Antoine Rivaroli

Antoine Rivaroli

Antoine Rivaroli

Biografia Il sedicente conte che non amava la Rivoluzione

Antoine Rivaroli, meglio noto come il conte di Rivarol o di Rivaroli, nasce a Bagnols-sur-Cèze, in Linguadoca, Francia, il 26 giugno del 1753. Di chiare origini italiane, è stato un importante intellettuale francese, grande amante e studioso della lingua, scrittore e giornalista, saggista, oltre che brillante polemista. È noto per un paio di opere di satira molto importanti, che non hanno mancato di ottenere la giusta attenzione nel momento in cui sono state pubblicate. Nel periodo della Rivoluzione Francese si oppose ai moti del popolo, schierandosi apertamente con i reali di Francia e a favore del ripristino dell'ordinamento monarchico.

Le sue origini, tuttavia, sono modeste. La famiglia del giovane Antoine viene dall'Italia, dal Piemonte per la precisione, e non è di certo di elevata estrazione sociale. Suo padre di mestiere è oste, cosa che a lungo il futuro Rivaroli terrà nascosta onde farsi accettare nei salotti altolocati parigini, spacciando un titolo nobiliare che in realtà non gli sarebbe mai spettato. Il sedicente conte è il primogenito di sedici figli, cosa che non gli consente di sicuro una vita agevole, come invece avrebbe voluto.

Passa gli anni di studio in seminario, cambiando diversi luoghi e cominciando, al termine della sua formazione, anche a svolgere opera di istitutore. Molto probabilmente è a Sud che comincia gli studi, nella città di Avignone, di cui è accertato il suo passaggio. Nel frattempo si dà da fare anche in mille altre occupazioni, ben consapevole delle proprie esigue finanze e deciso a mettere qualcosa da parte per un'eventuale avventura parigina, forte della propria ricchezza intellettuale, quella sì elevata e sempre in costante crescita.

Di sicuro indossa per qualche tempo il collare clericale, per poi svolgere attività di soldato prima e, a lungo e successivamente, di precettore.

Nel 1777 Antoine Rivaroli si trasferisce a Parigi e comincia a frequentare la bella società, spacciandosi, come detto, per conte - titolo che spesso, e non senza ironia e spregio, i suoi detrattori gli hanno contestato con veemenza.

Nelle cronache mondane parigine, dove non tarda a mettersi in luce, compare come un vero dandy: elegante, salace, pungente, talvolta scintillante. Tuttavia, non è un intellettuale fatuo e privo di sostanza. I suoi interessi, sin da subito, sono di spessore e si occupa con grande dispiego di energie della lingua francese, profondendo poi la sua conoscenza della Divina Commedia, di Dante Alighieri, e dedicandosi anche alla ricerca storica d'ambito romano.

Di quest'ultimo settore, ama Tacito, soprattutto, e non sono pochi coloro i quali l'avrebbero definito "un Tacito della Rivoluzione", sia per la sua capacità cronachistica e narrativa legata ad eventi come quello che sconvolge la Francia dell'ancien regime, sia per la sua mai nascosta passione per il grande storiografo latino.

Tuttavia, la sua prima opera compiuta, è una sorta di parodia, nella quale viene fuori tutto il suo carattere e la sua vena satirica. Il libro "Le chou et le navet", che pubblica nel 1782, prende in giro letteralmente i "Jardins" di Jacques Delille.

A questo lavoro, forte di un certo successo ottenuto, Antoine Rivaroli fa seguire il "Discours sur l'universalité de la langue française", datato 1784, nel quale con un tono del tutto diverso rispetto a quello usato per il precedente libro, mettendo in pratica tutta la sua perizia nel campo, con lucidità fornisce un ritratto delle virtù proprie della lingua francese, parlando di grazia, chiarezza, buon senso e molti altri argomenti.

Avverso a Rousseau, non disdegna gli illuministi, tuttavia senza mai abbandonare l'impianto classicista e letterario. La prova è l'opera di traduzione dell'Inferno di Dante Alighieri che compie nel 1785, dopo la condanna di Voltaire, il quale non esita a definire lo sforzo del poeta toscano come inutile e, ormai, in relazione all'epoca dei lumi, più che superato.

La fama arriva nel 1788 con l'opera scandalosa "Petit almanach de nos grands hommes", scritto insieme con de Champcenetz, suo collega: è una vera e propria galleria satirica di alcune personalità dell'epoca, dedicata, emblematicamente, "agli dei sconosciuti".

Dal 1790 prende parte, in veste di polemista sarcastico, alle pubblicazioni delle testate "Journal politique National" e "Actes des Apotres", occupazione che alterna a quella dell'autore di pamphlet traboccanti di sarcasmo.

È il momento della sua opposizione non solo satirica ma anche politica al nuovo ordine rivoluzionario e a testimonianza della sua avversione, pubblica un'opera simile alla precedente, ma dal titolo altrettanto significativo: "Il piccolo dizionario dei grandi uomini della Rivoluzione". Alla berlina di Antoine Rivaroli, vengono messi personaggi come Maximilien de Robespierre, Jean-Paul Marat e Georges Jacques Danton.

Si tratta di uno scritto che, diversamente dai precedenti, non è anonimo e difatti gli procura non pochi problemi, nonostante la sua ostinazione a voler restare a Parigi. Così, dopo aver resistito fino al 1792, re Luigi XVI di Borbone lo invita ad abbandonare la capitale. È una mossa decisiva, almeno per l'intellettuale di origini italiane, il quale sfugge di fatto ad una rivendicazione rivoluzionaria, ripiegando a Bruxelles.

È l'inizio della sua ultima fase di vita, caratterizzata da una certa inattività intellettuale, esito del suo isolamento e del fatto di non trovarsi più al centro della vita parigina. A questo punto, il sedicente conte di Rivarol, o Rivaroli, comincia a peregrinare di città in città, spostandosi prima Londra e poi in Germania.

Ad Amburgo vive un'ultima stagione letteraria, portando a termine il "discorso preliminare sul nuovo dizionario francese", intorno al 1797. Poco dopo, si trasferisce nella piccola cittadina di Hamm, sempre in Germania.

A causa di una febbre improvvisa, Antoine Rivaroli muore a Berlino l'11 aprile del 1801, all'età di 47 anni.

È da ricordare anche il fratello, Claude Francois, il quale è stato un buon romanziere.

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