Umberto Saba
Biografia • Cosa resta da fare ai poeti?
Umberto Poli nasce a Trieste il giorno 9 marzo 1883. La madre, Felicita Rachele Cohen, è di origini ebraiche e appartiene a una famiglia di commercianti che opera nel ghetto triestino.
Il padre Ugo Edoardo Poli, agente di commercio di nobile famiglia veneziana, si era inizialmente convertito alla religione ebraica per sposare Rachele, ma l'abbandona quando lei in attesa del figlio.
Il futuro poeta cresce quindi in un contesto malinconico per la mancanza della figura paterna. Per tre anni viene allevato da Peppa Sabaz, balia slovena, che dona al piccolo Umberto tutto l'affetto di cui dispone (avendo perso un figlio). Saba avrà modo di scrivere di lei citandola come "madre di gioia". Crescerà in seguito con la madre, assieme a due zie, e sotto la tutela di Giuseppe Luzzato, zio ex garibaldino.
Gli studi in età adolescenziale sono piuttosto irregolari: segue dapprima il ginnasio "Dante Alighieri", poi passa all'Accademia di Commercio e Nautica, che però abbandonerà a metà anno scolastico. In questo periodo si avvicina alla musica, dovuta anche all'amicizia con Ugo Chiesa, violinista, e Angelino Tagliapietra, pianista. I suoi tentativi per imparare a suonare il violino sono però scarsi; è invece la composizione delle prime poesie a dare già i primi buoni risultati. Scrive con il nome di Umberto Chopin Poli: i suoi lavori sono perlopiù sonetti, che risentono di una chiara influenza di Parini, Foscolo, Leopardi e Petrarca.
Nel 1903 per proseguire gli studi si trasferisce a Pisa. Frequenta i corsi di letteratura italiana tenuti dal professore Vittorio Cian, ma presto abbandona per passare a quelli di archeologia, latino e tedesco.
L'anno seguente a causa di dissensi con l'amico Chiesa cade in una forte depressione che gli fa decidera di tornare a Trieste. È in questo periodo che frequenta il "Caffè Rossetti", storico luogo di incontro e ritrovo per giovani intellettuali; qui conoscerà il futuro poeta Virgilio Giotti.
Nel 1905 lascia Trieste per recarsi a Firenze dove rimarrà due anni, e dove frequenterà i circoli artistici "vociani" della città, tuttavia senza legarsi a fondo con nessuno di loro.
In una delle sue poche e saltuarie visite che faceva per tornare a casa, conosce Carolina Wölfler, che sarà la Lina delle sue poesie, e che diventerà sua moglie.
Pur abitando geograficamente entro i confini dell'Impero austro-ungarico è cittadino italiano e nell'aprile del 1907 parte per il servizio militare. A Salerno nasceranno i suoi "Versi militari".
Torna a Trieste nel mese di settembre del 1908 e si mette in affari con il futuro cognato per gestire due negozi di articoli elettrici. Il 28 febbraio sposa Lina con rito ebraico. L'anno seguente nasce la figlia Linuccia.
È il 1911 quando con lo pseudonimo di Umberto Saba pubblica il suo primo libro: "Poesie". Seguiranno "Coi miei occhi (il mio secondo libro di versi)", oggi noto come "Trieste e una donna". Lo pseudonimo pare sia di origine incerta; si pensa che lo scelse o in omaggio alla sua adorata balia, Peppa Sabaz, o forse in omaggio alle sue origini ebraiche (la parola 'saba' significa 'nonno').
Risale a questo periodo l'articolo "Quello che resta da fare ai poeti" nel quale Saba propone una poetica schietta e sincera, senza fronzoli; contrappone il modello degli "Inni Sacri" di Manzoni a quello della produzione di D'Annunzio. Presenta l'articolo per la pubblicazione alla rivista vociana, ma viene rifiutato: sarà pubblicato solamente nel 1959.
Conosce poi un periodo di crisi in seguito al tradimento della moglie. Con la famiglia decide di trasferirsi a Bologna, dove collabora al quotidiano "Il Resto del Carlino", poi a Milano nel 1914, dove viene incaricato di gestire il caffè del Teatro Eden.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale viene richiamato alle armi: inizialmente è a Casalmaggiore presso un campo di soldati prigionieri austriaci, poi svolge la mansione di dattilografo presso un ufficio militare; nel 1917 è al Campo di aviazione di Taliedo, dove viene nominato collaudatore del legname per la costruzione degli aerei.
In questo periodo approfondisce la lettura di Nietzsche e si riacutizzano le crisi psicologiche.
Terminata la guerra torna a Trieste. Per qualche mese è direttore di un cinematografo (del quale è proprietario il cognato). Scrive alcuni testi pubblicitari per la "Leoni Films", poi rileva - grazie all'aiuto della zia Regina - la libreria antiquaria Mayländer.
Intanto prende forma la prima versione del "Canzoniere", opera che vedrà la luce nel 1922 e che raccoglierà tutta la sua produzione poetica del periodo.
Inizia poi a frequentare i letterati vicini alla rivista "Solaria", i quali nel 1928 gli dedicheranno un intero numero.
Dopo il 1930 una intensa crisi nervosa gli fa decidere di andare a Trieste in analisi con il dottor Edoardo Weiss, allievo di Freud.
Nel 1938, poco prima dell'inizio del secondo conflitto mondiale, a causa delle leggi razziali Saba viene costretto a cedere formalmente la libreria ed emigrare a Parigi. Torna in Italia alla fine del 1939 rifugiandosi a Roma, dove l'amico Ungaretti cerca di aiutarlo, purtroppo senza risultato; va nuovamente a Trieste deciso ad affrontare con gli altri italiani la tragedia nazionale.
Dopo l'8 settembre 1943 è costretto a fuggire con Lina e Linuccia: si nascondono a Firenze cambiando abitazione numerose volte. Gli sono di conforto l'amicizia di Carlo Levi e Eugenio Montale; quast'ultimo, rischiando la vita, andrà a visitare Saba ogni giorno nelle sue abitazione provvisorie.
Intanto a Lugano esce la sua raccolta "Ultime cose", che verrà poi aggiunta nell'edizione definitiva del "Canzoniere" (Torino, Einaudi) nel 1945.
Nel dopoguerra Saba vive a Roma per un periodo di nove mesi, poi si trasferisce a Milano dove rimane per dieci anni. In questo periodo collabora con il "Corriere della Sera", pubblica "Scorciatoie" - la sua prima raccolta di aforismi - con Mondadori.
Tra i riconoscimenti ricevuti vi sono il primo "Premio Viareggio" per la poesia del dopoguerra, (1946, ex aequo con Silvio Micheli), il "Premio dell'Accademia dei Lincei" nel 1951, e il "Premio Taormina". L'Università di Roma gli conferisce nel 1953 una laurea honoris causa.
Nel 1955 è stanco, ammalato e sconvolto per la malattia della moglie si fa ricoverare in una clinica di Gorizia: qui il 25 novembre 1956 la notizia della morte della sua Lina lo raggiunge. Esattamente nove mesi più tardi, il 25 agosto 1957, anche il poeta muore.
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