Giovanni Gentile
Biografia
Giovanni Gentile nasce il 29 maggio 1875 a Castelvetrano, in Sicilia, figlio di Teresa e Giovanni, farmacista. Cresciuto a Campobello di Mazara, frequenta il liceo classico "Leonardo Ximenes" di Trapani; in seguito, vince un concorso alla scuola normale superiore di Pisa, e si iscrive a Lettere e Filosofia: tra i suoi insegnanti trova il professore di filosofia Donato Jaia, il professore di storia Amedeo Crivellucci e il professore di letteratura Alessandro D'Ancona.
Laureatosi nel 1897, Gentile segue un corso di perfezionamento a Firenze prima di ottenere presso il convitto nazionale "Mario Pagano" di Campobasso una cattedra in filosofia. Trasferitosi a Napoli per insegnare al liceo "Vittorio Emanuele", sposa nel 1901 Erminia Nudi, ragazza conosciuta a Campobasso (che gli darà sei figli).
L'anno successivo diventa libero docente di filosofia teoretica e, nel 1903, di pedagogia. Insegna all'Università di Palermo a partire dal 1906 (è docente di storia della filosofia); nella città siciliana Giovanni Gentile fonda la rivista Nuovi Doveri, insieme con Giuseppe Lombardo Radice, e frequenta il circolo "Giuseppe Amato Pojero".
Nel 1914 lascia Palermo per trasferirsi a Pisa, dove è professore ordinario di filosofia teoretica. All'inizio della prima guerra mondiale egli si mostra favorevole all'intervento bellico come conclusione del Risorgimento. Nel 1919 lascia la Toscana per spostarsi a Roma, dove insegna filosofia teoretica; l'anno successivo fonda il Giornale critico della filosofia italiana, mentre nel 1922 entra a far parte dell'Accademia dei Lincei. È proprio in questo periodo che inizia a mostrare interesse per il fascismo: il 31 ottobre 1922 egli viene nominato ministro della Pubblica Istruzione da Benito Mussolini, dopo l'insediamento del regime, e - dopo essere diventato senatore del Regno - l'anno successivo mette in atto la riforma Gentile, decisamente innovativa rispetto alla legge Casati risalente addirittura al 1859.
Sempre nel 1923 Giovanni Gentile si iscrive al Partito Nazionale Fascista, intenzionato a mettere a disposizione il proprio bagaglio culturale per fornire un programma ideologico. In seguito all'uccisione di Matteotti, Gentile si dimette da ministro, ma accetta di diventare il presidente della Commissione dei Quindici impegnata a riformare lo Statuto Albertino. Nel 1925 è autore del Manifesto degli intellettuali fascisti, nel quale individua nel fascismo un motore potenziale della rigenerazione religiosa ed etica del popolo italiano, provando a trovare una connessione con il Risarcimento. Tale manifesto, tuttavia, rappresenta il motivo dell'allontanamento di Gentile da Benedetto Croce (con il quale intratteneva un carteggio da quasi trent'anni), il quale gli ribatte con un contromanifesto, il Manifesto degli intellettuali antifascisti. Nello stesso periodo, il filosofo siciliano favorisce la nascita dell'Istituto Nazionale di Cultura Fascista, diventandone presidente, e viene nominato direttore scientifico dell'Enciclopedia Italiana dell'Istituto Treccani (carica che manterrà fino al 1938).
Nel 1928 Giovanni Gentile diventa regio commissario della Scuola Normale Superiore di Pisa, mentre due anni più tardi è nominato vicepresidente dell'Università Bocconi. In quel periodo, il suo rapporto con il regime fascista muta in seguito alla firma dei Patti Lateranensi tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica: egli, infatti, non può accettare uno Stato non laico (pur riconoscendo che il cattolicesimo rappresenta una forma storica della spiritualità del Paese). Nel 1932 è direttore della Normale di Pisa, ma anche Socio Nazionale della Reale Accademia Nazionale dei Lincei. Inaugura, inoltre, l'Istituto Italiano di Studi Germanici e l'Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, del quale è anche presidente. Dopo avere inaugurato l'Istituto mazziniano di Genova nel 1934 (anno in cui il Sant'Uffizio mette all'indice le sue opere), viene nominato ministro dell'Educazione Nazionale; nel 1938 è presidente del Centro Nazionale di Studi Manzoniani, e pur non condividendo le leggi razziali promulgate quell'anno, è tra i firmatari del Manifesto della razza pubblicato sui giornali in appoggio ad esse. Nel 1941 è presidente della Domus Galileiana, a Pisa, mentre due anni più tardi ottiene la presidenza della Reale Accademia d'Italia, che assorbe la vecchia Accademia dei Lincei allo scopo di riformarla.
Al 1943 risalgono i suoi ultimi interventi politici: in una conferenza di febbraio, intitolata "La mia religione", confessa di credere nello Stato laico, pur dichiarandosi cattolico e cristiano, mentre in un incontro tenutosi al Campidoglio a Roma in giugno, intitolato "Discorso agli italiani", auspica l'unità nazionale. Dopo questo intervento decide di ritirarsi nella provincia fiorentina, a Troghi, dove inizia a scrivere "Genesi e struttura della società" (uscirà postumo). Attaccato da Leonardo Severi, ministro badogliano, rifiuta inizialmente di aderire alla Repubblica Sociale Italiana: cambia idea nel novembre del 1943, dopo un incontro sul lago di Garda con Benito Mussolini.
Il 30 marzo del 1944 Gentile riceve alcune lettere che riportano minacce di morte nei suoi confronti motivate dalla sua dichiarata adesione alla leva per la difesa della RSI. Accusato, tra l'altro, di essere "responsabile dell'assassinio dei cinque giovani al mattino del 22 marzo 1944" (ragazzi renitenti alla leva rastrellati e fucilati dai soldati della RSI) in quanto esponente del neofascismo, rifiuta l'offerta di una scorta armata propostagli dal governo fascista repubblicano.
In ambito resistenziale, Giovanni Gentile viene ritenuto uno dei responsabili e teorici più rilevanti del regime mussoliniano: viene ucciso il 15 aprile 1944 da un gruppo partigiano di Firenze che aderisce ai GAP di ispirazione comunista. Un commando composto da Giuseppe Martini e Bruno Fanciullacci si apposta, nel primo pomeriggio, vicino alla Villa di Montalto al Salviatino, la residenza fiorentina di Gentile, e si avvicina al filosofo nascondendo le armi sotto alcuni libri, per farsi credere studenti. Gentile, in auto, abbassa il finestrino per parlare con i due ragazzi, e viene immediatamente colpito dagli spari. Mentre gli attentatori scappano in bicicletta, l'autista del filosofo si reca all'ospedale di Careggi, ma per Gentile non c'è nulla da fare. Il cadavere di Giovanni Gentile viene sepolto, il 18 aprile, nella basilica di Santa Croce a Firenze su iniziativa del ministro Carlo Alberto Biggini.
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