Pietro Badoglio

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Biografia

Pietro Badoglio nasce il 28 settembre 1871 a Grazzano Monferrato (località che oggi ha preso il nome di Grazzano Badoglio) da una famiglia di agricoltori: la madre, Antonietta Pittarelli, è una borghese facoltosa, mentre il padre, Mario, è un proprietario terriero di modeste condizioni. Dopo essere entrato a far parte dell'Accademia Militare di Torino, il 16 novembre del 1890 viene nominato sottotenente di artiglieria, e due anni più tardi viene promosso tenente. Spostatosi a Firenze al 19° da campagna, resta in Toscana fino all'inizio del 1896, quando viene spedito in Eritrea insieme con il generale Baldissera.

Protagonista della puntata su Adigrat organizzata per liberare il Maggiore Prestinari dall'assedio, una volta concluse le ostilità con l'Etiopia resta ad Adi Caieh, in guarnigione sull'altopiano, per due anni. Tornato in Italia nel 1898, si distingue alla Scuola di Guerra per la tenacia e l'intelligenza che caratterizzano i suoi studi. Cinque anni più tardi viene promosso capitano e trasferito a Capua, al 12° di campagna. Dopo aver comandato il corpo d'armata di Bari, prende parte alla guerra di Libia, decorato al valore militare con il merito di aver organizzato la sortita di Ain Zara.

Una volta rimpatriato, passa al comando della 4° divisione con l'inizio della Prima Guerra Mondiale. Il settore è dominato dal monte Sabotino, completamente brullo e fortificato dagli Austriaci: per questo motivo, ritenuto imprendibile. L'intuizione di Pietro Badoglio è quella di ricorrere alle parallele per espugnarlo: dopo mesi e mesi di lavori per gli scavi e il rafforzamento delle trincee, la brigata da lui comandata conquista il monte il 6 agosto del 1916. Nel frattempo egli, nominato maggior generale per meriti di guerra, assume il comando della brigata Cuneo, e quindi del II Corpo d'Armata, a pochi giorni dall'inizio della decima battaglia sul fiume Isonzo.

I suoi uomini conquistano Monte Kuk, considerato fino a quel momento praticamente imprendibile. A dispetto della promozione a tenente generale, Badoglio il 24 ottobre del 1917 deve fare i conti con la disfatta di Caporetto a opera di austriaci e tedeschi. L'errore principale di Badoglio è quello di trascurare il proprio fianco sinistro, vale a dire la riva destra del fiume, nella zona situata tra Caporetto e la testa di ponte austriaca a Tolmino. Si tratta di una linea lunga non molti chilometri che rappresenta il confine tra la zona attribuita a Cavaciocchi e al suo Corpo d'armata e l'area che spetta a Badoglio e al suo Corpo d'armata. Benché tutti gli avvenimenti sembrino indicare la direttrice dell'attacco austriaco lungo tale linea, Badoglio lascia sguarnita la riva destra, facendo arroccare la maggior parte degli uomini della brigata Napoli e della 19° divisione sui monti sovrastanti. E così, le truppe italiane in quota, complici la pioggia e la nebbia, non si rendono conto che i tedeschi stanno passando sottovalle, e che nel giro di quattro ore arriveranno in tutta tranquillità a Caporetto, dopo aver risalito la riva, cogliendo di sorpresa il IV Corpo d'armata di Cavaciocchi.

Divenuto, nonostante questo grave errore strategico, punto di forza del Comando Supremo insieme con il generale Giardino, Pietro Badoglio si trasforma nell'alter ego di Diaz, favorendo le trattative per arrivare all'armistizio firmato il 4 novembre del 1918. Terminata la guerra, viene nominato Senatore, e quindi Commissario straordinario del governo per la Venezia Giulia.

Dopo una missione nella Fiume occupata da Gabriele D'Annunzio, torna a Roma e abbandona l'incarico di Capo di Stato Maggiore per entrare nel Consiglio dell'Esercito. Inviato da Benito Mussolini in qualità di ambasciatore in Brasile nel 1923, torna dopo due anni e viene promosso Maresciallo d'Italia. Rimane in patria, però, ancora per poco tempo, visto che nel gennaio del 1929 viene chiamato a governare la Libia. Durante la sua gestione, il territorio viene pacificato, e viene messo in atto un programma considerevole di opere pubbliche.

L'esperienza africana dura quattro anni: nel 1933 Badoglio torna in Italia, per poi lasciarla nuovamente due anni più tardi, quando viene spedito come Comandante supremo in Eritrea. Dopo il trionfo del 5 maggio del 1936 ad Addis Abeba, egli fa ritorno in patria, dove viene accolto tra riconoscimenti e onori, tra cui il titolo di duca di Addis Abeba. Mantenendo l'incarico di Capo di Stato Maggiore anche nel momento in cui il Duce sceglie di affiancare la Germania in guerra, viene ritenuto capro espiatorio delle prime dolorose e impreviste sconfitte subite dall'Italia in Grecia e in Africa settentrionale.

Rassegnate le dimissioni viste anche le accuse di incompetenza provenienti da diverse parti (inclusi gli ambienti fascisti), Badoglio nel 1943 viene avvicinato da Orlando, Bonomi e altri esponenti anti-fascisti, manifestando la propria disponibilità a diventare Presidente del Consiglio concludendo la guerra. Egli, dunque, diventa primo ministro il 25 luglio del 1943, e da quel momento gestisce l'armistizio. Una volta abbandonata Roma, si sposta a Brindisi, nuova capitale, insieme con il re: rimarrà Presidente del Consiglio fino a quando Roma non sarà liberata. Infatti, l'8 giugno del 1944 cede il proprio incarico a Ivanoe Bonomi, che già aveva ricoperto la carica più di vent'anni prima.

All'inizio dell'estate del 1944 egli si ritira in Campania, a Cava de' Tirreni, mentre suo figlio Mario Badoglio, deportato in Germania, si trova nei campi di concentramento di Dachau. Nel 1946 l'ex militare perde la carica di senatore, secondo una decisione dell'Alta Corte di Giustizia: una sentenza che tuttavia viene annullata due anni più tardi dalla Corte di Cassazione, che reintegra il maresciallo nelle funzioni parlamentari. In quello stesso anno, tuttavia, il suo nome viene inserito dal governo etiope in una lista di dieci criminali di guerra inviata alle Nazioni Unite, ritenuto colpevole di aver bombardato ospedali della Croce Rosse e utilizzato gas nel corso della campagna del 1935 e del 1936. Il nome di Badoglio, tuttavia, non è più presente nel momento in cui la Commissione di Inchiesta italiana dà il via ai lavori.

L'ex Presidente del Consiglio, quindi, rientra a Grazzano, dove fa sì che la sua casa natale divenga un asilo infantile per accogliere i bambini del paese in maniera gratuita. Pietro Badoglio muore nel suo paese natìo il 1° novembre del 1956 a causa di un attacco di asma cardiaca.

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