Tadeusz Kantor

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Biografia Teatro come vita

Tadeusz Kantor, uno dei più grandi drammaturghi del Novecento, nasce il 6 aprile 1915 a Wielopole (Polonia), un villaggio a pochi chilometri da Cracovia, da madre cattolica e padre ebreo. È però costretto a crescere con la sola madre e lo zio prete, poiché il padre, dopo la fine della prima guerra mondiale, era fuggito con un'altra donna, senza far mai più ritorno a casa. Di lui si sa però che morì qualche decennio dopo nei campi di sterminio.

Dopo aver completato l'istruzione primaria nell'economicamente depressa Polonia, il futuro drammaturgo si iscrive poco più che maggiorenne all'Accademia di Belle Arti di Cracovia, dove assimila la lezione teatrale delle teorie artistiche di matrice simbolista e del Bauhaus.

Il talento di Kantor si è comunque sempre espresso in più direzioni. Durante la seconda guerra mondiale si ritrova a fabbricare bambole (memore della lezione di Gordon Craig, suo insegnante in Accademia, teorico della supermarionetta teatrale), ma è anche pittore e decoratore. In seguito, fonda il Teatro Indipendente, una compagnia teatrale clandestina che raccoglie attori e artisti, condannata a perpetuare le sue rappresentazioni in condizioni di estrema difficoltà e con lo spauracchio di vedersi le bombe cadere in testa da un momento all'altro.

Di fatto, questo tipo di esperienza, il contatto diretto da un lato con la morte e dall'altro con la paradossale sublimità del teatro, lo porta ad elaborare una visione del tutto personale della performance teatrale, in cui si percepisce distintamente il senso frustrante della perdita di certezze tipica del Novecento (così com'è tipico il senso della precarietà della vita).

Ma è solo nel 1955, che Kantor dà vita a quella che è ricordata come una delle più grandi esperienze del Teatro europeo del nostro secolo il "Cricot 2" (anagramma dell'espressione polacca "ecco il circo"). Un gruppo di artisti eterogenei, attori professionisti e dilettanti, pittori, poeti, teorici dell'arte, questa era l'anima del Teatro Cricot 2, una eccezionale fusione tra la pittura ed il Teatro. D'altronde, la passione per la pittura, ha contribuito non poco a fare di Kantor un uomo di Teatro molto speciale, incapace di lasciarsi influenzare da qualsivoglia dottrina costituita.

Fino alla metà degli anni settanta, la compagnia (composta da artisti ma non attori professionisti) rappresenta solo sei spettacoli, di cui cinque su testi di Stanislaw Witkiewicz. La prassi kantoriana, in questo periodo, è infatti la sperimentazione di diversi linguaggi sui testi di un unico autore.

Kantor e il Cricot 2 acquistano però fama mondiale fra il 1975 e il 1980 con la celebre opera teatrale "La classe morta". In essa non si sviluppa una storia e i personaggi vi appaiono piuttosto come in una struggente evocazione. L'autore stesso l'ha definita una "seduta drammatica" che passa attraverso una comicità livida e familiare allo stesso tempo, straziata dal nichilismo.

Durante questi anni, dunque, Kantor acquista notorietà internazionale anche come artista figurativo e sperimenta sia la tecnica dell'emballage sia la strada dell'happening.

Nella successiva pièce del 1980, "Wielopole Wielopole" (basato sui ricordi dell'omonimo paese natale), sono al centro dello spettacolo i meccanismi della memoria, mentre in quello dell'85, "Crepino gli artisti", il drammaturgo scava nei rapporti fra memoria e identità, disvelando come in questo meccanismo giochi un ruolo fondamentale anche la rimozione di quella memoria così tanto idolatrata. Nella rappresentazione, Kantor incontra l'immagine di se stesso a sei anni, da adulto e da vecchio morente, così come in "Qui non ci torno più", del 1988, metterà in scena se stesso mentre incontra i personaggi cui ha dato vita con la sua opera. L'ultimo spettacolo, "Oggi è il mio compleanno", sempre lo stesso Kantor, in un vertiginoso gioco di specchi fra realtà e finzione, muore all'alba del giorno della prova generale.

Potrà stupire questo eccesso di autobiografismo, ma la verità è che gli spettacoli di Kantor sono tutti contraddistinti proprio da una forte componente autobiografica e sono segnati da un forte egocentrismo. Un Teatro quindi privo di alcune componenti tradizionali e che rappresenta una forma di espressione unica. Unica perché paradossalmente dipendente dal suo creatore, ma proprio per questo intensamente vera. Come vero dovrebbe essere il Teatro. Fiumi di inchiostro sono stati utilizzati per scandagliare questo rapporto tutto particolare che il drammaturgo ha stabilito fra vita e rappresentazione, fra autore e fruitore, in una logica dove tutte le distinzioni appaiono sfumate.

È forse per questa intrinseca ragione che Kantor non ha lasciato eredi né una scuola, e che la sua scomparsa(8 dicembre 1990) abbia generato un grande senso di vuoto in chi lo ha conosciuto. Tuttavia, la sua concezione della vita e dell'arte rivivono talvolta nella sperimentazione e nell'immaginario teatrale dei più sensibili drammaturghi contemporanei.

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