Pietro Pomponazzi
Biografia • Chi vuol trovare la verità eretico sia
Il filosofo Pietro Pomponazzi nasce a Mantova il 16 settembre 1462 in una nobile famiglia. Ventiduenne si iscrive all'Università di Padova, dove frequenta la lezioni di metafisica del domenicano Francesco Securo da Nardò; frequenta inoltre medicina con Pietro Riccobonella e filosofia naturale con Pietro Trapolino; si laurea in Arti nel 1487.
Chiamato anche Peretto per la sua minuta statura, dal 1488 al 1496 è professore di filosofia sempre a Padova, dove intanto continua a studiare arrivando a laurearsi in medicina nel 1495. Qui pubblica il trattato "De maximo et minimo", che critica le teorie di Guglielmo Heytesbury.
L'anno dopo è a Carpi per insegnare logica alla corte di Alberto Pio, principe di Carpi; quando questi viene esiliato a Ferrara, Pomponazzi lo segue restando insieme a lui fino al 1499. Nel frattempo sposa Cornelia Dondi nel 1497 a Mantova, dalla quale ha due figlie.
Nel 1499 prende il posto dello scomparso Nicoletto Vernia, professore di filosofia a Padova.
Rimasto vedovo nel 1507 si risposa con Ludovica di Montagnana.
Nel 1590 la Lega di Cambrai nella guerra con la Repubblica veneziana occupa la città di Padova, che tuttavia viene riconquistata da Venezia un mese dopo: conseguentemente ai disordini recati le lezioni universitarie vengono sospese. Pomponazzi con altri insegnanti, lascia la città trasferendosi a Ferrara dove è invitato da Alfonso I d'Este ad insegnare nella locale università. Chiusa anche questa nel 1510, si trasferisce a Mantova fino al 1511; l'anno seguente è presso l'università di Bologna.
Vedovo per la seconda volta, si risposa con Adriana della Scrofa.
Nel suo periodo bolognese scrive le sue opere più importanti, il "Tractatus de immortalitate animae", il "De fato" e il "De incantationibus", oltre a commenti delle opere di Aristotele, conservatisi grazie agli appunti dei suoi studenti.
Il "Tractatus de immortalitate animae" (1516) suscita scandalo: nell'opera il filosofo sostiene che l'immortalità dell'anima non può essere dimostrata razionalmente. Attaccato da più parti, il libro viene pubblicamente bruciato a Venezia. Ambrogio Fiandino, filosofo agostiniano, denuncia Pomponazzi per eresia: solo l'intervento del cardinale Pietro Bembo permette al mantovano di evitare la fine.
Nel 1518 arriva però una condanna da parte di papa Leone X il quale chiede che Pomponazzi di ritrattare le sue tesi. Pomponazzi non ritratta, anzi si difende con la sua "Apologia" del 1518 e con il "Defensorium adversus Augustinum Niphum" del 1519, una risposta al "De immortalitate libellus" di Agostino Nifo, in cui sostiene la distinzione tra verità di fede e verità di ragione.
Questi fatti impediscono a Pomponazzi di pubblicare due opere che aveva già completato nel 1520: il "De naturalium effectuum causis sive de incantationibus" e i "Libri quinque de fato, de libero arbitrio et de praedestinatione", pubblicati poi postumi tra il 1556 e il 1557.
Corregge e salva le sue posizioni davanti alla teologia pubblicando il "De nutritione et augmentatione" (1521), il "De partibus animalium" (1521) e il "De sensu" (1524).
Ammalato, con gravi problemi di calcoli ai reni, stende il proprio testamento nel 1524: muore a Bologna il 18 maggio 1525. Secondo Antonio Brocardo ed Ercole Strozzi, suoi allievi, Pietro Pomponazzi sarebbe morto togliendosi la vita.
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