Gerhart Johann Robert Hauptmann
Biografia
Gerhart Johann Robert Hauptmann nasce il 15 novembre 1862 ad Obersalzbrunn Bad, nella Slesia meridionale, in Germania (oggi la città si chiama Szczawno-Zdrój, ed è in Polonia), ultimo dei quattro figli di Robert e Marie Straehler. Insofferente al rigore scolastico, gli anni che seguono l'adolescenza sono segnati da un rapporto con gli studi tormentato ed infruttuoso. Frequenta dapprima un liceo di Breslavia che abbandona per intraprendere gli studi di agraria; troncato anche questo tentativo si dedica per qualche tempo alle Belle Arti presso l'Accademia di Breslavia che lascia nel 1882 per raggiungere il fratello Carl, studente all'università di Jena, dove segue senza alcun metodo lezioni umanistiche e scientifiche.
Assecondando la sua indole irrequieta, dopo qualche tempo Hauptmann parte alla volta della Spagna e dell'Italia. Qui visita Capri, Napoli fermandosi poi a Roma, nel 1884. La "città eterna" risveglia in lui la passione per le belle arti: lavora infatti come scultore ma, come egli stesso confessa nella sua autobiografia, "è qui che ho finalmente deciso per la letteratura". A Roma dunque trova la tanto ricercata svolta, individuando nella letteratura e nella poesia la sua più autentica vocazione, ed iniziando dunque a cimentarsi con la stesura dei primi scritti in prosa e in versi. Rientrato in patria, nel 1885 sposa Mary Thienemann, una ricca borghese, sorella, peraltro, delle mogli dei due fratelli maggiori George e Carl.
Quasi a voler recuperare il molto tempo perso a rincorrere bizzarre velleità, Gerhart Hauptmann si lancia con vera passione nella scrittura: nei soli anni che vanno dal 1887 al 1893 pubblica un volume di liriche, molte fra le sue più celebri novelle e sette drammi tra i quali "Prima dell'alba" (Vor Sonnenaufgang, 1889), dramma sociale che dà la stura al movimento naturalista nel teatro tedesco, e "I tessitori" (Die Weber, 1892), capolavoro assoluto costruito intorno alle rivolte dei tessitori della Slesia del 1844, assunti ad emblema di una nuova coscienza della classe operaia e dei diseredati. Segue un periodo di allontanamento dal naturalismo, entrando nel surreale e nel fiabesco con "L'ascensione di Hannele" (Hanneles himmelfahrt, 1894), e "La campana sommersa" (Die versunkene glocke, 1896), per tornare alla crudezza del mondo reale con "Florian Geyer" (1895), "Il vetturale Henschel" (Fuhrmann Henschel, 1898) e "Rose Bernd" (1903).
La successiva produzione drammaturgica risulta meno brillante; fra le varie opere emerge soltanto "E Pippa danza!" (Und Pippa tanzt, 1906), dedicata alla fugacità della bellezza. Giunto intorno ai cinquant'anni lascia il teatro per dedicarsi al romanzo: nel 1910 pubblica "Il pazzo in Cristo Emanuele Quint" (Der narr in Christo Emmanuel Quint) e, nel 1918, è la volta de "L'eretico di Soana" (Der ketzer von Soana), entrambi incentrati sulla problematica religiosa. Del 1924 è "L'isola della grande madre" (Die insel der grossen mutter).
Notevoli, ancora, sono "Il libro della passione" (Das buch der leidenschaft), sua autobiografia pubblicata nel 1930 e "Il grande sogno" (Der grosse traum, 1942), poema dai motivi stilistici danteschi. Per i suoi meriti letterari viene insignito, nel 1912, del premio Nobel per la Letteratura, "in riconoscimento della sua fertile, varia ed eccelsa produzione nella sfera dell'arte drammatica". Trascorre gli ultimi anni ad Agnetendorf, dove si spegne all'età di 84 anni, il 6 giugno 1946.
Insieme a Wagner, Schiller, Lessing e pochi altri, Gerhart Johann Robert Hauptmann si iscrive nella ristretta cerchia che ha saputo fare della Germania, per circa un secolo, il faro internazionale della tragedia. La sua traboccante produzione artistica conta ben 45 drammi, 18 tra romanzi e novelle, 6 poemi, 3 raccolte di poesie. Oltre alle opere citate, si ricordano in particolare: "La festa della pace" (Das friendenfest, 1892); "Uomini solitari" (Einsame menschen, 1891); "Il cantoniere" (Bahnwarter thiel, 1892); "La pelliccia di castoro" (Der biberpelz, 1893); "Il povero Enrico" (Der arme Heinrich, 1902); "I topi" (Die ratten, 1911).
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