Martin Van Buren

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Biografia

L'ottavo Presidente degli Stati Uniti d'America, Martin Van Buren, nasce il 5 dicembre del 1782 da una famiglia di origine olandese a Kinderhook, un villaggio dello stato di New York a 25 miglia da Albany. Suo padre, Abraham, è un fattore, oste e proprietario di sei schiavi, sostenitore dei Repubblicani Jeffersoniani, discendente di Cornelis Maessen, che si era trasferito da Buren, nei Paesi Bassi, nel 1631 alla volta del Nuovo Mondo. Martin cresce in una comunità che parla l'olandese come prima lingua: dopo aver frequentato la Kinderhook Academy, impara anche il latino. A quattordici anni inizia a studiare legge sotto l'ala protettiva di Francis Sylvester, funzionario federale; a vent'anni, si sposta nell'ufficio newyorchese di William P. Van Ness, presso cui svolge un anno di praticantato. Il 21 febbraio del 1807 Van Buren si sposa con sua cugina Hannah Hoes, a Catskill: anche la sua consorte proviene da una famiglia di origini olandesi. Gli darà cinque figli: Abraham (nato nel 1807), John (nato nel 1810), Martin (nato nel 1812), Winfield Scott (nato e morto nel 1814) e Smith Thompson (nato nel 1817). Hannah muore il 5 febbraio del 1819, all'età di trentacinque anni, a causa della tubercolosi.

Nel 1821 Martin Van Buren diviene senatore, e poi governatore, dello Stato di New York: in realtà la sua carica da governatore dura solo due mesi, visto che egli si dimette dopo essere stato nominato Segretario di Stato (è il decimo della storia americana) da Andrew Jackson, che già lo aveva nominato ambasciatore a Londra (tale carica, però, non era stata ratificata dal Senato). Nel 1833 Martin prende il posto di John Calhoun alla vice-presidenza degli Stati Uniti; quattro anni più tardi Martin Van Buren diventa l'ottavo presidente degli Usa, conquistando le elezioni grazie alle 170 preferenze espresse dai grandi elettori a fronte dei soli 73 voti raccolti dal suo avversario, il conservatore William Henry Harrison (mentre il divario relativo ai voti popolari è decisamente meno vasto, con poco più di 765mila voti per Van Buren e poco meno di 740mila per Harrison).

Martin Van Buren, quindi, diventa il primo presidente americano effettivamente nato negli Stati Uniti (visto che i suoi predecessori erano nati negli Usa quando ancora non erano indipendenti) e il primo di madrelingua non inglese. Il suo vice-presidente è Richard M. Johnson, senatore del Kentucky, eletto direttamente dal Senato visto che nessun candidato aveva ricevuto sufficienti voti: è la prima volta che il Senato elegge un vice-presidente. Data la sua vedovanza, Martin - che dopo la morte della moglie non si è più risposato - affida il ruolo di First Lady a Angelica Singleton, sua nuora, moglie di suo figlio Abraham.

Nei quattro anni di governo egli si dimostra oppositore delle ingerenze della politica nel settore economico, ritenendo che il governo migliore è quello che interviene il meno possibile. Van Buren, per altro, si trova immediatamente a fare i conti con una crisi finanziaria piuttosto grave, iniziata a un mese di distanza dalla sua nomina, nel maggio del 1837: molte banche di Philadelphia e di New York sono costrette al fallimento, dando vita alla prima grande depressione degli Stati Uniti. Il presidente, che per altro ritiene di non essere responsabile delle conseguenze della crisi sulla popolazione americana, si dimostra invece più preoccupato per la sorte dei fondi federali depositati nelle banche: per questo motivo propone la costituzione di un dipartimento del tesoro non sottoposto alle leggi federali e quindi indipendente. La sua proposta viene approvata dal Congresso il 4 luglio del 1840, in quella che lo stesso Van Buren definisce una seconda Dichiarazione di Indipendenza; il dipartimento, in realtà, viene abolito nel 1841, quando egli termina il proprio mandato e il suo posto viene preso da James Polk.

Terminata l'esperienza da presidente, prosegue il proprio impegno in politica, mostrandosi ambiguo a proposito della scomparsa della schiavitù. Vota, per esempio, contro l'ammissione del Missouri, essendo uno stato schiavista, e viene nominato candidato alla presidenza dal Free Soil Party, un partito politico contrario alla schiavitù: nonostante ciò, e pur considerando la schiavitù moralmente sbagliata, la accetta in quanto sancita dalla Costituzione.

Ritiratosi nella propria tenuta di Lindenwold, pianifica il proprio ritorno alla Casa Bianca, proponendosi per una nuova candidatura nel 1844: egli, però, viene superato da Polk nelle scelte dei Democratici, anche per colpa di una lettera in cui manifesta la propria opposizione all'annessione immediata del Texas. Ci riprova quattro anni più tardi, forte del sostegno della fazione Barnburner dei Democratici e dei Free Soilers: non ottenendo voti elettorali, favorisce la nomina di Zachary Taylor.

All'inizio degli anni Sessanta si ritira nella sua casa di Kinderhook, dove nell'autunno del 1861 si ammala di polmonite: Martin Van Buren muore l'anno successivo, il 24 luglio del 1862, all'età di 79 anni per colpa di un'asma bronchiale e di un'insufficienza cardiaca. Il suo corpo viene seppellito nel Kinderhook Cemetery, al fianco del cadavere della moglie Hannah.

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