Ultimi commenti alle biografie - pagina 3010
Giovedì 16 aprile 2020 10:48:57
Per: Myrta Merlino
Ho comprato 50 mascherine (introvabili fino a ieri) pagandole 75 euro (150. 000 lire). Una speculazione indegna.
Dov'è lo Stato? Come si può consentire illeciti arricchimenti speculando in tale intensità?
Da: Giancarlo
Giovedì 16 aprile 2020 10:41:16
Per: Luca Zaia
Buongiorno Signor Presidente, intanto le voglio fare i complimenti per come sta affrontando il problema coronavirus. Penso di parlare a nome di molti dicendole un GRAZIE di cuore. Ma veniamo al motivo per cui le scrivo. Io sono una parrucchiera, lavoro da dipendente perciò al momento sono in cassa integrazione. Quei soldi non arriveranno presto e, come me, molte persone avranno difficoltà. Penso però anche al mio e ad altri titolari di negozi artigianali che non possono perdere incassi fino alla fine di maggio. Capisco che la sicurezza e la salute sono una priorità, ma per molti sarà peggio la crisi finanziaria del coronavirus. Io sono dell'idea che se un'attività ha i requisiti di sicurezza per poter lavorare ha il diritto di riaprire, non si può fare di un'erba un fascio. Mi spiego meglio: nel salone dove lavoro io siamo in quattro persone in 100mq circa. Abbiamo, proprio il mese scorso rinnovato tutto e abbiamo un impianto di areazione capace di purificare l'aria ogni ora. Io credo che con l uso di mascherine e guanti e mantenendo le distanze (abbiamo a disposizione 20mq cieca a persona) il problema sanitario sia molto limitato. Perche' non si prendono delle decisioni in base a questi criteri? Mi scusi se mi sono dilungata, ma se non si fa qualcosa la situazione sarà peggiore di adesso tra qualche mese. La ringrazio e buon lavoro.
Da: Patrizia Pasquali
Giovedì 16 aprile 2020 10:36:39
Per: Luca Zaia
Buongiorno presidente, vorrei innanzitutto esprimere la mia gratitudine e il mio sostegno per il difficile lavoro che sta attualmente svolgendo per risolvere il problema del coronavirus.
Le misure per il controllo a domicilio della sindrome da covid19 sono sicuramente un grande passo avanti, per non intasare gli ospedali e anche per impedire che la patologia si aggravi in modo irreversibile. A tal proposito mi faccio portavoce di molti miei concittadini e vorrei rispettosamente suggerire di adeguarsi al protocollo domiciliare attuato nella regione Toscana (clorochina, antibiotico ed eparina) che sembra aver dato buoni risultati, senza eccessivi problemi di controllo in ambiente non ospedaliero. Grazie per l'attenzione.
Elisabetta G.
Da: Elisabetta
Giovedì 16 aprile 2020 10:27:47
Per: Lilli Gruber
24 marzo 2020
Abitare in casa al tempo del coronavirus, tra isolamento e desiderio di comunità
Un pomeriggio di qualche giorno fa, in piena quarantena, hanno suonato alla mia porta di casa.
Era la mia vicina Lucia che accompagnava la nostra condomina cinese del quarto piano, che abita qui da diversi anni, una famiglia sempre molto sorridente e gentile, ma molto riservata, e abbastanza schiva alle relazioni di vicinato.
Valentina, così ho scoperto per la prima volta anche il suo nome, mi ha consegnato un dono racchiuso in una busta trasparente, lo stesso preparato per tutti i 24 residenti del nostro
condominio: una dozzina di mascherine protettive, fatte arrivare per noi dalla Cina!
Un dono inatteso e quanto mai apprezzato, che ci ha colto tutti di sorpresa: sono settimane
che andiamo in giro per farmacie alla ricerca delle famigerate mascherine, una difesa forse
inutile per il contagio, ma che dà qualche sicurezza a chi la indossa e molte di più alla persona
che ti incrocia per strada o al supermercato.
Un bel gesto, generoso e silenzioso.
Un modo per essere vicini e uniti, anche nella diversità dei comportamenti e degli stili di vita.
