Ultimi commenti alle biografie - pagina 3025

Giovedì 16 aprile 2020 11:29:13 Per: Milena Gabanelli

Buongiorno, Le scrivo nella speranza che Lei con il suo lavoro possa evidenziare la problematica di chi, come me, studia Biotecnologie e non ha la possibilità di svolgere il proprio lavoro in Italia. soprattuto in questo momento storico la nostra figura dovrebbe essere presa in considerazione, al pari di infermieri e medici. Il testo che le riporto di seguito è una lettera che ho scritto e inviato al Presidente della Repubblica Mattarella, al Presidente del consiglio Conte e al Ministro dell'Università e della Ricerca Manfredi.
"Caro Presidente Conte,
sono una cittadina molto preoccupata. Sicuramente sono solo l’ultima di molti a scriverle, ma in questo momento storico la mia frustrazione pretende che io provi a fare qualcosa per cambiare la mia situazione.

Mi presento: mi chiamo Claudia Biagiotti e ho venticinque anni. Sono laureata in Biotecnologie all’Università di Perugia e sto proseguendo i miei studi in Biotecnologie Agrarie e Ambientali. In questi anni sono rimasta indietro con gli studi, perché, come molti altri ragazzi della mia età, sentivo la necessità di essere indipendente dalla mia famiglia e quindi ho cercato un lavoro che mi permettesse di uscire dalla casa dei miei genitori. Ho lavorato molto nell’ambito del sociale, in centri estivi, come animatrice per bambini, e, infine, in un fast-food. Ad oggi mi sono trovata costretta a lasciare il lavoro nel fast-food per problemi di orari, che non erano conciliabili con il mio studio. Visto che sono già in possesso di una laurea ho cercato lavoro nel mio ambito, offrendomi come tecnico di laboratorio nei laboratori privati della mia città, sperando di avere l’opportunità di fare quell’esperienza che oggi è indispensabile per trovare un buon lavoro, al termine dei miei studi. Ovviamente le mie ricerche non hanno avuto un buon esito e oggi, vista la situazione attuale la mia frustrazione cresce di giorno in giorno.
Io sono una professionista che sta studiando e si sta preparando per affrontare proprio il genere di problemi che abbiamo oggi. Sono una biotecnologa che potrebbe sicuramente essere d’aiuto nei laboratori, che in questi giorni sono oberati di lavoro. Purtroppo io non posso essere utile in nessun modo.
Non posso essere utile perché la mia laurea non è abilitante, né la triennale, né la magistrale, e perché non posso essere assunta dal Sistema Sanitario Nazionale. Infatti ad oggi il SSN può assumere Biologi e Tecnici di Laboratorio Biomedico, ma non noi Biotecnologi, che abbiamo studiato per sviluppare abilità intermedie a queste due lauree, in quanto studiamo sia le nozioni generiche di come funziona la Biologia, sia come applicarle in laboratorio.
Come dice un mio amico e collega, noi Biotecnologi possiamo essere realisti o sognatori, perché i realisti sono consapevoli che per avere un lavoro appagante e sicuro dovranno guardare all’estero, mentre i sognatori sperano ancora di riuscire ad avere un futuro sicuro e appagante anche qui in Italia. Io, signor Presidente, sono davvero molto combattuta fra le due, perché non vorrei essere costretta a lasciare il mio paese, che mi ha formata in modo eccellente in tutti questi anni, ma, dall’altra parte, non sono sicura di poter accettare l’incertezza e la precarietà che comporterebbe oggi il mio lavoro qui.
Il mio sogno sarebbe quello di terminare i miei studi con una specializzazione per non-medici in Genetica Medica. Purtroppo questo implicherebbe studiare ancora per altri quattro anni a spese dei miei genitori, in quanto non mi permetterebbe di avere un lavoro parallelo e per i non-medici le specializzazioni non prevedono borse di studio.

