Stefano Cucchi
Biografia
Stefano Cucchi nasce a Roma il 1° ottobre del 1978. È un geometra e lavora con il padre. La sua vita finisce il 22 ottobre 2009, a soli 31 anni mentre si trova sottoposto a custodia cautelare. Le cause della sua morte sono state, a distanza di dieci anni dai fatti, oggetto di procedimenti giudiziari.
Chi era Stefano Cucchi
Quella di Stefano è una storia alla ricerca della verità, che vede la famiglia Cucchi battersi da lunghi anni, a cui giornali e telegiornali italiani hanno dato ampio spazio per la gravità dei fatti.
Stefano Cucchi aveva 31 anni. Morì a sei giorni di distanza dal suo arresto per detenzione di stupefacenti. Fermato dai carabinieri, venne trovato in possesso di dodici confezioni di hashish - in totale 21 grammi - e tre bustine di cocaina, una pasticca di un medicinale per l'epilessia, patologia di cui soffriva.
Trasferito immediatamente alla stazione dei carabinieri, venne posto sotto custodia cautelare. Quindi il giorno successivo fu processato con rito direttissimo. Fu evidente il suo stato di salute grave: aveva difficoltà a camminare e a parlare. Aveva evidenti ematomi agli occhi. Stefano Cucchi scelse la strada del silenzio e non dichiarò al pm di essere stato picchiato dai carabinieri. Il giudice stabilì che il ragazzo rimanesse in custodia cautelare presso il carcere Regina Coeli, in attesa dell'udienza del mese successivo.
Nei giorni successivi le sue condizioni di salute peggiorarono. Da qui il trasferimento all'ospedale Fatebenefratelli: vennero refertate lesioni ed ecchimosi a gambe e viso, la frattura della mascella, un'emorragia alla vescica e al torace, e due fratture alle vertebre. Nonostante fu chiesto il ricovero, Stefano si rifiutò e tornò in carcere. Qui le sue condizioni continuarono a peggiorare. Venne trovato morto nel suo letto il 22 ottobre 2009 presso l'ospedale Sandro Pertini.
Il suo peso, al momento della morte era di 37 chilogrammi. I genitori e la sorella Ilaria, durante i giorni successivi al processo, tentarono invano di ricevere notizie su Stefano. Da qui i genitori vennero a conoscenza della morte del figlio solo all'atto di notifica dei carabinieri che chiesero l'autorizzazione per l'autopsia.
Le cause della morte
Tante sono le ipotesi avanzate all'inizio sulle cause della morte: abuso di droga, pregresse condizioni fisiche, il rifiuto del ricovero al Fatebenefratelli, l'anoressia. Per nove anni carabinieri e personale del carcere hanno negato di aver usato violenza nei confronti di Stefano Cucchi, sino al mese di ottobre 2018.
Vengono, nel frattempo, rese pubbliche dalla famiglia le foto del ragazzo, che mostrano il corpo di Stefano durante l'autopsia. Da esse si vedono chiaramente i traumi subiti, il volto tumefatto, i lividi, la mascella fratturata e il suo dimagrimento.
Stando alle indagini preliminari, le cause della morte sono da imputare all'assenza di assistenza medica per far fronte a una ipoglicemia e di traumi diffusi. Sono state riscontrate anche alterazioni al fegato, ostruzione alla vescica e compressione del torace.
Il film "Sulla mia pelle"
La storia di Stefano Cucchi è stata ripresa dal grande schermo e ne è nato un film dal titolo "Sulla mia pelle". Si tratta di un film di alto impegno civile, che ne racconta gli ultimi sette giorni di vita. La pellicola comincia tratteggiando i momenti dell'arresto sino alla morte e alle percosse subite. La regia è di Alessio Cremonini con gli attori Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora, Milvia Marigliano, Andrea Lattanzi.
Il film è stato girato nel 2018, e ha una durata di 100 minuti. È uscito al cinema mercoledì 12 settembre 2018, distribuito da Lucky Red. È uscito anche sulla piattaforma in streaming Netflix. All'anteprima del 29 agosto 2018 avvenuta al festival di Venezia, nella sezione Orizzonti, ha raccolto sette minuti di applausi.
