis, minigolf, piste d’atletica, ping-pong e chiosco dei gelati, riservato rigidamente agli impiegati e alle loro famiglie, ben chiuso da una robusta rete (a cui stavano appesi, invidiosi, i figli della classe operaia). E siccome mio nonno era custode del cinema e gestore di quel chiosco – miniera di dolciumi negati ai suoi propri figli – mia madre è cresciuta crocifissa da quell’apartheid, avendo accesso al mondo proibito, ma in qualità di “non avente diritto”. Poi le cose, finalmente, sono cambiate. Quella generazione dei nati nel dopoguerra divenne adulta con la fiducia in una società diversa, dove più non esistessero inferriate invalicabili, ma credettero che per i loro figli ci fosse un futuro diverso, in cui chi “studia, si impegna ed ha talento” possa farsi strada ed accedere a quel mondo elitario che prima era solo riservato ai “figli di papà”. E forse, per un breve arco di tempo, le cose sono andate proprio a quel modo. C’è stato un travaso di menti e di cuori, che dal popolo sono ascesi a ruoli sociali eminenti.
E così anche noi, figli e figlie di quei genitori fiduciosi nelle magnifiche sorti e progressive – figli i cui nonni e nonne erano state contadine o operai, in taluni casi poverissimi – anche noi siamo cresciuti fiduciosi (e quasi ignari delle differenze di classe!) credendo alla bella favola che chi “studia e s’impegna e va bene a scuola”, poi avrà il suo giusto posto nella vita. E ben ingenua ed amara suona oggi questa promessa. Perché la breccia che s’era aperta a un certo punto si è richiusa; forse per via dell’istruzione universitaria di massa? Fatto sta che avere laurea a pieni voti, e magari anche dottorato, master e quant’altro, non è più bastato. Non è più bastato nemmeno avere un talento di quelli che saltano all’occhio, nemmeno essere una mente acuta, brillante e originale. Allora, per farsi strada, servivano altre qualità – scaltrezza, una certa dose di opportunismo e ipocrisia, saper coltivare le relazioni, aver fiuto per gli agganci giusti, sapersi vendere al miglior offerente: tutte quante cose in cui, noi idealisti fiduciosi, non eravamo stati addestrati. E poi c’erano invece quelli che non dovevano fare grossi sforzi, perché “dentro” c’erano già, fin da quando erano nati.
Io in verità ci ho messo quasi metà della mia vita, a capirla questa cosa (la fede di mia madre essendo così fulgida!) ma infine ci sono arrivata, perché non ero la sola a battere la testa contro a questa inferriata. Ho visto amiche studentesse brillantissime laureate e dottorate venir espulse come corpi estranei dalla nostra università: talune migrate in Francia (con l’illusione che questa fosse una piaga italiana, e invece pare che tutta la vecchia Europa ne sia affetta) ; un altro brillante ingegno che ha dovuto fare il giro del mondo (Australia e poi USA) per trovare infine accesso al mondo accademico italiano; oppure altri, pur talentuosi, che han dovuto ripiegare su posizioni di retroguardia. E certo l’ecatombe è più forte e dolorosa in ambito umanistico; nel settore tecnico e scientifico, che riceve più denari e più credito: le cose forse vanno meglio?
Ora io dico, tutto ciò è irredimibile? Non v’è modo di sanare questa distorsione che amputa arti e tarpa le ali a coloro che più potrebbero dare un contributo fondamentale, per sollevare le sorti di questa nostra umanità alla deriva? Non v’è forse una urgente necessità d’una rivoluzione culturale? Per cui la classe intellettuale vigente faccia un mea culpa, e rigetti questo malsano sistema di perpetuazione di casta. E si smetta, in ambito universitario, intellettuale, editoriale, giornalistico, politico: di pascere ciascuno i rampolli del proprio pollaio, buttando giù recinti e lasciando che gli animali circolino liberi a beccar ognuno dove più gli appetisce, e così crescere tutti più in salute. Il mondo, e le nostre società e le nostre vite, sarebbero forse posti più interessanti e meno iniqui, se alla mediocrità dilagante in ogni ambito, si sostituisse il criterio sacrosanto: a ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo i suoi talenti e meriti.
Cordialmente, Angela Masotti