In tutto questo tempo di grande incertezza e di forzato isolamento ho pensato molto al nostro
modo di abitare.
Mi ritengo fortunata, perché almeno siamo in due in casa, abbiamo i nostri ritmi, tante cose da
fare o riscoprire, un’antica consuetudine a commentare, discutere, scambiare opinioni, ma
anche “pari opportunità” nel fare i turni per fare la spesa, andare in farmacia, dare una mano
a nostro figlio.
Ma molti dei nostri amici e parenti sono soli, e l’età non sempre è proprio giovane.
Così mi ritorna alla mente la mia ricerca di sempre: le nostre case sono adatte ad accogliere i
diversi stili di vita e i tanti cambiamenti cui andiamo incontro nel corso dell’esistenza?
Per anni ho sviluppato uno studio sulle diverse funzioni legate all’abitare, cercando di dare
soluzioni “flessibili” agli spazi abitativi a seconda delle diverse esigenze di chi vive in casa,
salvaguardando, ad esempio, la richiesta di autonomia dei più anziani, da quella dei bambini o
di altri componenti della famiglia.
Alcune sperimentazioni sono state anche realizzate, con piccole unità abitative autonome
rispetto alla casa principale, costituite da una stanza e un bagno, qualche volte anche un
angolo cottura, “separabili” dal resto dell’abitazione, ma contigue ad essa. Ciò ha consentito di
tenere vicini i parenti anziani alla famiglia dei figli, pur garantendo un’autonomia reciproca
essenziale ad entrambi.
Nel tempo, soprattutto con l’incremento straordinario del numero di anziani degli ultimi
decenni e con la crisi progressiva del modello di famiglia tradizionale e del welfare, ho
sviluppato altre due convinzioni, sulle quali ho impegnato l’ultima parte della mia esperienza
lavorativa, prima del pensionamento: in primo luogo, sviluppare dei modelli abitativi
alternativi, dove anche chi è solo e senza grandi mezzi possa vivere la sua vita in modo
autonomo ma con dignità, senza rinunciare tuttavia al bisogno di socialità e alla pratica dei
propri interessi, in secondo luogo, aiutare chi sta in casa da solo a poter contare su una rete di
assistenza e servizi a domicilio, in caso di malattia o necessità di confinamento.
Cohousing e teleassistenza sono state le due parole d’ordine su cui ho lavorato, con tanti
progetti avviati… ma ben pochi risultati!
Mi è tornato alla mente, tra tutti, il progetto HOST, che abbiamo attuato anche qui dove abito a
Roma, nel quartiere Colli Aniene, con l’aiuto di molti amici e associazioni (tra cui
l’Associazione Spazio-Tempo). L’utilizzo di un tablet e della connessione internet, forniti dal
finanziamento del progetto, consentiva ad alcuni amici in avanti con l’età e soli in casa di
collegarsi tra loro e richiedere eventuali servizi a domicilio, ad esempio i farmaci o la spesa,
con l’aiuto di volontari. Con la stessa applicazione ci si poteva anche connettere a tanti altri
siti selezionati sulla rete, per trovare libri da leggere, ascoltare musica, navigare in musei, fare
ricerche.
E poi, ancora, ho pensato a quell’altro progetto per il controllo a domicilio dei parametri vitali.
Un semplice kit in dotazione di ogni famiglia, fornito sempre con i fondi del progetto,
consentiva di registrare i dati clinici principali, che automaticamente venivano trasferiti al
presidio medico, per una sua immediata valutazione.
Come sarebbe stato utile avere questi strumenti in questi giorni!
Se tutti noi avessimo avuto la possibilità di connetterci con il medico di famiglia, la ASL o la
protezione civile, quanta ansia sarebbe stata risparmiata!
Ma molti di coloro che hanno partecipato a queste sperimentazioni, compresi spesso gli stessi
rappresenti degli anziani, non erano affatto convinti della necessità di introdurre queste
innovazioni nella propria casa: perché il pericolo, la malattia, il bisogno è sempre qualcosa che
riguarda “altri”, non noi stessi. Purtroppo, spesso, una sorta di “onnipotenza” ci impedisce di
vedere la realtà e renderci conto delle nostre stesse fragilità.
