Andrew Johnson

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Biografia

Andrew Johnson nasce il 29 dicembre 1808 a Raleigh, nella Carolina del Nord, in una famiglia estremamente povera. Figlio di Jacob Johnson, un portiere d'albergo che muore quando Andrew ha solo tre anni, e di Mary McDonough, una lavandaia che lotta duramente per mantenere la famiglia.

La povertà estrema non permette al giovane Andrew di ricevere un'educazione formale, e all'età di dieci anni viene mandato come apprendista presso un sarto locale.

Durante questo periodo, sviluppa un profondo risentimento verso i proprietari terrieri e l'aristocrazia del Sud, sentimento che influenzerà il suo futuro politico.

Non impara a leggere fino all'età adulta, quando la moglie Eliza McCardle, che sposa nel 1827, gli insegna le basi della lettura e della scrittura.

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L'ascesa politica

Johnson inizia la sua carriera politica nel Tennessee, dove si trasferisce nel 1826, aprendo una sartoria a Greeneville che diventa presto un punto di ritrovo per discussioni politiche.

Nel 1829 viene eletto consigliere comunale di Greeneville e rapidamente scala le posizioni politiche: diventa sindaco nel 1830, entra nella legislatura statale del Tennessee nel 1835 e nel 1843 viene eletto alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti.

Durante questi anni sviluppa una reputazione di difensore dell'uomo comune e sostenitore dei diritti degli Stati, posizioni che caratterizzano la sua carriera politica.

Nel 1853 viene eletto governatore del Tennessee, carica che mantiene fino al 1857, quando entra nel Senato degli Stati Uniti.

Nonostante provenga da uno stato schiavista, Johnson si oppone fermamente alla secessione, diventando l'unico senatore del Sud a rimanere fedele all'Unione quando il Tennessee si unisce alla Confederazione nel 1861.

Questa posizione gli vale il rispetto del presidente Abraham Lincoln, che nel 1862 lo nomina governatore militare del Tennessee riconquistato.

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La vicepresidenza e l'ascesa alla presidenza

Nel 1864, in un tentativo di creare un'alleanza tra repubblicani e democratici unionisti, Lincoln sceglie Andrew Johnson come candidato vicepresidente per il Partito dell'Unione Nazionale.

Johnson, democratico del Sud e leale all'Unione, rappresenta l'ideale bilanciamento per il ticket elettorale.

Dopo la vittoria alle elezioni, Johnson presta giuramento come vicepresidente il 4 marzo 1865.

La sua cerimonia di insediamento diventa oggetto di imbarazzo nazionale quando Johnson, che aveva bevuto whisky per alleviare i sintomi di una recente malattia, pronuncia un discorso incoerente che molti considerano inappropriato.

Solo sei settimane dopo, il 14 aprile 1865, Lincoln viene assassinato da John Wilkes Booth. Andrew Johnson diventa improvvisamente il 17º presidente degli Stati Uniti, assumendo la guida di una nazione profondamente divisa e traumatizzata dalla Guerra Civile.

La presidenza e la Ricostruzione

La presidenza di Johnson si concentra principalmente sulla Ricostruzione, il processo di reintegrazione degli stati confederati nell'Unione dopo la Guerra Civile.

Inizialmente, molti repubblicani radicali temono che Johnson, essendo un democratico del Sud, possa essere troppo indulgente con gli ex confederati.

Tuttavia, nei primi mesi della sua amministrazione, Johnson adotta una linea dura, escludendo dalle amnistie i ricchi proprietari terrieri e i leader confederati.

Con il passare del tempo, però, la sua posizione cambia drasticamente.

Johnson inizia a favorire una rapida riammissione degli stati del Sud con poche condizioni, in contrasto con i repubblicani radicali che vogliono una trasformazione più profonda della società meridionale, compreso il diritto di voto per gli ex schiavi e una redistribuzione delle terre.

Nel maggio 1865, Johnson emette il suo Proclama di Amnistia e Perdono, che offre clemenza alla maggior parte degli ex confederati che giurano fedeltà all'Unione e alla Costituzione.

Sotto la sua "Ricostruzione presidenziale", gli stati del Sud possono rientrare nell'Unione dopo aver ratificato il Tredicesimo Emendamento (che abolisce la schiavitù), revocato i decreti di secessione e ripudiato il debito confederato.

Tuttavia, non impone il suffragio nero come condizione per la riammissione, e molti stati del Sud approvano i "Codici Neri", leggi progettate per limitare i diritti civili ed economici degli afroamericani liberati.

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Il conflitto con il Congresso

Il conflitto tra Johnson e il Congresso dominato dai repubblicani radicali diventa presto aperto.

Andrew Johnson pone il veto a progetti di legge fondamentali come l'estensione del Freedmen's Bureau e il Civil Rights Act del 1866, che mirano a proteggere i diritti degli afroamericani.

Il Congresso reagisce scavalcando i veti presidenziali e approvando il 14° Emendamento, che garantisce la cittadinanza e l'uguale protezione della legge a tutti i nati o naturalizzati negli Stati Uniti.

Johnson si oppone all'emendamento e incoraggia gli stati del Sud a non ratificarlo, acuendo ulteriormente il conflitto con il Congresso.

Le elezioni di metà mandato del 1866 si trasformano in un referendum sulla politica di Ricostruzione di Johnson, con una netta vittoria dei repubblicani radicali.

Il nuovo Congresso approva il First Reconstruction Act nel marzo 1867, dividendo il Sud in cinque distretti militari e imponendo condizioni più severe per la riammissione all'Unione, incluso il suffragio nero.

