Giuseppe Parini
Biografia • Luce concreta
Giuseppe Parino, che cambierà in seguito nome in Parini, nasce a Bosisio in provincia di Como il 23 maggio 1729, da Angela Maria Carpani e Francesco Maria Parino, piccolo commerciante di seta.
Giuseppe studia a Milano presso i padri barnabiti; in seguito per poter usufruire di una modesta rendita lasciatagli dalla prozia alla quale era stato affidato, intraprende la strada per diventare sacerdote. Dal 1754, anno in cui prende i voti, e per alcuni anni è precettore nelle case di nobili famiglie, fino al 1762 i Serbelloni, poi gli Imbonati.
Già nel 1752, grazie alla rendita ottenuta, aveva pubblicato una raccolta di rime dal titolo "Alcune poesie di Ripano Eupilino" (Ripano è l'anagramma di Parino, Eupili è il nome latino del lago di Pusiano, presso il quale sorge il suo paese natale). Nel 1753 viene ammesso all'Accademia dei Trasformati, cosa che gli dà modo di partecipare alla vita intellettuale della Milano illuministica.
Grazie al successo delle prime due parti del poemetto "Il giorno", viene segnalato al governatore di Milano, conte Firmian: Parini ottiene così nel 1768 la direzione della "Gazzetta di Milano"; poi nel 1769 ottiene la cattedra di Eloquenza alle Scuole palatine (che nel 1773 diventeranno ginnasio di Brera); infine gli viene assegnata la sovrintendenza delle scuole pubbliche.
Nel 1796 con l'arrivo a Milano dei francesi entra a far parte per qualche tempo della municipalità democratica di Milano, tuttavia deluso dal comportamento dei rivoluzionari, e per le sue idee moderate, viene privato di ogni incarico.
Con l'esperienza maturata in casa Serbelloni, Parini aveva osservato la vita della nobiltà in tutti i suoi aspetti assorbendo e rielaborando quelle nuove idee che arrivavano dalla Francia di Voltaire, Montesquieu, Rousseau, Condillac e dell'"Encyclopédie", idee che influenzeranno tutti gli scritti di questo periodo come il "Dialogo contro la nobiltà" (1757), le odi "La vita rustica" (pubblicata però nel 1790 nelle "Rime degli arcadi" con lo pseudonimo di Darisbo Elidonio), "La salubrità dell'aria" (1759) e "La impostura" (1761).
Tra le sue opere più note vi è anche il "Dialogo sopra la poesia" (1761). Del 1765 sono altre due odi di ispirazione sociale "L'innesto del vaiuolo" in cui sostiene la necessità di divulgare l'uso della vaccinazione, e "Il bisogno sull'abolizione della tortura", un'analisi che individua nella povertà l'origine della criminalità. Nel 1769 scrive "La musica" in cui polemizza contro l'uso dell'evirazione nei fanciulli per creare cantanti soprani.
Quando si chiude il periodo di slancio illuminista lombardo, anche la vena polemica di Parini si attenua, avvicinandosi di fatto alla poetica neoclassicista: la sua attenzione si punta sull'interiorità. Nelle Odi "Il pericolo" (1787), e "Il dono" (1790) si avvertono questi mutamenti: questi scritti si ispirano alla bellezza femminile, inquietante nella prima, rasserenatrice nella seconda.
Altre tarde "Odi" neoclassiciste si trovano nel "Giorno", poema satirico in endecasillabi sciolti: le prime due parti "Il mattino" (1763), "Il mezzogiorno" (1765), vengono pubblicate in vita; in seguito lavorerà per rifinire queste due parti e completare "Il vespro" (1801), mentre "La notte" rimarrà incompiuta.
L'ultima ode composta da Parini è "Alla Musa" (1795), una celebrazione della poesia come culto delle cose nobili e buone.
Il poeta muore il 15 agosto 1799 nella sua abitazione di Brera; nello stesso giorno detta il noto sonetto "Predàro i filistei l'arca di Dio", celebrante il ritorno degli austriaci a Milano, avvenuto da pochi mesi.
Sepolto a Milano nel cimitero di Porta Comasina, Parini stesso aveva chiesto nel suo testamento funerali modesti: "Voglio, ordino e comando che le spese funebri mi siano fatte nel più semplice e mero necessario, ed all'uso che si costuma per il più infimo dei cittadini".
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