Manlio Sgalambro
Biografia • Note di filosofia
Manlio Sgalambro nasce a Lentini (Siracusa), il 9 dicembre del 1924. Filosofo e autore italiano molto apprezzato anche all'estero, punto di riferimento per anni della nota casa editrice Adelphi, dal 1994, dopo l'incontro con Franco Battiato, si è affacciato con ottimi riscontri anche nel mondo della musica, scrivendo e componendo per il famoso cantautore oltre che per altri artisti importanti del panorama nazionale. Il risultato di questa apertura al mondo canoro è un disco interamente a suo nome.
Tra i suoi interessi c'è sin dalla giovane età quello per la scienza filosofica. L'amore per i testi di Hegel e Heidegger sboccia subito e si mescola ad altre letture filosofiche, che il giovane Manlio coltiva nel periodo scolastico, per poi incrementarlo durante gli anni universitari.
Nel 1945, prende parte alla rivista di Catania "Prisma", sotto la direzione di Leonardo Grassi. La sua prima pubblicazione si intitola "Paralipomeni all'irrazionalismo". Due anni dopo, nel 1947, si iscrive all'Ateneo di Catania. Tuttavia, avendo già raggiunto un buon livello di studi in modo autonomo per quanto concerne l'ambito filosofico, decide di arricchirsi con gli studi giuridici, frequentando i corsi di giurisprudenza. Al contempo però, e in modo più che assiduo, prosegue in modo indipendente ad ampliare il suo sapere filosofico, accostandolo all'interesse crescente per il diritto penale.
La formazione accademica dura quasi un decennio e vede Sgalambro progredire sempre di più nelle proprie acquisizioni. Comincia però a farsi impellente il desiderio di farsi strada mediante le proprie opere e già nel 1959 il giovane e precoce filosofo pubblica il saggio "Crepuscolo e notte", che viene pubblicato sul periodico culturale "Incidenze", foglio di spicco fondato da Antonio Corsano e che ha il merito di aver aperto le porte della pubblicistica al filosofo di Lentini.
Più o meno nello stesso periodo prende parte come collaboratore alle pubblicazioni della celebre rivista romana "Tempo presente", a quei tempi diretta dalla prestigiosa coppia di intellettuali formata da Ignazio Silone e Nicola Chiaramonte. Scrive per tutti gli anni '60 sul foglio romano, pubblicando interventi filosofici e critici di varia natura, insieme con saggi di pregevole fattura e articoli culturali. Dopo aver conosciuto Sebastiano Addamo, continua i suoi interventi per "Incidenze", arricchendo la rivesta sempre di più e contribuendo alla sua rapida diffusione.
Se fino a questi anni riesce a mantenersi pubblicando e gestendo l'agrumeto di famiglia, ereditato alla morte del padre, dal 1963, anno in cui si sposa all'età di 39 anni, Manlio Sgalambro deve per forza di cose integrare le proprie finanze con altre attività. Così comincia a compilare tesi di laurea e insegna come supplente nelle scuole.
Il 1982 è un anno importante per lui, in quanto segna l'inizio della sua vera e propria attività di autore di filosofia. In realtà l'invio di un corpus unico contenente tutti suoi scritti, e contenente un proprio pensiero filosofico preciso, risale a qualche anno prima, quando decide di mandare alla casa Adelphi una risma di fogli che si intitola "La morte del sole". Quando si decide per questo passo, Sgalambro ha 55 anni e ad accompagnare il volume c'è un biglietto di due righe soltanto. Solo sei anni dopo, nel 1988, il suo primo libro viene già tradotto in tedesco, presso una casa specializzata di Monaco.
Nel 1987 è la volta del "Trattato dell'empietà", altro punto importante del filosofo di Lentini, che trova spazio sempre nelle pagine di Adelphi. Da questo momento è un susseguirsi di apprezzate pubblicazioni, per varie case editrici italiane, come il libro "Del metodo ipocondriaco", "Anatol", entrambi del 1990, e "Del pensare breve" e "Dialogo teologico", tutti e due per Adelphi e pubblicati nel 1991 e nel 1993. Quest'ultimo lavoro viene anche tradotto in francese.
Nel 1994, quando scrive "Contro la musica" e "Dell'indifferenza in materia di società", avviene anche l'incontro più importante dell'ultima parte di esistenza del filosofo Sgalambro, quello con il famoso cantante Franco Battiato. L'occasione del loro incontro è data dalla scrittura, da parte del filosofo, del libretto dell'opera lirica "Il Cavaliere dell'Intelletto", pubblicato da Sonzogno, nel 1995. Le rappresentazioni si moltiplicano sin da subito nei teatri, con rappresentazioni in tutta Italia. Da quel momento Manlio Sgalambro diventa a tutti gli effetti il punto di riferimento di Battiato, firmando per lui i testi degli album "L'ombrello e la macchina da cucire" e "L'imboscata", rispettivamente del 1995 e del 1996.
L'anno dopo Sgalambro è autore unico della commedia "gli Schopenhauer", che debutta a Catania e ha per regista, ancora una volta, il suo compagno di viaggio Franco Battiato. Nel 1998 poi l'autore torna tra gli scaffali delle librerie con un'opera di stampo filosofico, per quanto atipica per certi versi, dal titolo "Nietzsche (Frammenti di una biografia per versi e voce)". A questo lavoro seguono "Il trattato dell'età" e, nel giugno del 2000 l'opera "Campi magnetici", di Battiato, nella quale il filosofo di Lentini figura come interprete delle musiche.
Il 2001 segna l'esordio in tour di Sgalambro, sempre al fianco di Franco Battiato, in occasione del "Ferro Battuto Tour", dall'album omonimo. Sempre nello stesso anno il filosofo reinterpreta grandi e vecchie ballate del '900, in un divertissement che si chiama "Fun Club", album prodotto anche dal suo cantautore. È, in pratica, il suo debutto discografico da solista.
Dopo "De mundo pessimo", scritto nel 2002, Sgalambro fa parlare di sé nel corso del 2005 per alcune interviste non proprio ortodosse, nelle quali si lascia andare a certe dichiarazioni su mafia e su alcuni personaggi dell'antimafia, come Sciascia e Fava, a dir poco azzardate, per giunta molto criticate non solo dal pubblico.
È del 2010 la sua ultima opera di rilievo, dal titolo "L'impiegato di filosofia", l'ennesimo divertissement dall'afflato giocoso e dissacrante. Manlio Sgalambro muore a Catania il 6 marzo 2014 all'età di 89 anni.
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