Fabrizio Ruffo
Biografia • Condottiero della Chiesa
Fabrizio Ruffo dei duchi di Baranello e Bagnara, discendente dai principi Ruffo di Calabria e, per madre, dall'altrettanto nobile famiglia Colonna, nasce a San Lucido, in quel di Calabria, il 16 settembre 1744. Trasferitosi a Roma si dedica subito agli studi religiosi presso il Cardinale Tommaso Ruffo, suo zio, che lo affida al suo segretario Giovanni Braschi. Fra i due si crea un rapporto di stima reciproca e quando Braschi diviene papa Pio VI lo chiama a ricoprire la carica di Chierico del Collegio della Camera Apostolica (una sorta di ministero), per poi nominarlo Tesoriere Generale della stessa Camera.
In questa fase Fabrizio Ruffo assume importanti iniziative in favore della libertà di mercato e contro il vincolismo economico, sostenendo inoltre le bonifiche dell'agro Pontino: sfide ardite, per l'epoca, che andrebbero a compromettere gli equilibri sociali ed antichi privilegi, e che gli procurano dunque l'ostilità dei feudatari creando seri imbarazzi al Papa.
Pio VI allora pensa bene di nominarlo Cardinale, nel 1794, sollevandolo però da ogni altro incarico. Risentito, oltre che deluso, si trasferisce a Napoli divenendo ottimo amico e consigliere di Ferdinando IV, che gli affida la sovrintendenza della colonia di San Leucio, a Caserta. Nel 1798 condivide le sorti del re e della consorte Carolina Maria rifugiandosi a Palermo mentre Napoli, nel gennaio 1799, cade nelle mani dei francesi e dei cospiratori locali che vi istituiscono la Repubblica Partenopea.
Ma il cardinale Fabrizio Ruffo non si perde d'animo e propone a Ferdinando IV di fornirgli i mezzi minimi per la formazione di un esercito da guidare alla riconquista del regno di terraferma. Ottenuto quanto richiesto, con la nomina di Luogotenente generale del re parte a capo della spedizione e sbarca nei pressi di Reggio Calabria. Prende contatti con i ribelli antifrancesi fomentandoli alla rivolta: riesce così a coagularli - insieme ad intere bande di briganti fra i quali il tristemente noto Fra' Diavolo, e poi Mammone, Pronio, Sciarpa, Guarriglia - intorno al suo piccolo esercito che presto si ingigantisce fino a contare 25.000 uomini divenendo, sotto le bandiere borbonica e della Chiesa, l'"Esercito della Santa Fede".
Grazie anche alla rete delle parrocchie e istituzioni religiose distribuite sul territorio riconquista Calabria e Basilicata e, partite le truppe francesi da Napoli a causa dei rovesci nell'Italia del nord, il 13 giugno, alla testa dei suoi sanfedisti, Ruffo entra nella città affrontando la strenua resistenza dei repubblicani.
Il 19 giugno, quando ormai restano poche sacche di resistenza, riluttante all'idea di prevedibili rappresaglie da parte del re Borbone, offre loro l'incolumità in cambio della resa. Ma il patto viene violato - contro la sua volontà e nonostante i suoi tentativi di far comprendere l'inopportunità, anche politica, di seminare altro terrore - da Horatio Nelson e da Ferdinando IV, che avviano invece una brutale sequela di arresti, condanne ed esecuzioni.
Così descrive i fatti lo storico Pietro Colletta, nella sua "Storia del Reame di Napoli", pubblicata postuma da Capponi nel 1834: "... I vincitori correvano sopra ai vinti: chi non era guerriero della Santa Fede, o plebeo, incontrato, era ucciso; quindi le piazze e le strade bruttate di cadaveri e di sangue; gli onesti, fuggitivi o nascosti; i ribaldi, armati ed audaci; risse tra questi per gara di vendette o di guadagni; grida, lamenti: chiuso il foro, vote le chiese, le vie deserte o popolate a tumulto...", ed ancora: "Con tante morti per tutta Italia e nel mondo finiva l'anno 1799...".
Indignato e sinceramente addolorato, nell'ottobre dello stesso anno Fabrizio Ruffo lascia Napoli. Vi ritornerà quindici anni dopo, ma per dedicarsi unicamente ai suoi studi. Qui si spegne il 13 dicembre 1827, all'età di 83 anni.
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