In questa situazione di emergenza sanitaria rimanere in casa a guardare i miei amici medici che si esauriscono per aiutare chi è nei reparti di terapia intensiva e chi porta avanti le attività normali dell’ospedale, mi riesce sempre più difficile. Parlare con i parenti e spiegargli la situazione, spiegargli le problematiche dei tamponi e il perché di tante notizie che vengono date alla televisione diventa sempre più pesante.
Perché io, che tutt’ora, costo allo stato italiano migliaia di euro per i miei studi non vengo utilizzata per affrontare questa situazione? Perché io, che ho competenze specifiche, sono chiusa in casa a fare la muffa sui libri, mentre altre persone perdono il sonno per fare da sole il lavoro di più persone? Perché nessuno si rende conto di quanto sia precaria e faticosa la posizione di quelle persone che hanno isolato il virus, trovato un modo per farlo crescere in laboratorio e e studiarlo? Perché nessuno si rende conto che la ricerca è fondamentale per la nostra società? Tutta la ricerca: quella sui virus e patogeni di ogni genere, come quella di base che ci permette di capire come funziona il mondo. Perché si continuano a fare tagli ad istruzione, ricerca e università, che sono le cose che ci permetteranno di affrontare il futuro?
Mi scusi, signor Presidente, se questa mia lettera non è abbastanza organica e lineare, ma il mio nervosismo mi impedisce di tralasciare qualcosa in nome della chiarezza, in quanto per me sono tutti temi di fondamentale importanza. In questa lettera le riporto la mia esperienza personale, ma sicuramente si rende conto che ci sono migliaia di ragazzi nella stessa situazione.

Spero che abbia modo di riflettere sulla situazione di universitari, ricercatori e tecnici che hanno provato a scegliere il percorso di studi più completo, ma che per una lacuna legislativa, si sono ritrovati tagliati fuori dal Sistema Sanitario Nazionale. Spero che possa prendere in considerazione la problematica dell’abilitazione post laurea, che per noi presenta più di un ostacolo, in quanto non esiste un’abilitazione in Biotecnologie, ma in Biologia o Agronomia.

Siamo necessari anche noi. Tanto quanto gli infermieri e chi pulisce le sale operatorie. Come potrebbero i medici fare diagnosi senza le analisi di laboratorio o senza nuovi protocolli, che permettano sempre una maggiore accuratezza nell’individuazione delle malattie?
Perché chi si laurea in Biotecnologie viene considerato inferiore a chi si laurea in medicina, e non ha le stesse possibilità di approfondire che hanno loro? Perché non ci sono sufficienti borse di studio per le specializzazioni per non-medici? Siamo necessari anche noi.

Siamo necessari e vogliamo essere utili. Vogliamo essere utili per tutti coloro che hanno pagato la nostra istruzione e vogliamo creare nuove conoscenze qui, senza dover sacrificare noi stessi.

Spero di essere riuscita a mettere in risalto quali sono le preoccupazioni mie e dei miei colleghi, e che Lei e il nostro Governo abbiate la possibilità di fare in modo di sfruttare al meglio tutte le professionalità che avete a disposizione.

Sperando di non averla disturbata e che Lei sia in ottima salute, le porgo i miei sinceri saluti.
In fede, Claudia Biagiotti. "

Da: Claudia Biagiotti

Giovedì 16 aprile 2020 11:18:08 Per: Giuseppe Conte

Caro Presidente io ho un contratto a chiamata indeterminato ed sono ferma per emergenza. Non so quando potrò rientrare a lavorare in ristorante. Tranne il stipendio di mio compagno non ho altra indennità. Abbiamo la rata in banca. Qualche aiuto da parte del stato ce? Le tasse gli pago come tutti altri. Spero che qualcuno leggi questo messaggio ed mi da qualche risposta

