Publio Virgilio Marone

Publio Virgilio Marone

Publio Virgilio Marone

Biografia Poemi di città eterne

Publio Virgilio Marone nasce ad Andes, nei pressi di Mantova, il 15 ottobre del 70 a. C. Il padre è Stimicone Virgilio Marone, un piccolo proprietario terriero, mentre la madre è Polla Magio, figlia di un noto mercante. Il giovane Publio Virgilio studia a Cremona presso la scuola di grammatica, conseguendo all'età di quindici anni la toga virile. Si trasferisce a Milano, dove studia retorica e poi nel 53 a. C. a Roma, dedicandosi allo studio del greco, del latino, della matematica e della medicina.

A Roma frequenta la scuola del celebre maestro Epidio, dedicandosi allo studio dell'eloquenza che gli sarebbe servito per intraprendere la carriera professionale di avvocato. In occasione però del suo primo discorso in pubblico, Virgilio, avendo un carattere molto riservato, non riesce nemmeno a introdurre una frase. Avendo dei difetti nella pronuncia, decide di abbandonare gli studi di oratoria, continuando però quelli di medicina, filosofia e matematica.

Virgilio vive in un periodo storico molto complesso, infatti, nel 44 a. C. muore Giulio Cesare in una congiura, poi si accende la rivalità tra Marco Antonio e Ottaviano. Con la battaglia di Filippi del 42 a. C. in cui si scontrano l'esercito di Ottaviano e le Forze di Bruto e Cassio, Virgilio perde molte proprietà che possiede nell'area mantovana e che vengono consegnate ai veterani di Ottaviano. La perdita delle proprietà mantovane lo segna tantissimo, ricordandole sempre con una grande nostalgia. In occasione del suo rientro ad Andes, il poeta incontra dopo anni l'amico Asinio Pollione, che deve distribuire le terre del mantovano ai veterani di Ottaviano.

Nonostante abbia cercato di fare tutto il possibile per tenere i suoi possedimenti, Virgilio non ci riesce, facendo ritorno a Roma nel 43 a. C. L'anno successivo, insieme al padre e agli altri suoi familiari, si trasferisce in Campania, a Napoli. Nonostante l'ospitalità offerta da Augusto e dall'illustre Mecenate a Roma, Virgilio preferisce fare una vita tranquilla nel Sud Italia. Nel suo soggiorno a Napoli egli frequenta la scuola epicurea dei celebri filosofi Filodemo e Sirone.

Nel corso delle lezioni che si tengono nella scuola, conosce numerosi intellettuali, artisti e politici. È in quest'occasione che incontra Orazio. Dedicandosi alla lettura del "De rerum natura" di Lucrezio, non condivide la concezione secondo cui deve essere negata l'immortalità dell'anima.

Grazie a Mecenate entra a far parte del suo circolo letterario, diventando un poeta molto illustre nell'epoca imperiale. La prima opera di Virgilio è "Le Bucoliche", scritta a Napoli. In questa composizione letteraria il poeta trae ispirazione dai precetti epicurei. Nell'opera sembra voler rappresentare, tramite i suoi personaggi, il dramma che ha segnato la sua vita, ovvero l'esproprio dei suoi possessi mantovani dopo la battaglia di Filippi.

Tra il 36 e il 29 a. C. , durante il suo soggiorno a Napoli, compone un altro dei suoi capolavori letterari: "Le Georgiche". In quest'opera, articolata in quattro libri, racconta il lavoro sui campi, descrive attività come l'allevamento, l'arbicoltura e l'apicoltura. In questo poema inoltre vuole indicare il modello ideale di società umana. I quattro libri contengono sempre una digressione storica: ad esempio, nel primo libro, racconta l'episodio della morte di Cesare, avvenuta il 15 marzo del 44 a. C.

Nel 29 a. C. nella sua abitazione campana, il poeta ospita Augusto che è di ritorno dalla spedizione militare vittoriosa di Azio contro Marco Antonio e Cleopatra. Virgilio, con l'aiuto di Mecenate, legge ad Augusto il suo componimento poetico, "Le Georgiche". Diventa così uno dei poeti prediletti di Augusto e di tutto l'Impero romano.

L'ultima opera letteraria da lui scritta è "L'Eneide" composta tra il 29 a. C. e il 19 a. C. nella città di Napoli e in Sicilia. Nell'Eneide viene narrata la vicenda di Enea, rappresentato come uomo pio, dedito allo sviluppo del proprio Paese. Enea, con la sua pietas, riesce quindi a fondare la città di Roma, rendendola gloriosa e importante. Il poema ha come obiettivo quello di ricordare la grandezza di Giulio Cesare, del suo figlio adottivo Cesare Ottaviano Augusto e dei loro discendenti. Infatti, Virgilio chiama Ascanio, il figlio di Enea, Iulo considerandolo come uno degli antenati della gloriosa Gens Iulia.

Nell'opera inoltre, con il suo grande ingegno letterario, immagina che i Troiani siano gli antenati dei Romani, mentre i Greci sono rappresentati come dei nemici, i quali poi saranno assoggettati all'Impero romano. Nonostante la sottomissione del popolo greco, i Romani rispettano la sua cultura e civiltà.

Per un approfondimento si legga il nostro articolo: i personaggi principali dell'Eneide.

Nel 19 a. C. Virgilio svolge un lungo viaggio tra la Grecia e l'Asia con l'obiettivo di conoscere i luoghi che descrive nell'Eneide e per accrescere la sua cultura. Nella città di Atene il poeta incontra Augusto che in quel momento sta facendo ritorno dal suo viaggio nelle Province orientali dell'Impero. Su consiglio dell'imperatore, decide di tornare in Italia a causa delle sue deboli condizioni di salute.

Dopo avere visitato Megara, Publio Virgilio Marone muore a Brindisi il 21 settembre di quello stesso anno a causa di un colpo di sole, mentre sta ritornando dal suo lungo viaggio. Il poeta, prima di morire, chiede ai suoi compagni Varo e Tucca di bruciare il manoscritto dell'Eneide, poiché il poema non è ancora stato finito e sottoposto a revisione.

Le sue spoglie sono in seguito trasferite a Napoli, mentre Augusto e Mecenate fanno pubblicare l'Eneide, affidando il compito a Varo e Tucca, i compagni di studi di Virgilio. In epoca medievale i resti di Virgilio vanno perduti. Nella sua tomba compaiono ancora le seguenti frasi in latino: "Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope, cecini pascua, rura, duces".

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