N. B. Nella mia fattispecie, mi trovo ad aver scritto due libri (anzi tre) e a non poter trovare un editore o editrice che neppure si degni di darvi una rapida scorsa. E questo per due ragioni. Perché i miei sono libri assai diversi e inusuali da tutti quelli attualmente in circolazione; e che a parer loro non potrebbero ambire a diventare un best-seller (ma ciò dipende, a mio parere, da una degradata concezione di quella che è e dovrebbe essere la "letteratura popolare"). E soprattutto perché non ho, a mio favore, nessun referente illustre: che possa accattivarmi l’attenzione e l'interesse di chi è al di là di quella campana di vetro che è il mondo editoriale. Ed è perciò che sto cercando interlocutori, fuori da esso, tra le persone rette e lungimiranti che (forse) potrebbero aver piacere di leggere i miei libri. Il penultimo di questi è una storia delle donne (e della classe media italiana) frutto di dieci anni di ricerche, interviste, racconti orali, scritture, stesure e successive revisioni. L’altro ed ultimo, che tìtolasi 73, è una pietosa collazione di storie di vita e di morte di 73 donne, uomini e bambini, che ci raccontano tutto di loro (tutto ciò che è necessario sapere) un attimo prima di naufragare in mezzo al mare. Se lei ne avesse la pazienza e l’interesse, mi onorerebbe poterle inviare un breve estratto di entrambe le opere.

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Martedì 21 settembre 2021 19:38:44

Gentile Augias, il 30 ottobre alle ore 17, a Perugia, nella Sala dei Notari, annunciamo la nascita di GULP, il Gruppo Umbro per il Libro Prosssimo venturo. Vorremmo parlare del libro e dei libri. Qualche discorso e qualche intermezzo di lettura (brani di libri sul libro). Ci piacerebbe molto che lei partecipasse e prendesse la parola, per dire il suo rapporto col libro, la sua vita di lettore. Ci dica, grazie
Attilio Bartoli Langeli, Perugia, 339-------

Martedì 21 settembre 2021 09:50:22

Gentilissimo dott. augias le scrivo piu’ che altro per uno sfogo personale,
sono stanco di sentire ad ogni femminicidio le solite chiacchere, ma perche’ la polizi e/o i carabinieri non fanno nulla in presenza di denuncia ?
altro sfogo sono stanco di sentire dai giornalisti e nella pubblicita' la solita frase “ sostenibile” che no significa nulla se non accompagnata da effettive attivita’
grazie e scusi per il disturbo

Lunedì 20 settembre 2021 14:42:42

Buongiorno, Corrado Augias, vorrei portare alla Vostra attenzione la pubblicazione di questa opera. " La Fenomenologia alle Falde del Vesuvio ".
Saluti
dott. Pietro Perna
Ciao Pietro,
abbiamo il piacere di informarla che abbiamo creato un post sul
nostro canale Facebook per parlare di lei e del suo libro:

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htt ps: //-------/3z kV9ip

Lunedì 13 settembre 2021 22:24:42

Stimato dott. Augias,
seguo con interesse le sue trasmissioni ove tratta problemi filosofici e religiosi. Ben fatti e ottimamente da Lei condotti. Sicuramente Lei rappresentata un punto di riferimento nel panorama culturale italiano. Proprio per questo mi permetto di sottoporle una questione che riguarda la morte, ovvero la crocifissione di Cristo.

Le vorrei chiedere quale possa essere la relazione che collega la morte di un essere umano, anche se considerato figlio di Dio con la redenzione del genere umano. Non voglio addentrarmi in complicate quanto inutli disquisizioni trascendentali, ma mi limito a banali e constatazioni terra terra di una persona comune.
Come può essere possibile che una divinità, qualunque essa sia e a qualunque religione appartenga, possa "apprezzare" e desiderare la morte di un essere vivente, tanto più se è un essere umano. Come è possibile che l'uomo si sia convinto che uccidendo una persona si può inimicarsi le benevolenze di un Dio? Trovo senza senso, per dirlo con un eufemismo, il concetto del sacrificio umano come cosa grata a Dio. E mi domando: da dove trae origine questa convinzione?

Io per la verità mi sono dato una spiegazione ma mi porta a conclusioni cosi disarmanti che faccio fatica a crdere che la più importante religione del mondo fondi i sui principi e il suo credo su un credo di origine tribale. Lei cosa ne pensa?
Capisco Lei di certo avrà poco tempo e tante cose da fare ben più importanti, ma confido in una sua valutazione. Con cordialità.

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