Questo piccolo organismo invisibile le ha messe tutte a nudo, improvvisamente.
E ci ha trovati del tutto impreparati ad affrontarle, sia a livello individuale che collettivo.
E ritorno anche un attimo sul cohousing.
Una soluzione abitativa fatta di piccoli alloggi autonomi e di spazi comuni dove poter svolgere
attività culturali e ricreative di gruppo, ma anche dove è possibile provvedere alla cura e al
benessere della persona, come ad esempio accogliere un infermiere, una badante di
condominio, svolgere un esercizio di posturale.
Un modello che consente di vivere la propria vita individuale nella privacy del proprio
alloggio, ma contemporaneamente ci mette in relazione con persone con cui hai affinità,
comunità di stili di vita o interessi.
Per tanti anni ho faticato molto a convincere i miei compagni di lavoro, cooperatori e
sindacati, a intraprendere questa strada, ma pochissime esperienze sono effettivamente
partite, e quasi tutte non per una decisione programmatica, ma solo per iniziativa di piccoli
gruppi di persone che hanno capito l’importanza di condividere il proprio futuro e che hanno
voluto investire le proprie risorse su questo nuovo modello di vita.
Anche in questo caso, quanto sarebbe stato utile disporre nell’edificio di spazi collettivi, dove
a turno e con l’osservanza delle regole, poter fare un po’ di ginnastica, dare sfogo all’esigenza
di movimento dei propri bambini, condividere i problemi quotidiani dei propri coinquilini?
Quanti avrebbero potuto scegliere di non ricorrere alle case di riposo, oggi così tragicamente
colpite dal virus?
Se tutto ciò fosse entrato nella cultura del nostro modo di abitare, il gesto della mia vicina
cinese del quarto piano non ci avrebbe lasciati tutti attoniti, come invece è stato.
Nella condivisione e nella solidarietà, la terribile quarantena di oggi sarebbe stata, forse, più
umana.
Assunta D’Innocenzo
cel. 393 -------
Da: Assunta D'Innocenzo
Giovedì 16 aprile 2020 10:27:42
Per: Papa Benedetto XVI
Auguri Padre Santo
Buon Compleanno.
P. s. Nessuno strumentalizzi il mio Rispetto per la Sua Persona.
Da: Pina
Giovedì 16 aprile 2020 10:16:34
Per: Luca Zaia
Egregio Presidente
In questi giorni difficili sta guidando tutti noi Veneti ad uscire da questa grave emergenza sanitaria. Ascoltando la radio ho trovato le giuste parole che lei può citare, visto che più volte ha detto " siamo a bordo di un aereo che attraversa turbolenze ..."
" se non puoi correre ne camminare ti insegnerò a volare "
Questo brano è cantato in duetto da Roberto Vecchioni e Francesco Guccini, appunto " Ti insegnerò a volare " dedicato a Zanardi.
GRAZIE MILLE Comandante per tutto il bene al suo popolo Veneto.
Cordiali saluti
Daniela Pezzelato
Da: Daniela '66
Giovedì 16 aprile 2020 10:14:06
Per: Mario Giordano
Noi ci stupiamo del fatto che la Germania abbia una percentuale di decessi causati dal Covid19 così bassa rispetto all'Italia. Ma abbiamo fatto un confronto tra le procedure di cura seguite in Germania e quelle seguite in Italia dagli ospedali ? Perché ci sono zone in Italia dove i decessi sono notevolmente più bassi ?
Cosa c'è di diverso nelle cure ? Vengono usate medicine diverse o in quantità diverse ?
Da: Luigi Gandini
Giovedì 16 aprile 2020 09:53:50
Per: Massimo Giannini
Ieri sera ho assistito a 8 e mezzo, evitata di solito per la sua faziosità, perchè c'era un medico della mia città Bologna e PER LA PRIMA VOLTA ho sentito dire CON PASSIONE E TRASPORTO ciò che è evidente cioè l'odio, il gusto nell'evidenziare i problemi, le mancanze, le perquisizioni ora, il numero dei morti della Lombardia. C'è la soddisfazione nel puntare l'indice contro Milano e dintorni. Forse perchè produceva più che altrove? lavorava più che altrove? Bene saranno contenti che ora muore più che altrove. Grazie a Beppe Severgnini per aver difeso questa regione che non è la mia.
