Vincenzo Cardarelli
Biografia
Vincenzo Cardarelli, il cui vero nome è Nazareno Cardarelli, nasce il giorno 1 maggio del 1887 a Corneto Tarquinia in provincia di Viterbo.
La famiglia e la formazione
I genitori sono di estrazione molto umile e la madre Giovanna sarà praticamente assente dalla sua vita; tale assenza che provocherà molto dolore al poeta. Il padre, invece, Angelo Romagnoli, gestisce una piccolo caffè nella stazione ferroviaria di Tarquinia. Angelo viene soprannominato il "bisteccaro", che nel dialetto di Tarquinia significa uomo di modesta condizione economica, e Vincenzo a causa di una malformazione alla mano sinistra viene chiamato "il bronchetto del bisteccaro".
La difficile condizione familiare e la sua altrettanto complicata vita sociale lo fanno soffrire al punto da riversare nella sua poesia complicati sentimenti di odio e amore.
Spesso la nativa terra etrusca viene persino resa oggetto di una sorta di trasformazione favolistica.
Il padre, che avrebbe voluto trasformarlo in un commerciante, gli impedisce di seguire in maniera regolare i suoi studi.
I primi lavori
Per fortuna a diciassette anni si allontana da Tarquinia e dopo la morte del padre, nel 1906, comincia a impiegarsi in una serie di lavori: galoppino per un avvocato socialista, impiegato nella segreteria della federazione metallurgici, ed infine correttore di bozze e critico teatrale all'Avanti. Per l'Avanti scrive circa due articoli al giorno firmandosi con gli pseudonimi di Calandrino, Simonetta ecc.
Dopo l'esperienza romana con il giornale si trasferisce a Firenze, dove collabora alla rivista "La Voce" e inizia la stesura dei "Prologhi" (1914).
La prima produzione poetica di Vincenzo Cardarelli è molto influenzata da autori italiani come Leopardi e Pascoli, e soffusa di un senso di precarietà ed inquietudine che è anche caratteristica della sua vita personale.
La Prima guerra mondiale e gli anni '20
Nel 1914, grazie alla vincita di una borsa di studio per la Germania, Cardarelli decide di partire al fine di approfondire i suoi studi e intraprendere la carriera di professore universitario. Ma la guerra lo coglie proprio mentre è in viaggio verso Lugano, dove rimane cinque mesi occupandosi della revisione dei suoi Prologhi.
Il periodo della guerra vede Vincenzo Cardarelli in una condizione di notevoli ristrettezze economiche.
Non viene però richiamato alle armi a causa della malformazione alla mano sinistra.
Si distacca intanto dagli animatori della rivista "La Voce" con cui ha collaborato fino ad ora e fonda la rivista "La Ronda" (1919), alla base della quale pone la sua appassionata riscoperta del classicismo e della modernità del Leopardi. "La Ronda" si tiene abbastanza lontana dalla politica attiva e dal fascismo, proprio come Cardarelli che scrive solo qualche poesia a tematica politica, poi ripudiata.
Il giornale non ha però vita lunga e chiude i battenti nel 1923.
Nel frattempo pubblica la sua seconda opera, "Viaggi nel tempo" (1920), contenente anche una seconda parte dal titolo "Rettorica" con dei brani di critica letteraria. Al centro del suo nuovo stile poetico vi è il rapporto tra musica e poesia sviluppato grazie all'influenza della poesia francese di Baudelaire, Verlaine e Rimbaud.
In questi anni si sprofonda nel lavoro componendo "Favole della Genesi" (1921), una serie di favole bibliche, e "Favole e memorie" (1925).
Nel 1928, dopo la collaborazione alla rivista di Leo Longanesi "L'italiano", parte per la Russia come inviato del quotidiano romano "Il Tevere". Gli articoli che scrive in questo periodo, e che si propongono di osservare la società russa dopo la Rivoluzione di Ottobre, sono raccolti in un volume dal titolo "Viaggio d'un poeta in Russia".
"Il sole a picco" (1929) invece riprende le tematiche sia di Viaggi che di Memorie con rievocazioni mitiche e venate di melanconia della sua terra natale.
Seguono ben tre opere in prosa nel giro di pochi anni: "Parole all'orecchio", "Parliamo dell'Italia" e "La fortuna di Leopardi".
Gli anni '40 e successivi
Con l'avvicinarsi del secondo conflitto mondiale, qualcosa si spezza in Vincenzo Cardarelli che diventa sempre più tormentato ed inquieto.
In questo periodo vive in una camera d'affitto a Via Veneto a Roma ed è quasi paralizzato. Ogni giorno si fa portare al caffè Strega vicino casa sua e lì siede per ore completamente inattivo e immerso nei suoi pensieri.
Dopo l'arrivo degli alleati a Roma decide di tornare nella sua nativa Tarquinia, ma resta per poco tempo. Cerca di ritrovare la città e le atmosfere della sua infanzia ma ne rimane deluso.
Nel 1945 ritorna a Roma, tuttavia l'animo resta malinconico come dimostra il testo di ricordi "Villa Tarantola" (1948), vincitore del Premio Strega.
La sua situazione economica si fa così difficile che, dal 1943 al 1945, gli amici pittori Carrà, De Pisis e Giorgio Morandi vendono all'asta alcune loro opere per dargli una mano.
Le sue ultime pubblicazioni sono: "Solitario in arcadia" (1947), "Poesie Nuove" (1947), "Il viaggiatore insocievole" (1953).
Vincenzo Cardarelli muore a Roma il 18 giugno del 1959, all'età di 72 anni. Viene seppellito a Tarquinia secondo quanto da lui espressamente richiesto nel suo testamento.
Di lui Dino Risi disse:
Ai tavolini di via Veneto i letterati chiamavano Lattuada la «piccola vendetta lombarda», Alberto Moravia era l'Amaro Gambarotta. Vincenzo Cardarelli, che in piena estate indossava tre cappotti uno sopra l'altro, «il più grande poeta italiano morente».
Frasi di Vincenzo Cardarelli
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