La vicenda giudiziaria
Poche settimana dopo il film, l'11 ottobre 2018, crolla il muro del silenzio. Durante l'udienza del processo sulla morte di Stefano Cucchi avviene la svolta: il pm Giovanni Musarò rivela che il 20 giugno 2018, l'agente dei carabinieri Francesco Tedesco aveva presentato una denuncia in Procura sul pestaggio a sangue di Cucchi: nel corso dei tre interrogatori, il carabiniere ha accusato i suoi colleghi.
Il 24 ottobre 2018 vengono depositati gli atti dal pm Giovanni Musarò durante l'udienza del processo sulla morte del geometra romano. Nel corso dell'udienza spuntano anche delle intercettazioni: un carabiniere che, parlando di Stefano Cucchi, il giorno dopo l'arresto, si augurava che morisse.
Uno dei cinque carabinieri imputati, Vincenzo Nicolardi, parlava di Stefano il giorno dopo l'arresto: «Magari morisse, li mortacci sua».
Sono comunicazioni radiofoniche e telefoniche che sarebbero avvenute tra le 3 e le 7 del mattino del 16 ottobre del 2009. Conversazioni tra il capoturno della centrale operativa del comando provinciale e un carabiniere che è stato successivamente individuato dagli inquirenti come la voce di Nicolardi, poi processato per calunnia.
Nel corso della conversazione si fa riferimento alla salute di Stefano Cucchi, il quale fu arrestato la sera prima. Dalle carte depositate emerge che ci sarebbe stata una riunione il 30 ottobre del 2009 al comando provinciale di Roma, convocata dall'allora comandante, generale Vittorio Tomasone, con i carabinieri coinvolti a vario titolo nell'accaduto sulla morte del geometra romano. Risulterebbe dalle intercettazioni di Massimiliano Colombo, comandante della stazione dei Carabinieri di Tor Sapienza, intercettato mentre parla con suo fratello Fabio.
A tale riunione avrebbero partecipato «il comandate del Gruppo Roma, Alessandro Casarsa, il comandate della compagnia Montesacro, Luciano Soligo, il comandante di Casilina maggiore Unali, il maresciallo Mandolini e tre-quattro carabinieri della stazione Appia. Da una parte c'erano il generale Tomasone e il colonello Casarsa, mentre gli altri erano tutti dall'altra parte.
Ognuno a turno si alzava in piedi e parlava spiegando il ruolo che avevano avuto nella vicenda Cucchi. Ricordo che uno dei carabinieri di Appia, che aveva partecipato all'arresto, aveva un eloquio poco fluido, non era molto chiaro.
Un paio di volte intervenne il maresciallo Mandolini per integrare cosa stava dicendo e per spiegare meglio, come se fosse un interprete. Ad un certo punto Tomasone zittì Mandolini dicendogli che il carabiniere doveva esprimersi con le sue parole perché se non fosse stato in grado di spiegarsi con un superiore certamente non si sarebbe spiegato con un magistrato».
La lettera inviata dal generale Giovanni Nistri
Nel 2019 l'Arma dei carabinieri si dichiara pronta a costituirsi parte civile nel processo-bis sulla morte di Stefano Cucchi. L'ha reso noto proprio la sorella, Ilaria Cucchi, dopo aver ricevuto una lettera - datata 11 marzo 2019 - e firmata dal generale Giovanni Nistri, comandante dell'Arma dei carabinieri.
Nella lettera si legge:
Crediamo nella giustizia e riteniamo doveroso che ogni singola responsabilità nella tragica fine di una giovane vita sia chiarita, e lo sia nella sede opportuna, un'aula giudiziaria.
Il 14 novembre 2019 arriva la sentenza in appello: fu omicidio. I Carabinieri Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo vengono giudicati colpevoli di omicidio preterintenzionale: la pena per loro è di dodici anni. Tre anni di pena invece per il maresciallo Roberto Mandolini che coprì il pestaggio; due anni e sei mesi a Francesco Tedesco che denunciò i colleghi in aula.
Frasi di Stefano Cucchi
Foto e immagini di Stefano Cucchi
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