Da: Crisan Bianca Maria

Giovedì 16 aprile 2020 11:16:48 Per: Lilli Gruber

Patuanelli: " Il MES non sara' mai richiesto dal Governo" Ad Agora' 1 ora fa'. Bugia destinata a saltare. Chiederanno il soldi del Mes. Il contesto attuale è il seguente: PD Zingaretti: "Mai con i 5 stelle"... e come diceva Marco Antonio: "Zingaretti è uomo d'onore"-M5s Di Maio : "Mai col partito di Bibbiano" E Di Maio è uomo d'onore.. In presenza di politici col naso di Pinocchio, non ci meravigliamo se la gente vota il non ECCELSO Salvini che aveva promesso 2 cose. Quota 100 e stretta sui migranti. Fatto. Io non ho mai votato Salvini, pur votando centrodestra. ma se oggi cerco un politico che mantenga le promesse fatte e rispettate, devo farci un pensierino turandomi il naso

Da: Simona Tribuzio

Giovedì 16 aprile 2020 11:15:26 Per: Luca Zaia

Salve,
ringrazio per le mascherine ricevute, ma avrei un CONSIGLIO DA DARE :
premesso che nessuno o quasi le USA una sola volta,

non essendo riconoscibile la parte interno o esterna delle mascherine,
quando si usano la volta successiva, si corre il rischio di PEGGIORARE LA SITUAZIONE
mettendo il viso a contatto con il lato sbagliato.
Io risolvo il problema con un disegno all' esterno.

Consiglierei un SEGNO di riconoscimento che distingua il lato esterno da quello interno.

Ciò sarebbe utile soprattutto agli ANZIANI che ho verificato usare i 2 lati indistintamente.
Grazie

Da: Lauretta Bellemo

Giovedì 16 aprile 2020 11:05:21 Per: Giuseppe Conte

Buongiorno Presidente, questa mattina ho ricevuto accredito indennità 600 euro... volevo semplicemente dirle grazie per tutto quello sta sta facendo in modo eccellente. Elisabetta

Da: Elisabetta

Giovedì 16 aprile 2020 10:48:57 Per: Myrta Merlino

Ho comprato 50 mascherine (introvabili fino a ieri) pagandole 75 euro (150. 000 lire). Una speculazione indegna.
Dov'è lo Stato? Come si può consentire illeciti arricchimenti speculando in tale intensità?

Da: Giancarlo

Giovedì 16 aprile 2020 10:41:16 Per: Luca Zaia

Buongiorno Signor Presidente, intanto le voglio fare i complimenti per come sta affrontando il problema coronavirus. Penso di parlare a nome di molti dicendole un GRAZIE di cuore. Ma veniamo al motivo per cui le scrivo. Io sono una parrucchiera, lavoro da dipendente perciò al momento sono in cassa integrazione. Quei soldi non arriveranno presto e, come me, molte persone avranno difficoltà. Penso però anche al mio e ad altri titolari di negozi artigianali che non possono perdere incassi fino alla fine di maggio. Capisco che la sicurezza e la salute sono una priorità, ma per molti sarà peggio la crisi finanziaria del coronavirus. Io sono dell'idea che se un'attività ha i requisiti di sicurezza per poter lavorare ha il diritto di riaprire, non si può fare di un'erba un fascio. Mi spiego meglio: nel salone dove lavoro io siamo in quattro persone in 100mq circa. Abbiamo, proprio il mese scorso rinnovato tutto e abbiamo un impianto di areazione capace di purificare l'aria ogni ora. Io credo che con l uso di mascherine e guanti e mantenendo le distanze (abbiamo a disposizione 20mq cieca a persona) il problema sanitario sia molto limitato. Perche' non si prendono delle decisioni in base a questi criteri? Mi scusi se mi sono dilungata, ma se non si fa qualcosa la situazione sarà peggiore di adesso tra qualche mese. La ringrazio e buon lavoro.

Da: Patrizia Pasquali

Giovedì 16 aprile 2020 10:36:39 Per: Luca Zaia

Buongiorno presidente, vorrei innanzitutto esprimere la mia gratitudine e il mio sostegno per il difficile lavoro che sta attualmente svolgendo per risolvere il problema del coronavirus.
Le misure per il controllo a domicilio della sindrome da covid19 sono sicuramente un grande passo avanti, per non intasare gli ospedali e anche per impedire che la patologia si aggravi in modo irreversibile. A tal proposito mi faccio portavoce di molti miei concittadini e vorrei rispettosamente suggerire di adeguarsi al protocollo domiciliare attuato nella regione Toscana (clorochina, antibiotico ed eparina) che sembra aver dato buoni risultati, senza eccessivi problemi di controllo in ambiente non ospedaliero. Grazie per l'attenzione.
Elisabetta G.

