Julius Evola
Biografia • Un'analisi del mondo moderno
Julius Evola nasce il 19 maggio del 1898 a Roma da una famiglia siciliana di nobili origini. Appassionatosi alle opere di Gabriele D'Annunzio, Oscar Wilde e Friedrich Nietzsche, a diciannove anni partecipa alla Prima Guerra Mondiale in qualità di ufficiale di artiglieria. Assegnato a posizioni di prima linea non lontano da Asiago, non viene impegnato in azioni militari degne di note, mentre sviluppa una certa attrazione verso quegli stessi Stati imperiali che è chiamato a combattere.
Tornato a Roma alla fine del conflitto, è vittima di una profonda crisi esistenziale, che lo porta a utilizzare sostanze stupefacenti. Nello stesso periodo in cui si suicidano sia Michelstaedter che Weininger, pensa di togliersi la vita. Cambia idea dopo aver letto un testo buddhista, che rappresenta per Julius Evolauna sorta di illuminazione. Abbandonate le velleità artistiche (smette di dipingere e di scrivere poesie tra il 1921 e il 1922), si avvicina ancora di più alla filosofia, concludendo nel 1924 la stesura di "Teoria e Fenomenologia dell'individuo assoluto" (che aveva iniziato a scrivere già in trincea), che verrà pubblicato nel 1927 e nel 1930 in due volumi dall'editore Bocca. In queste opere, l'autore rivela il proprio interesse per le dottrine connesse alla Gnosi, al sacro e al sovrarazionale.
Negli stessi anni, Evola inizia a frequentare, a Roma, circoli di spiritualismo, avendo la possibilità di conoscere antroposofi, kremmerziani e teosofi. Intraprende, inoltre, un rapporto amoroso piuttosto controverso con la scrittrice Sibilla Aleramo. A metà degli anni Venti collabora con riviste come "Bilychnis", "Ultra", "Atanor" e "Ignis", ma anche a testate dichiaratamente antifasciste come "Lo Stato democratico" e "Il mondo", che ospitano i suoi pensieri contraddistinti da un antifascismo lontano dalla democrazia. Sul finire del decennio, diventa coordinatore del Gruppo di UR, realizzando un'antologia che sarà pubblicata con il titolo "Introduzione alla magia quale scienza dell'io". Nel 1928 l'intellettuale attacca il cristianesimo con "Imperialismo pagano", invitando il fascismo a troncare i rapporti con i cattolici. Intraprende, nello stesso periodo, un carteggio con Giovanni Gentile, mentre già da qualche anno intrattiene un rapporto epistolare costante con Benedetto Croce.
All'inizio degli anni Trenta, insieme con il padre della psicanalisi italiana Emilio Servadio ed altri amici, Julius Evola realizza "La Torre": nel primo editoriale, auspica una radicale rivolta che ponga fine alla civiltà moderna, intesa come "onnipervadenza insolente della tirannide economica e sociale". Nei suoi scritti, l'autore manifesta apertamente pensieri in contrapposizione con la linea fascista, al punto che, per qualche mese, è costretto a girare con una guardia del corpo per Roma. Inizialmente viene diffidato dal proseguire le pubblicazioni, fino a quando egli, ignorando la diffida, è costretto a dire addio alla "Torre" dopo il decimo numero, quando a tutte le tipografie la polizia politica impedisce di stampare. Nel 1931 Julius Evola pubblica "La tradizione ermetica", cui segue, l'anno successivo, "Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo". L'esperienza della "Torre", comunque, ha lasciato tracce evidenti: egli capisce che, se vuole agire in maniera libera, ha bisogno di una protezione da parte dei fascisti. Trova tale protezione nel quotidiano "Il Regime Fascista", di Farinacci, e nel mensile "La Vita Italiana", di Giovanni Preziosi.
Nel 1934 pubblica l'opera che oggi viene riconosciuta come la più importante della sua produzione, "Rivolta contro il mondo moderno", in cui rilegge la storia secondo il ciclico schema delle età dell'oro, dell'argento, del bronzo e del ferro. Mentre il regime fascista si dimostra sempre più razzista, l'autore si dedica al problema nei libri "Il mito del sangue" e "Sintesi di dottrine della razza", in cui descrive come abiezioni moderne le teorie dell'eredità eugenetica. Pur essendo osteggiato da ambienti ufficiali tedeschi, compie diversi viaggi in Germania, invitato a presenziare a conferenze.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Julius Evola chiede di partire volontario, ma non riesce nell'intento. Dopo i fatti dell'8 settembre 1943, egli accoglie Mussolini al Quartier Generale di Hitler; quindi, aderisce alla RSI, proprio mentre Laterza pubblica "La dottrina del risveglio", un saggio dedicato all'ascesi buddhista. Gli ultimi anni della guerra passano tra Germania e Austria: nell'aprile del 1945 Evola viene coinvolto a Vienna in un bombardamento. Le conseguenze sono gravi: lesioni al midollo spinale e paralisi agli arti inferiori che nessuna operazione chirurgica sarà in grado di rimediare. Trasferito a Bologna tre anni più tardi tramite la Croce Rossa Internazionale, può fare ritorno a Roma nel 1951, dopo anni di calvario e assistenza ospedaliera precaria. Nel 1950 scrive "Orientamenti", in cui analizza le direttrici di un'azione culturale e politica che i giovani che leggono i suoi libri dovrebbero seguire.
Implicato nel processo contro i FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria - viene arrestato in qualità di loro ispiratore) e in seguito assolto anche grazie alla difesa gratuita di Francesco Carnelutti, un avvocato antifascista, dà alle stampe nel 1953 "Gli uomini e le rovine", una sorta di seguito di "Orientamenti". Cinque anni più tardi pubblica "Metafisica del sesso", mentre al 1961 risale "Cavalcare la tigre". In questi anni egli vive a Roma, in corso Vittorio Emanuele, mantenendosi con la pensione di invalido di guerra, scrivendo per diverse testate e traducendo libri. Nel 1963 scrive "Il fascismo visto dalla destra", per la casa editrice Volpe, in cui analizza gli aspetti negativi e positivi derivati dall'esperienza fascista. Secondo Evola, il regime mussoliniano ha rappresentato un tentativo generoso, che tuttavia non è sfuggito dalla fenomenologia delle ideologie moderne.
Alla fine degli anni Sessanta è vittima di uno scompenso cardiaco acuto, che si ripete nel 1970. Ricoverato in ospedale, Julius Evola si ribella al suo medico personale, e arriva a minacciare di denunciarlo addirittura per sequestro di persona. Anche negli ultimi anni della sua vita egli continua a rilasciare interviste e a scrivere. In seguito a costanti peggioramenti delle sue condizioni di salute, la morte lo coglie l'11 giugno del 1974, quando egli spira seduto al tavolo di lavoro, guardando il Gianicolo fuori dalla finestra. Il suo cadavere viene cremato, e le ceneri consegnate al suo compagno di scalate Eugenio David, che avrà il compito di distribuirle in un crepaccio del Monte Rosa.
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