Laozi
Biografia • Taoismo, vie e virtù
Laozi nasce con ogni probabilità intorno al secolo VI a. C. , per quanto alcuni studiosi ne collochino la vita intorno al IV secolo a. C. Il luogo di nascita è la Cina, allora imperiale. La sua è una delle figure più discusse della tradizione culturale e religiosa cinese, di cui non è dato sapere né l'esistenza certa, né il periodo esatto in cui avrebbe realmente vissuto, come già anticipato. È fuor di dubbio che Laozi, chiamato anche in molti altri modi (come Lao Tzu, Lao Tse, Lao Tze, Lao Tzi e altro ancora) sia una delle personalità cardine della filosofia cinese e orientale in genere, cui viene attribuita l'intera stesura del "Tao Te Ching" (o anche noto come "Dao De Jing"), il testo sacro che contiene i precetti del taoismo, di cui viene considerato il fondatore.
Tanto per cercare di abbozzare con precisione un periodo storico, va tenuto presente che Laozi vive di sicuro non prima del 250 a. C. Secondo alcune biografie, il "vecchio maestro", stando al significato del suo nome, cresce nello stato cinese di Chu. Lao, pertanto, significa "venerabile" e "vecchio", in cinese, mentre Ze vuol dire "ragazzo" o, anche, "maestro", quando questo termine vuole indicare una sorta di titolo nobiliare.
Sulle origini del suo vero nome e cognome, ci sono altrettante supposizioni. In alcuni scritti cinesi compare come Li, il quale significa "prugno" o "susino", ma è possibile che l'appellativo gli derivi dal fatto di essere stato per sessantadue anni in meditazione sotto un albero di susino, come narrato da alcuni racconti orientali incentrati sulla sua vita.
Tradizionalmente il nome proprio di Laozi è ritenuto essere Li Er, mentre il suo nome di cortesia sarebbe Boyang.
Secondo la biografia raccontata nell'opera di Sima Qian, il primo storico importante che racconta nel dettaglio della vita di Laozi (intorno al 145-86 a. C.), il "maestro del Dan", come viene anche chiamato, vive nello stesso periodo di Confucio. Quest'ultimo, stando agli scritti, l'avrebbe conosciuto in occasione di uno dei suoi viaggi nel Luoyang, compiuti allo scopo di consultare la Biblioteca Imperiale della dinastia Zhou, luogo nel quale Laozi sarebbe impiegato in veste di storiografo ed archivista di Stato. Ad interessare Confucio sono le norme rituali, quelle pratiche antiche cerimoniali alla base della condotta morale propria dell'uomo d'animo nobile. Secondo un'altra versione della storia, Confucio sarebbe stato duramente ripreso dal maestro, il quale lo avrebbe accusato di arroganza, avidità e falsità, mettendolo in guardia sui suoi studi e sulle sue idee.
Stando alle fonti più diffuse però, Confucio molto avrebbe appreso dal "vecchio maestro", chiamato anche "grande maestro" o "vecchio bambino". Fino a lasciarsi influenzare nelle sue importanti riflessioni, che lo avrebbero condotto a gettare i prodromi del confucianesimo. È una leggenda diffusa, al limite del proverbio, quella che racconta che Confucio avrebbe appreso molto di più ascoltando Laozi, piuttosto che studiando i libri custoditi nella Biblioteca dell'Impero.
È molto probabile poi l'abbandono della professione di archivista da parte di Laozi per intraprendere una vita ascetica con maggiore impegno. Si racconta che Laozi si sarebbe messo in viaggio verso Occidente, in groppa al suo bufalo d'acqua, passando attraverso lo Stato di Qin. Giunto al posto di guardia di Hangu, il maestro sarebbe stato interpellato dall'ufficiale Yixi, il quale gli avrebbe chiesto di lasciare i suoi insegnamenti al mondo. Il suo lascito, pertanto, sono i cinquemila ideogrammi del Tao Te Ching, impressi su tavolette di bambù.
L'iconografia che racconta questo viaggio, raffigura il maestro quasi sempre in groppa al suo bufalo, dipingendolo come una persona anziana, calva, con il volto ricoperto da una barba bianca lunga e folta.
Altri racconti dicono che il vecchio Laozi sarebbe partito perché deluso dal declino della Dinastia Zhou, da lui sostenuta. Durante il viaggio avrebbe composto l'opera taoista, indicata anche con il termine "Dao de jing", il cui significato è il "Classico della Via e della Virtù". Il testo ha delle connotazioni storiche abbastanza certe, oltre che una costituzione formale ben precisa, corrispondente ad una serie di versi ritmati e rimati, concisi e semplici. L'argomento base, che darebbe ragione a chi racconta del rammarico di Laozi, è quello di porre fine alle lotte intestine che in quel periodo insanguinano la Cina. Gli anni in corso infatti, sono quelli passati alla storia con l'espressione di "anni degli Stati Combattenti". Ciò che propone "il vecchio bambino", di cui non si discute il senso, è il "wuweu", ossia il "non agire". Secondo il taoismo infatti, ai soprusi, alle ingiustizie e alle prepotenze si risponde sempre con il non agire passivo, in quanto il male, naturalmente, finisce sempre per ritorcersi contro chi lo commette. La vittoria arriva quando il male si auto annulla, bloccandosi.
Diviso in due sezioni, ciascuna riguardante i principi della Via e i principi della Virtù, il libro del Dao, cioè della Via, è articolato in 81 "stanze". Alcuni studi recenti ne attribuiscono la composizione ad una serie di sedimentazioni accumulate di secolo in secolo e appartenenti a più autori diversi. Ad animare l'opera, un fortissimo afflato mistico, volto ad indirizzare il neofita verso il conseguimento del Dao, vero e proprio principio assoluto che regola ogni cosa dell'universo.
Stando alle versioni raccolte, Laozi sarebbe morto al termine del suo viaggio verso Occidente.
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