Jimmy Carter

Jimmy Carter

Jimmy Carter

Biografia Mediazione da Nobel

Nobel per la pace nel 2002, James Earl Carter detto Jimmy, 39° presidente degli Stati Uniti, nasce il giorno 1 ottobre 1924 a Plains (Georgia) in una famiglia di religione battista con interessi nel settore dell'agricoltura.

Dopo la laurea alla Accademia navale di Annapolis (Maryland), conseguita nel 1946, Carter sposa Rosalynn Smith. Dal loro matrimonio nascono quattro figli: John William, James Earl II, Donnel Jeffrey e Amy Lynn.

Dopo sette anni di servizio come ufficiale di marina il futuro presidente americano torna a Plains per gettarsi a capofitto nell'agone politico, da cui ricaverà i primi sostanziosi frutti a partire dal 1979, diventando governatore della Georgia. Già da questo momento Carter si pone come un amministratore attento e all'avanguardia, soprattutto nei confronti dei problemi che affronta. Uno su tutti: l'ecologia argomento che sul finire degli anni '60, è da conisderarsi straordinario; ma si occupa anche delle barriere razziali, che disprezza apertamente.

Forte dei consensi ottenuti con battaglie comunque difficili, impopolari ed impegnative, annuncia la sua candidatura alla presidenza nel dicembre del 1974 dando l'avvio ad una campagna elettorale lunga due anni.

Alla Convention democratica viene nominato al primo ballottaggio; sceglie il senatore Walter F. Mondale come suo compagno di corsa. In seguito conduce una dura campagna contro Ford, peraltro brillantemente vinta.

Nel corso della sua presidenza Carter lavora molto per combattere la continua crescita dell'inflazione e l'aumento della disoccupazione. Sfortunatamente al concludersi della sua amministrazione il tasso d'interesse e l'inflazione registrano valori record e gli sforzi per ridurli causano una breve recessione.

In politica interna mette a punto un piano per la politica energetica volto a contrastare la carenza d'energia, basato sulla liberalizzazione del prezzo del greggio nazionale per stimolare la produzione.

Aumenta l'efficienza governativa attraverso la riforma del servizio pubblico e procede alla liberalizzazione dell'industria aerea e dei trasporti. Sempre forte in lui è l'attenzione al problema ambientale.

In politica estera invece il sostegno di Carter alla questione dei diritti umani viene accolto con freddezza dall'Unione Sovietica e da altri paesi. In Medio Oriente, attraverso l'accordo di Camp David del 1978, Carter dà il suo contributo per la risoluzione delle divergenze tra Egitto e Israele. Costruisce una fitta rete di relazioni diplomatiche con la Repubblica popolare cinese. Conclude il trattato sulla limitazione della energia nucleare (Salt II) con l'Unione Sovietica. Ma la ratifica del trattato viene sospesa in seguito alla invasione dell'Afghanistan da parte di Mosca.

Gli ultimi quattordici mesi dell'amministrazione Carter sono dominati dalle notizie riguardanti il sequestro dello staff dell'ambasciata americana in Iran. Le conseguenze del sequestro e il costante aumento dell'inflazione contribuiscono alla sua sconfitta ad opera di Ronald Reagan nel 1980.

Dopo aver lasciato la Casa Bianca Carter torna in Georgia dove nel 1982 fonda ad Atlanta il nonprofit Carter Center per promuovere la pace e i diritti umanitari nel mondo.

Il Nobel a Jimmy Carter è stato motivato per "i decenni di sforzi dedicati a cercare soluzioni pacifiche ai conflitti internazionali, a fare avanzare la democrazia e i diritti umani, e a promuovere lo sviluppo economico e sociale".

"Durante la sua presidenza - si legge nel comunicato diffuso dal Comitato norvegese per il Nobel - tra il 1977 e il 1981, la mediazione di Carter è stata un contributo vitale agli accordi di Camp David tra Israele e l'Egitto, di per se stessi un risultato sufficiente a qualificarsi per il premio Nobel per la pace. In un tempo in cui la guerra fredda tra Est e Ovest era ancora predominante, Carter ha posto una enfasi rinnovata al ruolo dei diritti umani nella politica internazionale".

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Domenica 5 settembre 2010 01:14:34

Le candidature alle elezioni presidenziali del 1976 rispecchiavano pienamente la crisi delle istituzioni e l’instabilità dei partiti politici americani in quel periodo: Gerald Ford - unico presidente della storia degli Stati Uniti a non essere stato eletto - e James Earl Carter, Jr., uomo ai margini del gioco politico nazionale e, fino al 1975, ancora considerato attore del tutto secondario nella competizione per la nomination democratica alla Casa Bianca. L'America del 1976 era una nazione in crisi ed un "impero" in declino.
La soluzione proposta da Carter fu al tempo stesso conservatrice e progressista: conservatrice nel ricorso alla retorica della redenzione morale e del ritorno alla purezza "jeffersoniana", progressista nelle istanze di rinnovamento della politica estera.
Carter restituì l’ideologia alla retorica presidenziale, ma nella pratica fu più spesso un realista che un idealista. Messi da parte, infatti, i proclama sui diritti umani, le più grandi conquiste dell’amministrazione - il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese e gli accordi SALT II - furono atti di puro realismo. Assieme ai trattati per la restituzione del canale di Panama e la mediazione degli accordi di Camp David, tali atti servono anche a segnalare un'inaspettata, e raramente rilevata, continuità con gli obiettivi di politica estera nell'era di Kissinger.

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