Giorgione
Biografia • Grandi opere senza firma
Giorgione, probabile pseudonimo di Giorgio o Zorzo o Zorzi da Castelfranco, nasce appunto a Castelfranco Veneto, quasi sicuramente nel 1478. Secondo Gabriele D'Annunzio, per la sua opera sfuggente, è stato più una leggenda che un'icona riconoscibile dell'arte italiana. Ricostruire la sua carriera artistica infatti, e tutti i suoi dipinti, è pressoché impossibile, considerato che non ha quasi mai firmato i suoi lavori. Tuttavia è considerato uno degli artisti più importanti del Rinascimento italiano, meritevole di aver indirizzato la pittura veneziana verso la modernità, innovandola soprattutto dal punto di vista del colore.
Della sua gioventù, soprattutto prima di giungere a Venezia, non si sa praticamente nulla. Nella Repubblica, pertanto, sarebbe stato uno degli allievi di Giovanni Bellini, come il suo collega più giovane Tiziano Vecellio poco più tardi, il quale a propria volta avrebbe ricevuto il compito di terminare alcune celebri opere di Giorgione stesso, una volta morto. È fuor di dubbio che l'appellativo, anzi l'accrescitivo del suo nome, è giunto solo dopo la sua dipartita, a segno della sua grandezza morale e, anche e soprattutto, fisica.
Giorgio Vasari, nelle sue "Vite", sostiene che ad influenzare il pittore di Castelfranco Veneto sarebbe stato anche Leonardo da Vinci, di passaggio a Venezia proprio durante gli anni in cui, sicuramente, Giorgione si sarebbe trasferito, ossia a cavallo tra la fine del '400 e l'inizio del '500. L'amore per il paesaggio gli deriverebbe proprio dall'aver osservato a lungo il genio fiorentino.
È ancora alle parole del Vasari che bisogna rifarsi se si vuole dare qualche cenno circa la famiglia del primo, vero grande pittore veneto. Lo storico dice che l'artista è "nato d'umilissima stirpe", ma un suo collega, qualche secolo dopo, nel '600, ossia Carlo Ridolfi, sostiene l'esatto contrario, attribuendo al pittore una discendenza tra le "più comode del contado, di Padre facoltoso".
Il modo che ha di vivere, ben presto, da pittore della Serenissima, è di quelli che non lesinano eccessi. Frequenta circoli nobiliari, allegre brigate, belle donne. I collezionisti lo adorano, alcune famiglie influenti veneziane, come i Contarini, Vendramin e Marcello, lo proteggono, acquistando le sue opere ed esponendole nei proprio salotti, chiedendo significati simbolici e talvolta volutamente nascosti. È un umanista convinto, Giorgio, amante della musica e, anche, della poesia.
Circa le sue opere è cosa certa che "Giuditta con la testa di Oloferne" è un dipinto firmato dall'artista di Castelfranco. Realizzato ad olio, esso segna l'arrivo di Giorgione nella città di Venezia e l'inizio della sua breve e intensa carriera di pittore a corte. La data del dipinto non è superiore al 1505 e l'oggetto, scelto dal pittore, si rivela anche come una sorpresa, considerata che l'eroina biblica, fino a quel momento, non è mai stata protagonista dell'ispirazione di artisti a lui precedenti.
Gli anni giovanili del pittore veneto sono caratterizzati da un'iconografia perlopiù sacra. Nel contesto di questa produzione, si segnalano le opere "La Sacra Famiglia Benson", la "Adorazione dei pastori", "Allendale", la "Adorazione dei Magi" e la "Madonna leggente".
Altrettanto sicura è la datazione, ferma al 1502, di un'altra opera certa di Giorgione, dal titolo "Pala di Castelfranco". A commissionarla è il cavaliere Tuzio Costanzo per la propria cappella di famiglia, situata nel Duomo di Santa Maria Assunta e Liberale, nella località di Castelfranco Veneto. Questa committenza sottolinea come il pittore veneto abbia eseguito solo pochissimi lavori di carattere pubblico, prediligendo invece i rapporti con illustri privati, facoltosi e in grado di consentirgli di vivere in maniera agiata, come detto.
Per le istituzioni Giorgio da Castelfranco realizza solo un paio di lavori, almeno stando alle fonti. Si tratta di un telero per la Sala delle udienze in Palazzo Ducale, poi andato perduto, e la decorazione a fresco della facciata del nuovo Fondaco dei Tedeschi, della cui opera, attualmente, resta a mala pena un'immagine rovinata.
A conferma delle sue frequentazioni altolocate, ci sarebbe quella con Caterina Cornaro, presso la corte asolana, regina detronizzata di Cipro. Le due opere attribuite al pittore che riguardano questo periodo e questo tipo di ambiente sono "Doppio ritratto", ispirato con tutta probabilità all'opera "Gli Asolani" di Pietro Bembo, e il dipinto "Ritratto di guerriero con scudiero". Questo è un periodo molto difficile da decifrare della vita di Giorgione. A conferma di ciò, la difficile attribuzione di alcune delle sue migliori opere, come "Paesetti", "Tramonto" e la celebre "Tempesta".
Sempre al 1505 risale l'opera "Tre filosofi", sintomatica per i propri significati criptici, tanto richiesti dai committenti dell'artista quanto affascinanti per lui stesso, come dimostra tutta la sua ultima parte di carriera, altrettanto astrusa e misteriosa. L'unica firma di Giorgione è quella che egli mette nel 1506 sul "Ritratto di giovane donna detta Laura".
Nel 1510, in piena epidemia di peste, Giorgione muore a Venezia, poco più che trentenne, probabilmente contagiato dal morbo. La conferma di questo dato, si evince dalla corrispondenza di questo periodo che riguarda Isabella d'Este, marchesa di Mantova, e Taddeo Albano. Questi, il 7 novembre dà la notizia della morte di "Zorzo", come lo chiama nella lettera, a causa proprio della peste. La data di morte si scoprirà poi in un documento: il 17 settembre 1510.
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