Da: Elisabetta

Giovedì 16 aprile 2020 10:27:47 Per: Lilli Gruber

24 marzo 2020
Abitare in casa al tempo del coronavirus, tra isolamento e desiderio di comunità
Un pomeriggio di qualche giorno fa, in piena quarantena, hanno suonato alla mia porta di casa.
Era la mia vicina Lucia che accompagnava la nostra condomina cinese del quarto piano, che abita qui da diversi anni, una famiglia sempre molto sorridente e gentile, ma molto riservata, e abbastanza schiva alle relazioni di vicinato.
Valentina, così ho scoperto per la prima volta anche il suo nome, mi ha consegnato un dono racchiuso in una busta trasparente, lo stesso preparato per tutti i 24 residenti del nostro
condominio: una dozzina di mascherine protettive, fatte arrivare per noi dalla Cina!
Un dono inatteso e quanto mai apprezzato, che ci ha colto tutti di sorpresa: sono settimane
che andiamo in giro per farmacie alla ricerca delle famigerate mascherine, una difesa forse
inutile per il contagio, ma che dà qualche sicurezza a chi la indossa e molte di più alla persona
che ti incrocia per strada o al supermercato.
Un bel gesto, generoso e silenzioso.
Un modo per essere vicini e uniti, anche nella diversità dei comportamenti e degli stili di vita.
In tutto questo tempo di grande incertezza e di forzato isolamento ho pensato molto al nostro
modo di abitare.
Mi ritengo fortunata, perché almeno siamo in due in casa, abbiamo i nostri ritmi, tante cose da
fare o riscoprire, un’antica consuetudine a commentare, discutere, scambiare opinioni, ma
anche “pari opportunità” nel fare i turni per fare la spesa, andare in farmacia, dare una mano
a nostro figlio.
Ma molti dei nostri amici e parenti sono soli, e l’età non sempre è proprio giovane.
Così mi ritorna alla mente la mia ricerca di sempre: le nostre case sono adatte ad accogliere i
diversi stili di vita e i tanti cambiamenti cui andiamo incontro nel corso dell’esistenza?
Per anni ho sviluppato uno studio sulle diverse funzioni legate all’abitare, cercando di dare
soluzioni “flessibili” agli spazi abitativi a seconda delle diverse esigenze di chi vive in casa,
salvaguardando, ad esempio, la richiesta di autonomia dei più anziani, da quella dei bambini o
di altri componenti della famiglia.
Alcune sperimentazioni sono state anche realizzate, con piccole unità abitative autonome
rispetto alla casa principale, costituite da una stanza e un bagno, qualche volte anche un
angolo cottura, “separabili” dal resto dell’abitazione, ma contigue ad essa. Ciò ha consentito di
tenere vicini i parenti anziani alla famiglia dei figli, pur garantendo un’autonomia reciproca
essenziale ad entrambi.
Nel tempo, soprattutto con l’incremento straordinario del numero di anziani degli ultimi
decenni e con la crisi progressiva del modello di famiglia tradizionale e del welfare, ho
sviluppato altre due convinzioni, sulle quali ho impegnato l’ultima parte della mia esperienza
lavorativa, prima del pensionamento: in primo luogo, sviluppare dei modelli abitativi
alternativi, dove anche chi è solo e senza grandi mezzi possa vivere la sua vita in modo
autonomo ma con dignità, senza rinunciare tuttavia al bisogno di socialità e alla pratica dei
propri interessi, in secondo luogo, aiutare chi sta in casa da solo a poter contare su una rete di
assistenza e servizi a domicilio, in caso di malattia o necessità di confinamento.
Cohousing e teleassistenza sono state le due parole d’ordine su cui ho lavorato, con tanti
progetti avviati… ma ben pochi risultati!
Mi è tornato alla mente, tra tutti, il progetto HOST, che abbiamo attuato anche qui dove abito a
Roma, nel quartiere Colli Aniene, con l’aiuto di molti amici e associazioni (tra cui
