Goffredo Mameli
Biografia • Tragedia di un patriota
Poeta e patriota italiano morto prematuramente all'età di soli ventidue anni, Goffredo Mameli nasce a Genova il 5 settembre 1827 da un Ammiraglio della marina sarda e dalla marchesa Adelaide Zoagli Lomellini. Cagionevole di salute, compie i primi studi sotto la guida della madre. La sua casa è frequentata da intellettuali dell'ambiente genovese come Jacopo Sanvitale, Teresa Doria o Giuseppe Canale.
Nel 1835 la famiglia è obbligata a trasferirsi per un anno in Sardegna, raggiungendo i nonni paterni, a causa dell'epidemia di colera che colpisce Genova in quell'anno.
Goffredo prosegue poi gli studi sotto la guida di Giuseppe Canale, poligrafo di grande cultura assai attivo anche sul piano politico. È quasi certamente da questi che Goffredo Mameli trae il suo grande amore per la patria e per l'autonomia nazionale. Canale, tenuto d'occhio dalla polizia austriaca, non era infatti esente da sospetti carbonari e di forti simpatie mazziniane. Tutti elementi, questi, che in pieno fermento rivoluzionario potevano procurare non pochi guai.
Il tredicenne Goffredo frequenta in seguito la scuola pubblica, gestita all'epoca dalla chiesa, e studia retorica sotto la guida di Padre Agostino Muraglia, un esponente degli "scolopi", un ordine religioso che, in contrasto con altri ordini ecclesiastici (ed in particolare i gesuiti), impartivano un insegnamento di indirizzo liberale.
La vocazione poetica di Goffredo Mameli
Già nel periodo di quei suoi primi anni di scuola, Goffredo Mameli esprime la sua vocazione poetica, supportata da una forte inventiva e da una passionalità che farà capolino con maggior vigore nelle opere scritte nella sua fulminante maturità.
Iscrittosi in seguito alla facoltà di Filosofia dell'Università di Genova subisce, a causa del suo temperamento esuberante, numerosi richiami ufficiali. A quell'epoca comunque la facoltà di Filosofia poteva anche essere preparatoria al passaggio di altri studi. Infatti Mameli nel 1846 viene ammesso al corso di laurea in Lettere, anche se, data la sua congenita incostanza, non riesce a frequentare con continuità.
L'evoluzione politica
L'anno dopo, lascia l'università per entrare a far parte della "Società Entelema", fondata a Chiavari e diffusa a Genova nell'ambiente universitario. Da temi storici e letterari, la Società passa ben presto a discutere argomenti politici e finisce per riunire i giovani democratici genovesi. Si avvicina progressivamente al mazzinianesimo entrando in rapporto con alcuni collaboratori dell'Esule (fra cui Nino Bixio).
Intanto si forma nell'ambiente degli intellettuali, della borghesia e della nobiltà progressista, il "Comitato dell'Ordine" (in cui entra a far parte anche Goffredo Mameli), con il compito di organizzare iniziative per ottenere riforme liberali nel Regno di Sardegna, evitando gli eccessi delle masse popolari.
Il canto degli italiani: l'inno di Mameli
Re Carlo Alberto, che aveva comunque già concesso le prime timide riforme, giunge a Genova, accolto da entusiastiche manifestazioni organizzate appunto dal Comitato. Per le strade già si canta l'inno "Fratelli d'Italia" composto dal musicista Michele Novaro sulle parole di Goffredo Mameli.
A proposito dell'Inno di Mameli - inizialmente intitolato "Fratelli d'Italia" e poi "Canto degli italiani" - la testimonianza più nota è quella resa, seppure molti anni più tardi, da Carlo Alberto Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli.
L'azione si svolge a Torino:
"Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari - Del nuovo anno già l'alba primiera - al recentissimo del piemontese Bertoldi - Coll'azzurra coccarda sul petto - musicata dal Rossi. In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano.
Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To' gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. - Io sentii - mi diceva il Maestro nell'aprile del '75, avendogli io chiesto notizie dell'Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole.
Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po' in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia."
Mameli patriota
Partito il Re, riprendono le manifestazioni, che vedono Mameli fra i più attivi organizzatori, per ottenere riforme più organiche: libertà di stampa, cacciata dei gesuiti e guardia nazionale. Goffredo Mameli in queste occasioni arriva a recitare alcune delle sue composizioni patriottiche o a sventolare, malgrado la proibizione del governo, la bandiera tricolore.
Ad ogni modo, ben presto numerosi dissidi interni portano allo scioglimento del "Comitato dell'Ordine", soprattutto a causa delle discussioni circa la linea da tenere. Molto duro, ad esempio, era lo scontro fra chi appoggiava la linea mazziniana e chi invece era per un interventismo politico-sociale più graduale e dunque più moderato.
