Santorre di Santarosa
Biografia • Quei che a Sfacteria dorme
Annibale Santorre de' Rossi di Pomarolo, conte di Santarosa, nasce a Savigliano (Cuneo) il 18 novembre 1783. Ha appena dieci anni quando parte con il padre, ufficiale dell'esercito sardo - che cadrà nel 1796, nel corso della battaglia di Mondovì - per le campagne antinapoleoniche.
Sindaco del paese natio nel 1807, ricopre successivamente alcune cariche pubbliche a La Spezia e a Torino. Caduto Napoleone, e tornato il Piemonte ai Savoia, nel 1815 inizia la carriera militare come capitano dei granatieri. Con lo scoppio dei moti rivoluzionari in Spagna e a Napoli, nel 1820, da ardente liberale cerca di ottenere l'alleanza di Vittorio Emanuele I con il movimento costituzionale, in nome del comune sentimento antiaustriaco: il re dovrà concedere la costituzione, evitando così un'insurrezione anche in Piemonte ed ottenendo manforte contro l'Austria in Lombardia. Il suo piano, infatti, auspica un'Italia liberata e riunita sotto lo stemma sabaudo.
Portavoce e propugnatore della proposta è il futuro re Carlo Alberto, ma il sovrano respinge sdegnato l'offerta non riuscendo a concepire e, quindi, ad accettare, l'idea di una monarchia costituzionale. Santorre di Santarosa, che in quel momento riveste il grado di maggiore, insieme agli altri capi del movimento, fra cui il colonnello Carlo Asinari di San Marzano, il maggiore Giacinto di Collegno, il colonnello Regis, dà avvio ai moti costituzionali ad Alessandria, il 10 marzo 1821, per poi farli dilagare a Torino e nel resto del Piemonte.
Tre giorni dopo Vittorio Emanuele I abdica e nomina Carlo Alberto reggente, per l'assenza temporanea dell'erede al trono Carlo Felice. Carlo Alberto concede la costituzione e nomina, il 21 marzo, Santorre di Santarosa Ministro della Guerra e della Marina. È a quel punto che, su richiesta di Carlo Felice, interviene militarmente l'Austria che a Novara, l'8 aprile, sbaraglia le forze costituzionali.
Dopo la sconfitta si rifugia prima in Svizzera, poi a Parigi dove pubblica, nello stesso anno, il libro in lingua francese "La rivoluzione piemontese" ("De la revolution piemontaise"). L'iniziativa indispone ulteriormente Carlo Felice che lo perseguita anche in Francia, riuscendo a farlo arrestare.
Incarcerato, poi confinato ad Alencon e a Bourges, Santarosa ripara in Inghilterra guadagnandosi da vivere con l'insegnamento dell'italiano e del francese. In questi anni diviene amico di Victor Cousin, Ugo Foscolo e Giovanni Berchet.
Nel 1824, insieme a Giacinto Provana di Collegno, si imbarca per la Grecia in rivolta contro la Turchia, e si unisce ai combattenti come soldato semplice. Sono il suo culto per la libertà e la sua avversione per la tirannide - sentimenti corroborati anche dagli scritti di Vittorio Alfieri - a spingerlo a combattere dovunque vi sia sopraffazione, ed è lo stesso credo che lo porta a morire eroicamente sul campo. Santorre di Santarosa cade a Sfacteria, l'8 maggio 1825, ad appena 42 anni.
Il suo corpo non sarà mai ritrovato. Di lui rimangono un intenso ed emozionante epistolario, alcuni diari intitolati "Confessioni" ed un breve saggio sul sentimento unitario dal titolo "Delle speranze degli italiani", pubblicato postumo, nel 1920, ed incompleto. Ma rimangono anche le testimonianze dei tanti che, avendolo conosciuto o avendone conosciuta la vicenda di eroe romantico, hanno voluto ricordarlo: Degubernatis, Bianchi, Vannucci, Luzio sono soltanto alcuni fra i tanti. Ma ci piace citare il filosofo francese, e suo grande amico, Victor Cousin, che gli ha dedicato un ritratto ed una lunga dedica nel quarto libro delle sue traduzioni di Platone. Belli e toccanti, infine, i versi che Giosuè Carducci a lui dedica nella patriottica poesia "Piemonte", composta nel 1890: "...Innanzi a tutti, o nobile Piemonte, quei che a Sfacteria dorme e in Alessandria diè a l'aure primo il tricolor, Santorre di Santarosa..."
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