l’Associazione Spazio-Tempo). L’utilizzo di un tablet e della connessione internet, forniti dal
finanziamento del progetto, consentiva ad alcuni amici in avanti con l’età e soli in casa di
collegarsi tra loro e richiedere eventuali servizi a domicilio, ad esempio i farmaci o la spesa,
con l’aiuto di volontari. Con la stessa applicazione ci si poteva anche connettere a tanti altri
siti selezionati sulla rete, per trovare libri da leggere, ascoltare musica, navigare in musei, fare
ricerche.
E poi, ancora, ho pensato a quell’altro progetto per il controllo a domicilio dei parametri vitali.
Un semplice kit in dotazione di ogni famiglia, fornito sempre con i fondi del progetto,
consentiva di registrare i dati clinici principali, che automaticamente venivano trasferiti al
presidio medico, per una sua immediata valutazione.
Come sarebbe stato utile avere questi strumenti in questi giorni!
Se tutti noi avessimo avuto la possibilità di connetterci con il medico di famiglia, la ASL o la
protezione civile, quanta ansia sarebbe stata risparmiata!
Ma molti di coloro che hanno partecipato a queste sperimentazioni, compresi spesso gli stessi
rappresenti degli anziani, non erano affatto convinti della necessità di introdurre queste
innovazioni nella propria casa: perché il pericolo, la malattia, il bisogno è sempre qualcosa che
riguarda “altri”, non noi stessi. Purtroppo, spesso, una sorta di “onnipotenza” ci impedisce di
vedere la realtà e renderci conto delle nostre stesse fragilità.
Questo piccolo organismo invisibile le ha messe tutte a nudo, improvvisamente.
E ci ha trovati del tutto impreparati ad affrontarle, sia a livello individuale che collettivo.
E ritorno anche un attimo sul cohousing.
Una soluzione abitativa fatta di piccoli alloggi autonomi e di spazi comuni dove poter svolgere
attività culturali e ricreative di gruppo, ma anche dove è possibile provvedere alla cura e al
benessere della persona, come ad esempio accogliere un infermiere, una badante di
condominio, svolgere un esercizio di posturale.
Un modello che consente di vivere la propria vita individuale nella privacy del proprio
alloggio, ma contemporaneamente ci mette in relazione con persone con cui hai affinità,
comunità di stili di vita o interessi.
Per tanti anni ho faticato molto a convincere i miei compagni di lavoro, cooperatori e
sindacati, a intraprendere questa strada, ma pochissime esperienze sono effettivamente
partite, e quasi tutte non per una decisione programmatica, ma solo per iniziativa di piccoli
gruppi di persone che hanno capito l’importanza di condividere il proprio futuro e che hanno
voluto investire le proprie risorse su questo nuovo modello di vita.
Anche in questo caso, quanto sarebbe stato utile disporre nell’edificio di spazi collettivi, dove
a turno e con l’osservanza delle regole, poter fare un po’ di ginnastica, dare sfogo all’esigenza
di movimento dei propri bambini, condividere i problemi quotidiani dei propri coinquilini?
Quanti avrebbero potuto scegliere di non ricorrere alle case di riposo, oggi così tragicamente
colpite dal virus?
Se tutto ciò fosse entrato nella cultura del nostro modo di abitare, il gesto della mia vicina
cinese del quarto piano non ci avrebbe lasciati tutti attoniti, come invece è stato.
Nella condivisione e nella solidarietà, la terribile quarantena di oggi sarebbe stata, forse, più
umana.
Assunta D’Innocenzo
cel. 393 -------

Da: Assunta D'Innocenzo

Giovedì 16 aprile 2020 10:27:42 Per: Papa Benedetto XVI

Auguri Padre Santo
Buon Compleanno.

P. s. Nessuno strumentalizzi il mio Rispetto per la Sua Persona.

Da: Pina