Hans Georg Gadamer
Biografia • La verità è interpretazione
Hans Georg Gadamer, fondatore dell'ermeneutica e uno dei più importanti filosofi del Novecento, nacque l'11 febbraio del 1900 a Marburgo, dove nel 1922 si era laureato con Paul Natorp, celebre filosofo del linguaggio e uno dei maggiori esponenti del cosiddetto neokantismo. L'incontro decisivo per la sua evoluzione filosofica è però quello con Martin Heidegger, padre dell'esistenzialismo, con il quale consegue, nel 1929, la libera docenza.
Dal 1939 è ordinario all'università di Lipsia, di cui assume il rettorato nel 1946-47. Gadamer insegna poi a Francoforte e infine ad Heidelberg, sulla cattedra che era stata di Jaspers, dove rimarrà fino al 1970. È stato fondatore e direttore della rivista "Philisophische Rundschau" e collaboratore di molte importanti riviste culturali europee e americane. Dal 1973 era membro dell'Accademia dei Lincei.
La sua opera principale è l'ormai celeberrimo "Warheit und Methode" (tradotto in italiano da Gianni Vattimo nel 1972 con il titolo "Verità e metodo"), saggio pubblicato nel 1960 in cui affronta il problema del linguaggio e della sua capacità di rendere le verità della scienza e la complessità dell'esperienza umana.
In questo famoso, lungo e complesso scritto, Gadamer critica il concetto di verità tipico della mentalità scientifica, secondo la quale è possibile giungere a conclusioni certe con un metodo adeguato e privo di presupposti, cioè neutrale. Gadamer insomma pone il problema della verità non in una forma astratta, ma nel senso delle possibilità che l'uomo ha di farne concretamente esperienza (in riferimento soprattutto ai temi dell'arte, della storia e del linguaggio). È innanzitutto l'esperienza dell'arte, infatti, se pensata in modo non soggettivistico, che ci rivela possibilità d'esperienza delle verità nelle quali l'uomo viene realmente modificato dall'incontro che fa: l'opera d'arte è processo ed evento di cui l'uomo non è mero spettatore, ma in cui si trova coinvolto, come ben chiarisce l'analisi gadameriana della nozione di "gioco".
Tre i punti di riferimento che il pensatore tedesco sceglie, e che rimarranno caratteristici di tutto il suo pensiero, per spiegare la relatività e l'"ambiguità" della conoscenza umana, basata sempre su esperienze concrete: la storia, l'arte e il linguaggio. La prima è vista, contro le pretese di ricostruire con certezza ciò che è stato, come "integrazione" fra il passato e le domande che, nel presente, muovono l'interprete di quel passato. In questo modo, si produce una "fusione di orizzonti", cioè un incontro fecondo tra passato e presente, il cui mezzo è il linguaggio e la cui espressione più caratterista è rappresentata dal confronto con le opere d'arte.
Il linguaggio, poi, è ciò che per Gadamer definisce l'esistenza dell'uomo e le sue possibilità, limitate perché umane, di rapportarsi agli altri. La comunicazione è il terreno su cui si gioca ogni opportunità di incontro tra gli uomini e fra i singoli uomini e gli avvenimenti, dunque anche il futuro dell'umanità. Un contesto nel quale la razionalità scientifica è guardata con sospetto, a causa della sua irrimediabile tendenza al "monologo" (contrapposto così alla ricerca dialettica).
Tra le altre opere di Gadamer si segnalano, "Il problema della coscienza storica" (1963), "Ermeneutica e metodica universale" (1971), "La dialettica di Hegel" (1971), "La ragione nell'età della scienza" (1976), "I sentieri di Heidegger" (1983), "Chi sono io e chi sei tu?" (1990).
Non a caso, Gadamer ha reinterpretato i grandi problemi della storia contemporanea, in un'ottica finalizzata ad una rifondazione dell'etica basata sul dialogo. "Il futuro è nel dialogo", amava ripetere negli ultimi anni e nei primi mesi del 1991, mentre infuriava la guerra del Golfo, in margine ad un convegno sulla funzione della filosofia, ricordava: "Non esiste un dialogo in cui la lingua sia già pronta: bisogna trovarla".
Proprio questa capacità di "ascoltare gli altri" doveva essere, secondo Hans Georg Gadamer, l'"anima dell'ermeneutica", che, da filosofia, si andava trasformando in una vera e propria indicazione di comportamento per gli uomini del nuovo millennio, cui, secondo il pensatore tedesco, spettava il compito di "realizzare una organizzazione delle energie umane per trovare un equilibrio che corrisponda a quello della natura".
Profondo conoscitore della poesia e della letteratura, Gadamer ha lasciato anche studi e saggi fondamentali su Goethe, Hölderlin, Rilke e Celan. Di capitale importanza sono le sue escursioni nel mondo della scienza e della medicina. Amico dell'Italia, ha più volte partecipato a iniziative e convegni delle maggiori università del nostro paese. In particolare, ha intrattenuto stretti rapporti con l`Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e a Genova, dove è stato in più occasioni ospite del Dipartimento di Filosofia.
Gadamer si è spento ad Heidelberg il 14 marzo 2002, alla veneranda età di 102 anni.
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