Enrico Giovannini

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Biografia

Enrico Giovannini e l'ISTAT

Enrico Giovannini nasce il 6 giugno del 1957 a Roma. Laureatosi alla Sapienza in Economia e Commercio con il massimo dei voti nel 1981, con la tesi intitolata "Tecnologie e combinazioni dei fattori nei paesi in via di sviluppo", viene assunto l'anno seguente come ricercatore presso l'Istat, Istituto Nazionale di Statistica, dove si occupa di analisi economica e contabilità nazionale. Nel dicembre del 1989, dopo essere diventato membro della Società Italiana di Statistica, Giovannini decide di spostarsi all'Isco, Istituto Nazionale per lo Studio della Congiuntura: qui, in qualità di dirigente di ricerca, è incaricato di curare analisi finanziarie e monetarie.

Enrico Giovannini

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Tre anni dopo fa ritorno all'Istat e pubblica il suo primo libro ("Fabbisogno pubblico, politica monetaria e mercati finanziari", edito da Franco Angeli), mentre nel 1993 viene nominato responsabile del Dipartimento di analisi economica e contabilità nazionale. Divenuto, inoltre, direttore del Dipartimento delle Statistiche Economiche, carica che mantiene dal gennaio del 1997 al dicembre del 2000, Enrico Giovannini entra a far parte dell'Istituto Internazionale di Statistica nel 2001, anno in cui ricopre presso l'Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) di Parigi i ruoli di Director of the Statistic Directorate e Chief Statistician. Durante la sua direzione, l'organizzazione dà il via a una riforma globale del proprio sistema statistico, che verrà ripreso da altri istituti internazionali come l'Unesco, il Fondo Monetario Internazionale e l'Onu.

Gli anni 2000

Divenuto nel 2002 professore ordinario all'Università degli Studi Tor Vergata di Roma (insegna Statistica Economica), organizza due anni dopo il primo Forum Mondiale dedicato a "Statistica, Conoscenza e Politica", che serve da spunto per il lancio del "Global Project on Measuring the Progress of Societies": si tratta di un progetto di ricerca dedicato alla misurazione del progresso delle società, che si avvale della collaborazione dell'Onu, della Banca Mondiale e della Commissione Europea, il cui obiettivo è quello di favorire lo sviluppo, in ambito ambientale, sociale ed economico, di indicatori chiave finalizzati a fornire un quadro globale dell'evoluzione del benessere all'interno di una società. Tale progetto, inoltre, si propone di promuovere l'utilizzo di determinati indicatori per favorire i processi decisionali nel settore pubblico e nel settore privato.

Dopo aver dato alle stampe il suo secondo libro nel 2006 ("Le statistiche economiche", per Il Mulino) e il suo terzo libro nel 2008 ("Understanding economic statistics", pubblicato dall'Ocse anche in lingua ceca e giapponese), il 24 luglio del 2009 Enrico Giovannini viene nominato presidente dell'Istat, abbandonando così il proprio impegno presso l'Ocse, mentre nel 2010 riceve la Medaglia d'Oro del Presidente della Repubblica dal "Centro Internazionale Pio Manzù" per il suo lavoro a favore della misurazione del benessere nella società; nello stesso anno entra a far parte del "Club of Rome".

Enrico Giovannini negli anni 2010

Presidente della Conferenza degli Statistici Europei (ente che fa capo alla Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite) dal mese di giugno del 2011, il 30 marzo del 2013 viene chiamato da Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, a far parte di un team di dieci "saggi" il cui compito è quello di indicare le priorità per superare la crisi istituzionale ed economica, in vista della creazione del governo dopo le elezioni di febbraio; il 28 aprile Giovannini viene nominato Ministro del lavoro e delle politiche sociali nel nuovo governo di Enrico Letta.

Enrico Giovannini

Membro dell'Advisory Board per il rapporto sullo Sviluppo Umano delle Nazioni Unite, del Consiglio dell'Istituto Statistico Internazionale e del Partnership Group del Comitato Statistico Europeo, Enrico Giovannini è presidente del Board del Progetto Internazionale della Banca Mondiale per la Misura delle Parità dei Poteri di Acquisto. E', inoltre, membro onorario dell'Associazione Italiana degli Studi sulla Qualità della Vita e del Board del Canadian Index of Well-being, oltre che advisor del Commissario europeo all'Ambiente.

Gli anni 2020

Nel febbraio 2021, con la nascita del governo Mario Draghi, Enrico Giovannini è chiamato di nuovo ad un incarico di governo. Diviene Ministro delle infrastrutture e dei trasporti succedendo a Paola De Micheli.

6 fotografie

Foto e immagini di Enrico Giovannini

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Biografieonline non ha contatti diretti con Enrico Giovannini. Tuttavia pubblicando il messaggio come commento al testo biografico, c'è la possibilità che giunga a destinazione, magari riportato da qualche persona dello staff di Enrico Giovannini.

