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Cecco Angiolieri
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Cecco Angiolieri
Biografia • Vizi e poemi
Cecco Angiolieri nasce a Siena nel 1260 (circa). Suo padre Angioliero è figlio del banchiere del papa Gregorio IX e fa parte dei Signori del Comune nonché dell'ordine dei Cavalieri di Beata Maria, di cui è iscritta anche la madre, monna Lisa de Salimbeni. L'infanzia di Cecco è dunque caratterizzata da una condizione economica superiore alla media.
La sua famiglia vanta una lunga tradizione politica guelfa e Cecco, che probabilmente trascorre sia l'infanzia che l'adolescenza in quel di Siena, cresce con lo stesso sentimento politico. Partecipa persino nel 1281 alla compagna militare condotta per la conquista del castello ghibellino di Turri in Maremma. Proprio durante la campagna si fa notare però per una certa indisciplina: viene infatti multato per ben due volte per assenza ingiustificata dal campo.
Le multe ricevute in campo non sono le sole: nel 1282 viene multato per essere stato trovato ancora fuori casa dopo il terzo scampanio comunale, considerato come una sorta di coprifuoco. Nel 1291 viene addirittura coinvolto in un processo per il ferimento di un tale, Dino di Bernardo da Monteluco. Durante il processo viene poi riconosciuto innocente.
Durante la battaglia tra fiorentini ed aretini, la città di Siena invia un contingente di rinforzo per aiutare la città di Firenze e Cecco Angiolieri fa parte di questo contingente insieme al padre. Combatte così nella battaglia finale di Campaldino (1289). Alla battaglia partecipa anche Dante Alighieri, e pare i due si conoscano proprio in questa occasione. Entrambi sono all'inizio delle rispettive carriere poetiche, e cominciano a coltivare un'amicizia che inizialmente sembra poter durare, ma che poi verrà condizionata dalla radicale differenza caratteriale dei due. Incompatibilità dovuta anche alla scelta poetica di Angiolieri di comporre scritti alla maniera comico-giocosa allo scopo di capovolgere i temi e lo stile del linguaggio stilnovista.
I suoi poemi contrappongono all'amore spirituale quello sensuale, alla lode la canzonatura e l'ingiuria, alla donna angelicata la donna terrena, alle virtù morali i piaceri terreni e carnali. Gli vengono attribuiti ben centocinquanta sonetti, dei quali pare ne abbia realmente composti centododici. Molti di questi sono dedicati ad una certa Becchina, protagonista anche di uno dei sonetti che invia a Dante Alighieri quando ancora i rapporti tra i due possono considerarsi buoni. In realtà l'inasprimento avviene quando Cecco Angiolieri ravvisa con una certa ironia una incongruenza dell'amico poeta nel sonetto: "Oltre la spera". Cecco scrive ben tre sonetti rivolgendoli a Dante, che deve aver sicuramente risposto alla tenzone letteraria, ma i suoi componimenti non sono giunti fino a noi.
Tutti i sonetti di Angiolieri sono comunque ricchi di stralci della sua vita privata, e spesso punteggiati da un certo odio nei confronti dei suoi genitori. Tra i più celebri, c'è il sonetto "S'i' fosse foco".
A seguito della morte del padre, nel 1296, e del manifestarsi di una serie di tensioni politiche nell'ambiente senese, è costretto a lasciare la sua città. Per un periodo vive a Roma, pare in casa del cardinale senese Riccardo Petroni. Il dato è riportato dal filologo senese Celso Cittadini, la cui attendibilità però non sembra affatto inattaccabile.
L'ultima notizia certa riguardo Cecco Angiolieri risale al 1302, quando la sua firma compare in un documento ufficiale in cui si attesta la vendita di una vigna ad un tale Neri Perini per la somma di settecento lire. La vendita è avvenuta probabilmente per sopperire alle numerose difficoltà finanziarie che vessano il poeta, a causa anche della sua vita dissennata e della sua tendenza alla dilapidazione. Come lui stesso confessa nei suoi sonetti, vive per tre cose: le donne, la taverna e il dado.
L'ultima traccia che si ha della sua esistenza fa proprio riferimento al suo dissoluto stile di vita: si tratta infatti di un documento in cui i suoi figli rinunciano all'eredità lasciata dal loro genitore a causa dei troppi debiti che dovrebbero essere pagati per riscattarla. Il documento risale al 25 febbraio del 1313, e riporta le firme di tutta la numerosissima prole di Cecco, composta da ben sei figli: Meo, Deo, Angioliero, Arbolina, Sinione e Tessa, che per altro si è già emancipata.
Non si sa da chi abbia avuto questi figli, non è noto infatti nessun matrimonio ufficiale, né sembra bisogna prestar fede alle sue nozze con una certa Uguccia Casali, la quale è moglie sì di un Cecco Angiolieri, ma non si tratta del poeta senese.
Non si conosce la data precisa della morte del poeta che dovrebbe essere avvenuta nel 1313.
Cecco Angiolieri compare tra i personaggi di una novella del "Decamerone" (la quarta della IX giornata), di Giovanni Boccaccio.
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