Johnson continua a opporsi a queste misure, ma i suoi veti vengono sistematicamente scavalcati.

L'impeachment

Il conflitto tra Johnson e il Congresso raggiunge il culmine con il Tenure of Office Act del 1867, una legge che richiede l'approvazione del Senato per la rimozione dei funzionari nominati con il consenso del Senato stesso.

Johnson considera questa legge incostituzionale e la sfida apertamente licenziando il Segretario alla Guerra Edwin M. Stanton, un alleato dei repubblicani radicali.

Questa azione porta la Camera dei Rappresentanti a votare l'impeachment di Johnson il 24 febbraio 1868, accusandolo di "alti crimini e misfatti", principalmente per la violazione del Tenure of Office Act.

Il processo di impeachment al Senato inizia il 5 marzo 1868 e dura fino al 26 maggio.

Johnson non partecipa personalmente, ma viene rappresentato da un team di avvocati di alto profilo.

Il voto finale vede 35 senatori favorevoli alla condanna e 19 contrari, un solo voto in meno rispetto ai due terzi necessari per rimuovere il presidente dall'incarico.

Johnson rimane così in carica, ma la sua autorità politica risulta gravemente compromessa.

Gli ultimi anni della presidenza

Negli ultimi mesi della sua presidenza, Johnson continua a opporsi alle politiche radicali di Ricostruzione, ma con un'efficacia sempre minore.

Il suo ultimo atto significativo è l'amnistia natalizia del 25 dicembre 1868, che concede il perdono a tutti coloro che hanno partecipato alla ribellione confederata.

Johnson non ottiene la nomina democratica per le elezioni presidenziali del 1868, che vedono la vittoria del repubblicano Ulysses S. Grant.

Il ritorno alla politica e la morte

Dopo aver lasciato la Casa Bianca nel marzo 1869, Johnson torna al Tennessee e cerca di riprendere la sua carriera politica.

Nel 1872 si candida al Congresso come indipendente ma viene sconfitto.

Nel 1874, ha più successo e viene eletto al Senato degli Stati Uniti, diventando l'unico ex presidente a servire in quella camera.

Il suo ritorno a Washington viene visto come una forma di riabilitazione personale.

Tuttavia, Johnson serve solo per una breve sessione nel marzo 1875 prima di morire il 31 luglio dello stesso anno per un ictus durante una visita alla casa della figlia a Carter Station, Tennessee.

Viene sepolto a Greeneville, avvolto nella bandiera americana con una copia della Costituzione americana come cuscino sotto la testa, come da sua richiesta.

Vita privata e famiglia

Andrew Johnson sposa Eliza McCardle il 17 maggio 1827, quando lui ha 18 anni e lei 16. Eliza è fondamentale nell'aiutare Johnson a migliorare la sua educazione e diventa una partner importante durante la sua carriera politica, anche se preferisce rimanere lontana dai riflettori pubblici.

La coppia ha cinque figli: Martha (1828), Charles (1830), Mary (1832), Robert (1834) e Andrew Jr. (1852).

La famiglia Johnson vive momenti difficili durante la Guerra Civile: mentre Andrew rimane leale all'Unione, alcuni membri della famiglia simpatizzano per la Confederazione, creando tensioni familiari.

Durante la presidenza di Johnson, Eliza soffre di tubercolosi e appare raramente in pubblico, delegando i compiti di First Lady alla figlia Martha.

I figli maschi di Johnson hanno vite travagliate: Charles muore nel 1863 dopo una caduta da cavallo mentre presta servizio nell'esercito dell'Unione, e Robert lotta con l'alcolismo per tutta la vita.

Andrew Johnson

Curiosità

Andrew Johnson è noto per diverse peculiarità che lo distinguono nella storia presidenziale americana. È l'unico presidente che non frequenta nemmeno un giorno di scuola formale, imparando invece a leggere e scrivere da adulto grazie alla moglie.

La sua formazione come sarto non lo abbandona mai: anche durante la sua carriera politica, inclusa la presidenza, Johnson continua a cucire i propri vestiti e talvolta regala abiti fatti a mano a supporter e amici.

Durante il suo mandato presidenziale, Andrew Johnson adotta un topolino bianco trovato nella sua camera da letto alla Casa Bianca, nutrendolo personalmente con cibo dalla sua tavola e considerandolo un portafortuna.

Nonostante la sua scarsa educazione formale, Johnson è conosciuto per la sua memoria fotografica che gli permette di ricordare interi passaggi della Costituzione e di altri documenti dopo averli sentiti leggere solo una volta.

Un'altra curiosità riguarda il suo atteggiamento verso l'alcol: sebbene il suo discorso da vicepresidente sotto l'influenza dell'alcol sia rimasto tristemente famoso, Johnson non è mai stato generalmente un bevitore abituale. Aveva bevuto whisky prima della cerimonia solo per calmare i nervi durante una convalescenza da tifo. Per il resto della sua vita politica, questo episodio venne usato dai suoi oppositori per screditarlo, nonostante le sue abitudini generalmente sobrie.

Una delle sue caratteristiche più durature è il suo stile oratorio diretto e spesso provocatorio. A differenza di molti politici dell'epoca, Johnson predilige un linguaggio semplice e talvolta tagliente, rivolgendosi direttamente all'uomo comune. Questo stile, unito alle sue umili origini, gli vale il soprannome di "plebeian president" (il presidente plebeo) e contribuisce alla sua immagine di outsider anche ai vertici del potere americano.

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