W.C. Fields
Biografia • Caustico eccentrico
W.C. Fields è stato uno dei più amati comici del suo tempo: bizzarro e cinico, ha portato sulle scene e sullo schermo, ma soprattutto nella sua vita reale, il personaggio di misogino tracagnotto dal naso sempre rosso, misantropo ed alcolizzato, pronto a sparlare del Natale, dei bambini e di qualsiasi ipocrita convenzione sociale.
Celebre per la sua lingua tagliente e per le battute crudeli, Fields aveva uno humour che proveniva dalla sua visione del mondo, dal suo modo sprezzante e disincantato di intendere la vita. Tra le sue manie si ricorda quella di pretendere che l'amante si acconciasse come una cinese, e così pure sono diventate leggendarie le sue lotte furibonde con il piccolo partner Baby Le Roy; una volta è arrivato a mescolare del gin al latte del bimbo mettendosi ad urlare "Portate fuori questo ubriacone, non fa parte della mia compagnia!".
Per anni avrebbe portato incredibili baffetti posticci solo perché tutti li detestavano; amava invece i pic-nic, John Barrymore e spillar soldi ai produttori hollywoodiani.
William Claude Dukenfield nasce a Philadelphia, in Pennsylvania (USA), il 29 gennaio 1879. Di famiglia poverissima, scappa di casa dopo aver quasi fatto letteralmente impazzire il padre (così dirà egli stesso) e, bizzarramente, si sostenta imparando a fare il giocoliere. Mentre maneggia le carte comincia a dire battute divertenti, e così si fa ben presto un nome come intrattenitore.
Nel 1894 lavora per un breve periodo in un teatro all'aperto a Plymouth Park, Norristown, e nel 1898 debutta a New York, al London Theatre sulla Bowery, non solo come giocoliere ma anche come comico.
Ed è così che comincia il successo: nel 1900 parte per l'Europa e ottiene un buon successo, in Inghilterra come in Francia, in Germania come in Spagna.
Tornato in America, diventa famoso nel circuito del vaudeville e del musical, e nel 1908 viene richiamato in Francia per esibirsi alle "Folies Bergère" in un programma nel quale è presente anche Maurice Chevalier. Il suo successo cresce con le sue partecipazioni, dal 1914 al 1921, alle "Ziegfeld Follies" e alla rivista "Poppy", che nel 1923 sbanca i botteghini dei teatri di Broadway.
In seguito è al centro di alcune edizioni di non meno celebri riviste, come le "Earl Carroll's Vanities" e i "George White's Scandals", presentando dapprima delle pure pantomime senza ausilio di parole, poi integrandole con battute. Celeberrimo è il suo numero della partita di biliardo, poi ripreso anche sullo schermo.
Verso la metà degli anni '20, in piena epoca del muto, W.C. Fields debutta nel cinema, lavorando persino in due film, purtroppo poco fortunati, diretti dal grande David W. Griffith. Ma sarà solo nel decennio successivo, con l'avvento del sonoro, che la sua comicità, soprattutto verbale, sarà messa giustamente in risalto.
La sua pronuncia nasale e strascicata, tipica del bevitore di gin che ha la gola rovente e la lingua impastata, darà maggior colore al suo personaggio di tracagnotto scostante, cinico e ubriacone, dal fare spicciolo e burbero. "Possiedo - sostiene - un self-control straordinario. Prima di colazione non bevo mai nulla di più forte del gin".
Il suo ruolo cinematografico più celebre è certo quello del signor Micawber nel film "Davide Copperfield" (David Copperfield, 1935) di George Cukor, tratto dall'omonimo romanzo di Dickens, anche se ha la colpa di aver confinato un comico estroso come Fields nei limiti di un copione. Successivamente fornirà altre brillanti prove cinematografiche in esilaranti commedie che quasi sempre portano anche la sua firma, e in cui interpreta sovente ruoli di farneticanti scansafatiche bistrattati dalla famiglia, o di balordi imbroglioni pronti a cacciarsi nei guai.
Tra i titoli più significativi della sua filmografia ricordiamo "Se avessi un milione" (If I Had a Million, 1932), film ad episodi che ironizza sul mito del denaro, e che tra i suoi registi vede anche il prestigioso nome di Ernst Lubitsch, "Compagni d'allegria" (The Old Fashioned Way, 1934) di William Beaudine, in cui vengono ironicamente palesati il suo odio per i bambini e l'assenza di autocommiserazione anche nei momenti più difficili, "You Can't Cheat an Honest Man" (1939) di George Marshall, il suo film preferito, ambientato in uno sgangherato circo, "Mia bella pollastrella" (My Little Chickadee, 1940) di Edward Cline, in cui al fianco della procace Mae West scherza sugli stereotipi dei film western, e "Un comodo posto in banca" (The Bank Dick, 1940) di Edward Cline, in cui impersona un'imbranata guardia di banca coinvolta in un rapina, e che per sbaglio diventa un eroe.
Con l'avanzare dell'età e l'abuso di alcolici, le sue condizioni di salute peggiorano considerevolmente: "Ho tanto bevuto alla salute degli altri - avrebbe detto - che ho finito con il perdere la mia". Per paradosso si spegne nel 1946, all'età di sessantasette anni, nel giorno che più odiava, quello di Natale.
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