Giovan Battista Marino
Biografia
Giovan Battista Marino è considerato il massimo esponente italiano del Barocco in letteratura, in particolare della poesia barocca. Nasce il 14 ottobre del 1569 a Napoli, figlio di Giovanni Francesco, un notaio frequentatore del cenacolo di Giovanni Battista Della Porta.
Istruito dall'umanista Alfonso Galeota, studia legge secondo le indicazioni paterne, ma abbandona il proposito nel 1586, anno in cui egli viene - quindi - lasciato dal padre letteralmente in mezzo a una strada.
Dal vagabondaggio alla protezione di un mecenate
Rimane senza tetto per ben tre anni, dormendo da qualche amico o, più spesso, negli ospedali dei poveri o all'aperto. Giovan Battista Marino riceve quindi un aiuto economico da Ascanio Pignatelli e da Giovan Battista Manso, anche se l'incontro decisivo per Marino è quello con Matteo di Capua, cultore d'arte e ricchissimo mecenate, già protettore di Torquato Tasso.
A partire dal 1588, Giovan Battista frequenta l'Accademia degli Svegliati, di cui fanno parte, tra gli altri, Giulio Cesare Capaccio e Tommaso Costo; nel 1593, tuttavia, l'Accademia viene chiusa su ordine del re in seguito a indagini compiute dall'Inquisizione.
Gli arresti
Nella seconda metà del 1596 Marino diventa segretario di Matteo di Capua; pochi mesi dopo viene arrestato a causa di un aborto procurato a una donna, tale Antonella Testa, che muore in seguito all'episodio. Uscito di prigione, viene nuovamente arrestato nel 1600, questa volta a causa di un duello nel quale uccide l'avversario.
A Roma
Riuscito a fuggire da Napoli, si rifugia a Roma, dove ben presto instaura diverse amicizie influenti, anche nell'ambito della Chiesa. A Roma Giovan Battista Marino si ammala gravemente; nel giro di qualche mese, tuttavia, si ristabilisce prontamente.
Entra in contatto con l'Accademia Romana di Onofrio Santacroce, e soprattutto con l'Accademia degli Umoristi, fondata da Paolo Mancini, che viene frequentata, tra gli altri, da Agostino Mascardi, Antonio Caetani, il cardinale Francesco Barberini e Gabriello Chiabrera.
Intraprende una relazione con Margherita Sarrocchi, ma nel giro di poco tempo i rapporti tra i due si deteriorano pesantemente.
In viaggio per l'Italia
Nel 1601 viaggia per l'Italia per poi approdare a Venezia, dove vengono stampate le sue "Rime", che contengono parte della sua produzione adolescenziale e opere encomiastiche dedicate a personaggi incontrati nei mesi precedenti.
Nel 1603 comincia a prestare servizio presso Pietro Aldobrandini, cardinale e nipote di papa Clemente VIII, che nel corso del pontificato dello zio gli assicura una protezione potente ed efficace. Alla morte di Clemente VIII, tuttavia, lo scenario per Marino (e per Aldobrandini) cambia, visto che il cardinale viene trasferito a Ravenna e il poeta napoletano è costretto a seguirlo.
Il viaggio si rivela molto disagevole, e la città di destinazione si dimostra insalubre e povera. Da Ravenna, comunque, Marino ha l'opportunità di raggiungere con una certa facilità Bologna e Venezia, che è il centro della stampa europea. In questo periodo Marino legge la traduzione latina delle "Dionisiache" di Nonno di Panopoli, che lo influenza in maniera notevole; quindi, accompagna Aldobrandini a Torino, presso la corte di Carlo Emanuele I: in questa occasione, compone il panegirico "Ritratto del serenissimo don Carlo Emanuello, Duca di Savoia".
Le opere
Nel 1612 scrive "Il Rapimento d'Europa" e il "Testamento amoroso", mentre nel 1614 dà alle stampe "La Lira", che include le sue prime "Rime" con l'aggiunta di nuovi scritti: in totale, oltre novecento componimenti, la maggior parte dei quali sonetti, di argomento sacro, encomiastico o amoroso, raccolti a seconda dei temi (rime eroiche, rime amorose, rime marittime, e così via).
Nello stesso anno, Marino porta a termine le "Dicerie sacre", una specie di prontuario di prediche, diviso in tre parti ("La pittura", "La musica", "Il cielo"), mentre l'anno successivo si dedicata a "Il Tempio. Panegirico del cavalier Marino alla maestà christianissima di Maria de' Medici reina di Francia & di Navarra".
Nel 1616, dopo "Canzone in morte dell'invitiss. e Christianiss. Henrico Quarto, re di Francia, fatta dal cavalier Marino", pubblica "Il Tebro festante" e gli "Epithalami", che includono "La Francia consolata", "Il Balletto delle Muse", "Venere pronuba", "L'Anello", "La Cena", "Il Torneo", "Il Letto", "Le fatiche d'Hercole", "Urania", "Himeneo" e i "Sonetti epithalamici".
Tra il 1619 e il 1620 scrive "Lettera di Rodomonte a Doralice" e "La Galeria distinta in pitture & sculture", oltre a "La Sampogna'": una raccolta di rime che si compone di una parte di idilli pastorali e di una parte di rime boscherecce, e che segna il distacco dell'autore dalla tematica sacra, eroica ed amorosa avvicinandolo a quella pastorale e mitologica.
L'Adone
Nel 1623, poi, Marino scrive "L'Adone", che racconta la favola della relazione amorosa tra Venere e Adone: un testo costituito da 40.984 versi, per un totale di 5.183 ottave, e che viene dedicato al re Luigi XIII di Francia e a sua madre, Maria de' Medici.
"L'Adone", costituito da venti canti e anticipato da un proemio, verrà ritenuto uno dei più importanti poemi della storia della letteratura italiana, al pari dell'"Orlando Furioso" di Ludovico Ariosto (rispetto al quale è leggermente più lungo).
La morte
Giovan Battista Marino muore a Napoli il 25 marzo del 1625, martedì santo, alle nove del mattino (pochi giorni prima aveva fatto testamento) a causa di una stranguria curata male (altre fonti parlando di un tumore ai testicoli, che avrebbe portato a un tentativo di castrarlo prima del decesso); poco prima di trapassare, per non essere nel peccato, ordina di bruciare alcuni scritti lascivi o semplicemente sentimentali, pur contro il parere del confessore e dei suoi amici.
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