David Sylvian
Biografia • Raffinatezze sonore
Strano ma vero: al mondo esiste ancora qualche musicista che non appare quasi mai, non rilascia interviste, non si presta alle logiche di mercato, eppure continua imperturbabile a vendere dischi. È ovvio che qui non si discetta di fenomeni da milioni copie, ma questa debole strategia di marketing sembra comunque essere molto apprezzata da un certo pubblico, più attento alla sostanza che all'apparenza.
Questo è proprio il caso di David Sylvian (al secolo David Batt), introverso musicista londinese nato a Beckenham (Inghilterra) il 23 febbraio 1958. La sua vita artistica, dopo un'infanzia difficile, non è sempre stata segnata dalla voglia di scomparire ma è indubbiamente un'attitudine che è cresciuta nel tempo, fino ad arrivare alle soluzioni iper-minimaliste in termini di sound e di look che vediamo oggi.
Nel suo caso però è bene chiarire che il termine "minimalismo" non deve far pensare alle tecniche ripetitive dell'avanguardia americana che si è imposta a partire dagli anni '50 (incarnata da nomi quali Glass, Riley, Reich, per intenderci), ma solo ad un approccio che, pur mantenendosi nell'alveo della musica pop, scarnifica il tessuto strumentale e melodico per approdare ad una neo-semplicità.
La musica di David Sylvian talvolta è molto vicina all'ambient, e basterebbe una scorsa alla collaborazioni (su cui spicca quella con Brian Eno) per corroborare queste impressioni.
L'esordio artistico di Sylvian avviene con il gruppo (oggi cult) dei Japan, un'esperienza durata pressappoco fino alla prima metà degli anni '80 e segnato da quella tipica sete di incontro fra oriente e occidente che era un po' il marchio di quell'ansia di internazionalismo che ha distinto i gruppi di quegli anni.
Dopo alcuni album pregevoli, diventati per gli specialisti degli incunaboli da ricercare sulle bancarelle (ma recentemente ristampati), il capolinea dell'esperienza artistica dei Japan è rappresentato dal doppio live "Oil on canvas", datato maggio 1983.
Lasciato solo, la creatività di Sylvian affina le sue armi e i singoli "Bamboo houses" e "Forbidden colours", supportati dall'importante sodalizio con il genio di Ryuichi Sakamoto, sono lì a testimoniarlo.
I due consolidano definitivamente il loro legame spirituale e artistico con "Brilliant trees" (1984), album capolavoro che è considerato uno dei migliori esordi di tutti i tempi.
Appendice alla prima uscita da solista è il successivo "Alchemy an index of possibilities", episodio strumentale di suggestiva intuizione che non trascura la lezione di Jon Hassel e Brian Eno (due campioni dello sperimentalismo pop); "Gone to hearth" (1986) è invece un monumentale doppio album dalle atmosfere cosmiche ed eteree. Qui esplode il Sylvian più intimista che si circonda dei pensatori più accreditati della musica "leggera" (o per meglio dire, "di confine"), come Bill Nelson o Robert Fripp (testa d'uovo fondatore dei King Crimson) e che da lì a poco darà alla luce un altro gioiello, quel "Secrets of the beehive" dai motivi letterari spiccatamente antropologici.
Questi testi così raffinati, sono narrati su incantati fondali musicali arrangiati dall'onnipresente Sakamoto e fanno brillare la natura essenzialmente acustica e meno "elettrica" del lavoro rispetto al precedente.
Per il tormentato David Sylvian gli anni '80 si chiudono con due album, "Plight and premonition" (1988) e "Flux and mutability" (1989) ed un singolo dalla strutturazione sperimentale e insolitamente ironico, "Pop Song".
Gli album, di genere ambient, sono scritti in collaborazione con Holger Czukay (ex Can) e denotano una fascinazione (a tratti fine a se stessa) in un andirivieni sonoro sospeso tra rifrazioni etniche e cultura da villaggi globali new age.
Dopo un reunion con Karn, Jansen e Barbieri (Japan nei ricordi) chiamata per l'occasione come l'omonimo album prodotto "Rain, tree, crow" (1991) e il tempo necessario alle promozioni commerciali di routine, l'artista è subito al lavoro.
"First day" (1993) è scritto in collaborazione con Robert Fripp ed avrà un ulteriore seguito con "Damage" (1994), CD live del tour "Road to Graceland". Tali lavori sono la perfetta documentazione del definitivo incontro, dopo una quasi decennale collaborazione, tra due diversi, ma affini musicisti. All'eleganza degli album solisti si sostituisce una scrittura musicale dura, nervosa che disegna asprezze sonore che magnetizzano la musica verso i modi di essere tipicamente convulsi della società moderna.
Seguono una collaborazione con il musicista franco algerino Hector Zazou in "Sahara blue" (1992), quella con alcuni artisti italiani tra cui Andrea Chimenti ("L'albero pazzo") e un tour, "Slow Fire" (1995), con solo chitarra e tastiera.
Per un nuovo lavoro da solista bisognerà attendere il 1999, anno del suo rientro dopo circa dodici anni da "Secrets of the beehive".
"Dead bees on a cake" è il titolo del CD i cui temi spaziano dalla devozione religiosa all'interesse verso per la nuova dimensione familiare (la sua relazione felice con l'attuale compagna Ingrid Chavez).
"Approaching silence", lavoro che raccoglie materiale pubblicato per installazioni multimediali, completa il suo rientro.
Dopo un lungo silenzio David Sylvian è tornato sulle scene con "Blemish", un album che per molti aspetti rappresenta un punto di rottura rispetto al passato (niente collaborazioni prestigiose e uso ultra-parsimonioso del sound), ma ci consegna l'anima del David Sylvian di sempre.
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Biografieonline non ha contatti diretti con David Sylvian. Tuttavia pubblicando il messaggio come commento al testo biografico, c'è la possibilità che giunga a destinazione, magari riportato da qualche persona dello staff di David Sylvian.
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