Santa Giuseppina Bakhita
Biografia • Fede e schiavitù
Santa Giuseppina Bakhita nasce a Oglassa (Darfur, Sudan) nel 1869. È stata una religiosa canossiana sudanese naturalizzata italiana. Le Figlie della Carità, dette anche Canossiane, sono un istituto religioso femminile cattolico.
All'età di circa cinque anni viene rapita da mercanti arabi di schiavi. Per il trauma dimentica il proprio nome così come quello dei propri familiari: i suoi rapitori la chiamarono Bakhita, parola araba che significa "fortunata". Venduta più volte dai mercanti di schiavi sui mercati di El Obeid e di Khartoum, conosce le umiliazioni, le sofferenze fisiche e morali della schiavitù. Subisce inoltre un tatuaggio, imposto in modo cruento, mentre era al servizio di un generale turco: sul suo petto, sul ventre e sul braccio destro le vengono disegnati oltre cento segni, incisi poi con un rasoio e successivamente coperti di sale, al fine di creare cicatrici permanenti.
Nella capitale sudanese viene infine comprata da Callisto Legnani, console italiano residente in quella citt: il proposito di Legnani è quello di liberarla. L'italiano già in precedenza aveva comprato bambini schiavi per restituirli alle loro famiglie. Nel caso di Bakhita il ricongiungimento non si rendeva possibile, non solo per la grande distanza del villaggio di origine, soprattutto a causa del vuoto di memoria della bambina riguardo ai nomi dei propri luoghi e dei propri familiari. Bakhita si ferma a vivere nella casa del console per due anni, serenamente, lavorando con gli altri domestici senza che nessuno l'abbia più considerata una schiava.
In seguito alla Rivolta Mahadista, nel 1884 il diplomatico italiano deve fuggire dalla capitale: Bakhita lo implora di non abbandonarla. Insieme ad Augusto Michieli, amico del signor Legnani, raggiungono prima il porto di Suakin sul Mar Rosso, dove apprendono della caduta di Khartoum, poi dopo un mese si imbarcano alla volta di Genova. In Italia, Augusto Michieli e la moglie prendono Bakhita con loro, perchè diventi bambinaia della figlia Mimmina. Per tre anni Bakhita vive nella loro casa a Zianigo, località frazione di Mirano. I coniugi De Michieli si traferiscono poi in Africa, a Suakin, dove possedevano un albergo, lasciando in affidamento temporaneo la figlia Mimmina e Bakhita, presso l'Istituto dei Catecumeni in Venezia, gestito dalle Figlie della Carità (Canossiane). Bakhita viene ospitata gratuitamente come catecumena: comincia così a ricevere un'istruzione religiosa cattolica.
Quando la signora Michieli ritorna dall'Africa per riprendersi sia la figlia che Bakhita, l'africana con grande coraggio e decisione le manifesta la sua ferma intenzione di rimanere in Italia con le suore Canossiane. La signora Michieli, che non è d'accordo con questa decisione di Bakhita, cerca di far intervenire il Procuratore del Re, coivolgendo anche il cardinale patriarca di Venezia Domenico Agostini. Questi fanno presente alla signora Michieli come in Italia la sua richiesta è assimilabile all'attuazione delle leggi di schiavitù, non vigenti nel paese: il 29 novembre 1889 Bakhita viene pertanto dichiarata legalmente libera.
Bakhita rimane nel convento delle Canossiane e il 9 gennaio 1890 riceve i sacramenti dell'iniziazione cristiana con i nomi Giuseppina Margherita Fortunata. Il 7 dicembre 1893 entra nel noviziato dello stesso istituto e l'8 dicembre 1896 pronuncia i suoi primi voti religiosi.
Nel 1902 viene trasferita in un convento dell'ordine a Schio (Vicenza) dove trascorrerà il resto della vita.
Qui Bakhita lavora come cuciniera e sagrestana. Nel corso della Prima Guerra Mondiale, parte del convento viene adibito ad ospedale militare e le capita di lavorare come aiuto infermiera. A partire dal 1922 le viene assegnato l'incarico di portinaia, servizio che la metteva in contatto con la popolazione locale: gli abitanti del posto sono incuriositi da questa insolita suora di colore, che non parla bene l'itliano, almeno non quanto il dialetto locale (veneto). Grazie ai suoi modi gentili, la voce calma, il volto sempre sorridente, iniziano ad amarla, tanto che viene ribattezzata "Madre Moreta".
Bakhita ha un particolare carisma personale; i suoi superiori lo sanno e in più occasioni le chiedono di dettare le sue memorie. Il primo racconto viene dettato a suor Teresa Fabris nel 1910, che produce un manoscritto di 31 pagine in italiano. Nel 1929, su invito di Illuminato Chicchini, amministratore della famiglia dei coniugi Michieli, persona a cui Bakhita era particolarmente legata e riconoscente, si racconta ad un'altra consorella, suor Mariannina Turco; questo secondo manoscritto è andato perduto, probabilmente distrutto dalla stessa Bakhita.
Su richiesta della superiora generale dell'ordine delle Figlie della Carità, all'inizio del mese di novembre 1930 vienne intervistata a Venezia da Ida Zanolini, laica canossiana e maestra elementare. Questa nel 1931 pubblica il libro "Storia Meravigliosa", che sarà ristampato 4 volte nel giro di sei anni.
La fama di Bakhita si estende così per tutto il paese: sono molte le persone, le comitive e le scolaresche che si recano a Schio per incontrare Suor Bakhita.
Dal 1933, assieme s suor Leopolda Benetti, suora missionaria di ritorno dalla Cina, inizia a girare l'Italia per tenere conferenze di propaganda missionaria. Timida di natura e capace di parlare solo in dialetto veneto, Bakhita si limitava a dire poche parole alla fine degli incontri; era la sua presenza tuttavia ad attirare l'interesse e la curiosità di migliaia di persone.
L'11 dicembre 1936, Bakhita con un gruppo di missionarie in partenza per Addis Abeba, vengono ricevute da Benito Mussolini nel Palazzo Venezia a Roma.
Dal 1939 cominciano a comparire i primi seri problemi di salute, a causa dei quali non si allontanerà più da Schio.
Suor Giuseppina Bakhita muore il giorno 8 febbraio 1947 dopo una lunga e dolorosa malattia.
La salma della religiosa viene inizialmente sepolta nella tomba di una famiglia scledense, i Gasparella, in vista di una successiva traslazione nel Tempio della Sacra Famiglia del convento delle canossiane di Schio, attuata nel 1969.
Il processo di canonizzazione inizia nel 1959, a soli 12 anni dalla morte.
Il giorno 1 dicembre 1978 Papa Giovanni Paolo II firma il decreto dell'eroicità delle virtù della serva di Dio Giuseppina Bakhita. Durante lo stesso pontificato, Giuseppina Bakhita viene beatificata il 17 maggio 1992 e canonizzata il giorno 1 ottobre 2000. La festa liturgica si celebra il giorno 8 febbraio.
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