Nel febbraio del 1848 si festeggia la concessione della Costituzione a Napoli. L'esultanza raggiunge l'apice all'annuncio che anche Carlo Alberto ha concesso lo statuto.
L'incontro con Mazzini
Dall'altra parte d'Italia, invece, Milano insorge. Mameli con altri trecento volontari guidati dal generale Torres (ma poi, sul cammino, si unirà anche il gruppo di Bixio), si muove alla volta della città lombarda con l'intento di dare un contributo personale alla battaglia dei patrioti. Mameli ha il grado di capitano.
Arrivato il 18 aprile a Milano finalmente incontra il suo idolo, Giuseppe Mazzini. Fra i due nasce un ottimo rapporto, anche in virtù dei successivi incontri, in cui Mameli svolge il ruolo di portavoce della colonna genovese.
Ad ogni modo, in agosto Milano cade, la rivolta è spenta nel sangue. È il momento dell'armistizio di Salasco. Il patriota torna a Genova sconsolato ma ancora combattivo. Qui, entra a far parte del "Circolo Italiano", che raccoglie mazziniani e liberali moderati, collabora a "Il Pensiero italiano" e pubblica il "Canto di guerra", composto su invito di Mazzini.
In settembre Goffredo Mameli è promotore di una grande manifestazione al Carlo Felice per la raccolta di fondi per Venezia; nell'occasione recita la poesia "Milano e Venezia", che è una invettiva contro Carlo Alberto "traditore" della causa italiana.
Gli ultimi mesi
Arriva a Genova anche Garibaldi per organizzare un corpo di volontari. Mameli è tra i suoi più attivi collaboratori. Svolge poi una missione ad Ancona, a nome del "Circolo Italiano", per recare un proclama alla flotta sarda affinché accorra in aiuto di Venezia.
Assume anche la direzione del giornale "Diario del popolo" promuovendo una campagna di stampa per la ripresa della guerra all'Austria.
In novembre pubblica sul "Diario del popolo" l'appello di Mazzini per l'insurrezione in Val D'Intelvi. La colonna mantovana raggiunge Garibaldi in Toscana per convincerlo ad andare in aiuto di Mazzini.
La notizia delle sommosse, dopo l'uccisione di Pellegrino Rossi, lo inducono ad avviarsi verso Roma. Detta il programma del Comitato romano all'associazione sorta per promuovere la convocazione in Roma di una costituente nazionale secondo i dettami politici di Mazzini: sovranità popolare, guerra d'indipendenza, rinvio della questione della scelta della forma di governo a dopo la cacciata dello straniero.
Nel gennaio del 1849, dopo la fuga di Pio IX, a Roma si forma una Giunta Provvisoria di Governo. Mameli si occupa soprattutto dell'organizzazione militare. Il giorno 9 avviene la proclamazione della Repubblica Romana. È di Mameli il telegramma "Venite, Roma, repubblica" in cui si invitava Mazzini a raggiungere la Repubblica Romana.
A questo punto Mameli torna a Genova e riprende il suo posto nel movimento di opinione che spingerà Carlo Alberto alla ripresa della guerra. Con Nino Bixio giunge a Genova dove la popolazione è nel frattempo insorta, anche se duramente repressa dal generale Alfonso La Marmora. Mameli con i capi dell'insurrezione ritorna a Roma. Si prodiga nella difesa della Repubblica Romana assalita dai francesi, partecipando ai principali fatti d'armi, malgrado le debilitate condizioni fisiche causategli da una febbre persistente.
L'ultimo scontro
Nei combattimenti fuori Porta di San Pancrazio, Mameli, allora aiutante di campo di Garibaldi, viene ferito alla gamba sinistra durante un assalto alla baionetta. È il suo stesso compagno, un bersagliere della legione Manara, a colpirlo involontariamente nel trambusto dell'attacco. La ferita sembra leggera, ma subentra un'infezione che aggrava progressivamente l'infermità del malato. Il 10 giugno "in vista della bravura e coraggio mostrate nel fatto d'armi del 3 giugno" Mameli è promosso al grado di capitano dello stato maggiore.
In breve le condizioni del giovane infermo peggiorano e, allo scopo di evitare la cancrena, gli viene amputata la gamba. Purtroppo il pur drastico rimedio si rivela insufficiente. Goffredo Mameli, poche settimane prima di aver compiuto 22 anni, muore recitando versi in delirio. Lo stesso giorno il ministro dell'Interno Pier Dionigi Pinelli ordina al commissario straordinario di Genova di non permettere a Mameli il ritorno nella sua città.
Frasi di Goffredo Mameli
Foto e immagini di Goffredo Mameli
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