Giuseppe Bottai
Biografia • Con il permesso di criticare
Uomo politico protagonista della storia d'Italia del periodo fascista, Giuseppe Bottai fu governatore di Roma, ministro delle Corporazioni e ministro dell'Educazione Nazionale.
Nato a Roma il 3 settembre 1895 da una famiglia di origine toscana, dopo aver conseguito il diploma di maturità si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza proprio nel periodo in cui scoppia la Prima guerra mondiale; decide presto di partire come volontario.
Al termine del conflitto, già attivo nel movimento futurista, incontra nel 1919 Benito Mussolini e collabora alla fondazione dei Fasci di Combattimento di Roma. Termina gli studi conseguendo la laurea in Giurisprudenza, poi nel 1921 dirige la redazione romana de "Il Popolo d'Italia". Nello stesso anno si candida e viene eletto alla Camera dei Deputati.
Partecipa alla Marcia su Roma: assieme al suo gruppo crea notevoli disordini che si concludono con la morte di alcune persone. Nel 1923 fonda la rivista "Critica fascista". Dal 1926 al 1929 è sottosegretario alle Corporazioni, assume la titolarità del Ministero nel 1929; resterà Ministro fino al 1932. In questo periodo emana la "Carta del Lavoro" e ottiene la cattedra di Diritto corporativo presso l'Università La Sapienza di Roma.
Diviene presidente dell'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale nel 1932; mantiene la carica fino al 1935, quando diventa governatore di Roma. Nel maggio del 1936 è Governatore di Addis Abeba, ma la carica durerà meno di un mese.
Bottai fa quindi ritorno in Italia e viene nominato ministro dell'Educazione Nazionale, incarico che lascerà nel febbraio del 1943. Tra le tante realizzazioni, emanerà due importanti leggi per la protezione dei beni culturali che rimarranno in vigore a lungo, fino al 1999; i principi di queste norme sono comunque stati mantenuti anche nelle normative successive.
Bottai si circonda in questo periodo di funzionari di primissimo ordine, molti dei quali continueranno a gestire le sovrintendenze anche nel Dopoguerra.
Risale al 1940 la fondazione della rivista "Primato".
Insieme ad altri 18 gerarchi, il 25 luglio del 1943 aderisce all'ordine del giorno Grandi, mozione che mette in minoranza Mussolini. A causa dell'adesione alla mozione Grandi, Bottai viene condannato a morte in contumacia al Processo di Verona, nel 1944, da un Tribunale della neocostituita Repubblica sociale italiana. Nel frattempo si arruola con il falso nome di Andrea Battaglia nella Legione Straniera, corpo nel quale rimarrà fino al 1948 e nelle cui file combatterà contro i tedeschi.
Ottiene l'amnistia nel 1947 per le imputazioni post-belliche connesse alla partecipazione avuta nella costituzione del regime fascista e che gli erano costate una condanna all'ergastolo. La condanna a morte di Verona diviene poi trascurabile con la dissoluzione della Repubblica Sociale Italiana.
Torna in Italia e fonda nel 1953 la rivista di critica politica "ABC", di cui sarà direttore fino alla morte.
Per un certo periodo, dirige da dietro le quinte "Il Popolo di Roma", effimero quotidiano finanziato da Vittorio Cini per fiancheggiare il centrismo.
Sempre aperto al dialogo, anche con i giovani intellettuali che esercitavano velatamente idee di opposizione al regime fascista - i quali poterono trovare sulle pagine di "Primato" un importante spazio di espressione e di dibattito - Bottai è noto anche per essere stato un fascista in qualche modo fuori dai rigidi schemi del regime, in altre parole - come lo definirà in seguito lo storico Giordano Bruno Guerri - un "fascista critico".
Giuseppe Bottai muore a Roma il 9 gennaio 1959. Ai suoi funerali accorse una nutrita folla: tra le numerose autorità presenti vi fu anche Aldo Moro, allora ministro della Pubblica Istruzione.
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