Lunedì 9 aprile 2018 19:42:41

Ogni volta che sento parlare di nuovi posti di lavoro o di reddito di cittadinanza
penso : “ma quali lavori se il modernismo porta alla riduzione dei lavoratori e dove
prendiamo i soldi?”
Vi sottopongo alcune proposte, lasciando alla vostra perspicacia le scelte conseguenti. Anzitutto dove prendere i soldi per fare quanto propongo di seguito? Semplicemente riducendo progressivamente la spesa per l’acquisto di energie dall’estero, e con ciò finanziare le imprese italiane che sposeranno il cambiamento. Inoltre, perchè si spendono miliardi per spegnere gli incendi boschivi invece di pulire regolarmente i boschi, facendo in contemporanea funzionare dei termocombustori, opportunamente filtrati, dislocati in modo organico sul territorio, per la produzione d'energia? Non mi si dica che ciò produce CO2 e polveri sottili, poichè opportuni filtri abbattono le emissioni del 90% mentre la combustione selvaggia o la decomposizione naturale disperderebbero gli stessi inquinanti al 100%. Contemporaneamente alla pulizia dei boschi si può predisporre il deflusso regolamentato delle acque così da evitare eventi franosi catastrofici che comportano milioni di danni e vittime. Quando i nostri vecchi curavano le campagne tutto ciò capitava raramente e non si sentiva parlare di intere montagne che franavano a valle. Oggi esistono canalette metalliche che, una volta piazzate, richiedono poca manutenzione. Recentemente ho sentito che i giovani non rifuggono più il lavoro di spazzino. Perchè quindi non impiegarli per la manutenzione di tutto il vasto territorio abbandonato? Avete mai fatto caso a come la Svizzera cura il proprio suolo? Leggi appropriate impedirebbero a sprovveduti proprietari di mantenere l'obbrobrio attuale (distanza minima fra gli alberi, altezza dei rami, altezza del sottobosco ecc e l’obbligo della manutenzione o dell’attribuzione del materiale di risulta all’imprese che esegue i lavori) ed avremmo molti nuovi posti di lavoro che il modernismo riduce sempre di più.
 Non si tratta di fare nuovi dipendenti pubblici (utilizzando le guardie forestali per la direzione lavori daremmo anche una copertura economica ad un servizio oggi passivo) ma di elaborare un piano complessivo sulla base del quale poter attivare una rete territoriale gestita da piccole medie imprese. Porto un esempio: un termocombustore da 20 MW, che bruci solo “legna vergine” oltre alla produzione di ingente quantità di energia elettrica permetterebbe, col raffreddamento d’impianto, di attuare il teleriscaldamento per 700 famiglie; darebbe lavoro a 12 unità interne ed un indotto per 90 operatori fra boscaioli, trattoristi e camionisti (tutte piccole imprese artigianali, ma produttive). L’università di Torino aveva calcolato che per produrre il legname necessario a gestire l’impianto, una volta diradati i boschi esistenti, sarebbe stato necessario solo ¼ del territorio comunale (Ceva-CN) coltivato con alberatura a rapida riproduzione (Purtroppo interessi “particolari” hanno impedito la realizzazione di quel progetto). A sostegno di questa proposta vi ricordo che l’EU ha un progetto chiamato FORMIT (FORest management strategie sto enhance the MITigation potential of Eurapean forest) che oltre ad altro riprende gli stessi concetti. A meno che non siamo tutti sul libro paga dell’ENI o peggio, degli arabi, suggerisco di leggervi “Research EU” pag.14-15 !

Inoltre: poiché con le turbine di nuova generazione bastano pochi metri di caduta (4 mt) per generare corrente elettrica. (vedi Garessio-CN) piccole dighe terrebbero puliti i greti fluviali, senza rischi per le popolazioni, garantirebbero risorse idriche sempre più preziose oltre a piscicoltura, pesca sportiva, sport acquatici e turismo; senza contare che l’energia pulita prodotta dalle nuove turbine ripagherebbe l’opera di costruzione e di manutenzione. A tal proposito segnalo che lasciare al Magistrato delle Acque la gestione anche dei piccoli torrenti (che con sede a Parma solitamente non sa neppure dove si trova il torrente) crea gravi problemi in termini di tempo ed economici. Se il materiale di risulta del disalveo periodico fosse lasciato in piena disponibilità ai Comuni interessati, certamente i lavori sarebbero più spediti ed a costi compensati. Ad evitare abusi avevo suggerito all'ingegnere preposto alla verifica di segnare sugli argini una "mira di massima" ed una di "minima" che i Sindaci avrebbero dovuto rispettare nell'applicazione del disalveo, previa comunicazione di inizio lavori al magistrato delle acque che, ove lo ritenesse opportuno, invierebbe tecnici di controllo. Il vento ed il sole sono altre fonti di energia pulita e nuovi posti di lavoro.
Ed infine: cosa farne di tutta quest’energia elettrica? Anzitutto evitiamo di acquistarla dall’estero e col risparmio finanziamo l’iniziativa che troverebbe copertura anche con il risparmio delle spese per incendi boschivi, frane, allagamenti, ecc In secondo tempo puntiamo sulle auto elettriche (possibilmente prima della Germania) e creiamo così altri posti di lavoro oltre alla riduzione dell’inquinamento con tutte le conseguenze collegate. Se c’è un fondo di verità nell’affermare che costa molto meno la prevenzione di ogni opera di ricostruzione, questo sarebbe un primo passo che potrebbe durare nel tempo. L’Italia può farcela, ma non vedo proposte concrete per l’ampliamento dei posti di lavoro (anche se ai giovani dovremo insegnare che non si lavora soltanto dietro la scrivania o indossando una tuta bianca). Ultimo, ma non meno importante, il fatto che creando attività remunerate in sede locale, si ricupererebbero tutti gli insediamenti di quei territori che si stanno spopolando, riducendo l’inurbamento selvaggio, con tutti i costi che comporta.
Convinto di non essere il solo a pensarla così, spero di non aver perso tempo a scrivere.

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