Da: Franca Marcheselli
Giovedì 16 aprile 2020 09:52:24
Per: Luca Zaia
Egr. Dr. Zaia vorrei gentilmente e cortesamente che commentasse ed intervenisse per cancellare questa enorme ingiustizia..
Grazie e buon lavoro:
Padova
Cronaca
«Io, infermiera Covid multata mentre cercavo del cibo»
15 APRILE 2020
PADOVA.
Se ci fermassimo al post così come lo vedremmo sui social ci pruderebbero le dita. Perché leggeremmo questo “Beccata e multata fuori dal proprio Comune di residenza con la scusa di andare a fare la spesa”. E giù valangate di commenti fangosi contro la “furbetta” finalmente punita. E allora andiamo a vedere la notizia, a verificare quello che è successo.
La storia è quella di una persona, stremata da una notte di lavoro passata in piedi in uno dei reparti di punta della lotta al contagio da coronavirus.
Una infermiera tra quelle neoassunte, fresca di laurea, che deve fare i conti con il mantenimento a Padova e il lavoro nella terapia subintensiva della fisiopatologia respiratoria in Azienda ospedaliera, letteralmente la tanto decantata “prima linea” di cui tutti si riempiono la bocca e i profili social.
Smonta dal turno di lavoro, ha poche ore, per nutrirsi e poi finalmente dormire, ma si rende conto all’improvviso che a casa non ha più nulla e che questa volta dovrà rubare a se stessa qualche preziosa ora di sonno per fare la spesa.
È la mattina del 9 aprile. «Cercavo di fare una spesa veloce ma tutti i supermercati in via Facciolati, dove abito io, erano pieni con la coda fuori».
Che si fa? «Ho provato ad andare all’Ipercity (che si trova in via Verga ad Albignasego, subito al di là del ponte) dimenticandomi tra l’altro che fosse in altro comune, l’ho fatto solo perché mi risultava più vicino in macchina».
«Arrivo quasi in vista del supermercato e mi trovo una pattuglia di polizia locale», racconta lei, «Ho provato a spiegare che dovevo fare la notte, che sono infermiera, che avevo bisogno di riposare un po’ prima di tornare in corsia».
Nulla da fare. «Il risultato è stato un verbale di 373 euro. L’errore è stato mio sicuramente, la multa la pagherò, ma, per favore, dopo non chiamateci eroi».
Ecco, questo è il punto su cui lei vorrebbe fermarsi un momento a ragionare.
«Io e le mie colleghe e i miei colleghi non abbiamo mai sopportato questa storia, quella degli “gli eroi”. Non lo siamo. Siamo infermieri e facciamo il nostro lavoro. Lo facciamo bene, senza guardare a orari o a turni, perché lo faremmo comunque in caso di necessità, a maggior ragione ora che ci troviamo a dover affrontare questa emergenza. Ma non veniteci poi a suonare l’Inno nazionale davanti al pronto soccorso, a fare squillare le sirene delle auto in “omaggio agli eroi”. Già era insopportabile prima, ma ora sembra davvero una presa per i fondelli».
«La multa la pagherò eccome, però vede: io e le mie colleghe, i miei colleghi non abbiamo mai saltato una fila al supermercato dicendo “sono un’infermiera ho pochissime ore per favore lasciatemi passare”, non l’abbiamo mai fatto né lo faremo. Ma se io ti spiego che sto solo cercando di nutrirmi e fare in tempo a mangiare qualcosa prima di crollare dalla stanchezza per essere operativa quando dovrò tornare – prestissimo! – in corsia, ecco, cerca di capire. Oppure, e non farlo comunque, per favore non scrivere più “viva i nostri eroi” sulla tua bacheca». –
Da: Giuseppe
Giuseppe Conte
Professore, giurista e politico...
Da: Elisabetta